LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso inammissibile: limiti del concordato appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato contro una sentenza di Appello emessa a seguito di ‘concordato’. L’imputato, dopo aver rinunciato a tutti i motivi di appello tranne quello sulla pena, ha contestato l’eccessività della sanzione. La Suprema Corte ha chiarito che il ricorso avverso tali sentenze è possibile solo per vizi nella formazione dell’accordo o per illegalità della pena, non per una sua presunta eccessività, rendendo di fatto il ricorso inammissibile.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione sui limiti del concordato in appello

L’istituto del “concordato in appello”, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, ma quali sono le conseguenze di tale accordo sulla possibilità di impugnare la successiva sentenza? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini del ricorso, stabilendo quando questo diventa ricorso inammissibile.

Il caso in esame: dal concordato in appello al ricorso inammissibile

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Venezia. In secondo grado, la difesa aveva raggiunto un accordo con il Procuratore Generale ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. Tale accordo prevedeva la rinuncia a tutti i motivi di appello, ad eccezione di quelli relativi alla quantificazione della pena.

Nonostante l’accordo, l’imputato ha successivamente proposto ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione riguardo all’eccessività del trattamento sanzionatorio. La questione fondamentale posta alla Suprema Corte era, quindi, se fosse possibile contestare la misura della pena concordata, ritenendola semplicemente “eccessiva”.

I limiti all’impugnazione dopo il concordato in appello

La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha ribadito un principio consolidato in giurisprudenza. La rinuncia ai motivi di appello, funzionale all’accordo sulla pena, limita drasticamente la cognizione del giudice di secondo grado. Questa limitazione produce effetti preclusivi che si estendono all’intero procedimento, incluso l’eventuale giudizio di legittimità.

In sostanza, una volta che le parti si accordano, la possibilità di impugnare la sentenza che ne deriva è circoscritta a vizi specifici e gravi. La giurisprudenza citata dalla Corte (Cass. n. 944/2019) elenca tassativamente i motivi ammissibili:

1. Vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Vizi concernenti il consenso del pubblico ministero.
3. Un contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo raggiunto.
4. Vizi attinenti alla pena che si traducano in una vera e propria illegalità della sanzione (ad esempio, una pena al di fuori dei limiti edittali o di una specie diversa da quella prevista dalla legge).

La differenza tra pena “eccessiva” e pena “illegale”

Il punto cruciale della decisione risiede nella distinzione tra pena “eccessiva” e pena “illegale”. Lamentare che una sanzione sia sproporzionata o troppo severa rientra nel merito della valutazione del giudice, un ambito al quale l’imputato ha rinunciato con il concordato. Al contrario, una pena è “illegale” quando viola direttamente una norma di legge, ad esempio superando il massimo previsto per quel reato. Solo in quest’ultimo caso il ricorso sarebbe stato ammissibile.

Le motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha spiegato che consentire un ricorso per motivi ai quali si è rinunciato svuoterebbe di significato l’istituto del concordato in appello. L’accordo processuale limita l’oggetto del giudizio ai soli punti non coperti dalla rinuncia. Di conseguenza, sono inammissibili non solo le doglianze relative ai motivi rinunciati, ma anche quelle su questioni (come la valutazione delle condizioni per il proscioglimento ex art. 129 c.p.p.) che il giudice non poteva più esaminare a causa dell’accordo stesso.

Il ricorso dell’imputato, incentrato sulla mera “eccessività” della pena e non sulla sua “illegalità”, è stato quindi giudicato proposto al di fuori dei casi consentiti dalla legge, determinandone l’inevitabile inammissibilità. Come conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni

La decisione in commento rafforza la natura pattizia e preclusiva del concordato in appello. Le parti che scelgono questa via devono essere consapevoli che la rinuncia ai motivi di impugnazione è un atto definitivo che limita fortemente le successive possibilità di ricorso. L’impugnazione in Cassazione resta un rimedio eccezionale, esperibile solo per vizi genetici dell’accordo o per macroscopiche illegalità della pena, ma non per rimettere in discussione valutazioni di merito, come l’adeguatezza della sanzione, che sono state oggetto dell’accordo stesso.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa dopo un ‘concordato in appello’?
Sì, ma solo per motivi specifici, quali vizi relativi alla formazione dell’accordo, al consenso del PM, a una decisione del giudice non conforme all’accordo, o se la pena inflitta è illegale (ad esempio, fuori dai limiti previsti dalla legge).

Contestare che la pena sia ‘eccessiva’ è un motivo valido per il ricorso in Cassazione dopo un concordato?
No, secondo l’ordinanza, questo tipo di doglianza rende il ricorso inammissibile. La semplice eccessività della pena non costituisce motivo di impugnazione, a meno che non si traduca in una vera e propria illegalità della sanzione.

Quali sono le conseguenze della rinuncia ai motivi di appello nel concordato?
La rinuncia ha effetti preclusivi, significa che impedisce di sollevare nuovamente le questioni oggetto della rinuncia in qualsiasi fase successiva del procedimento, compreso il giudizio in Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati