Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Non Può Riesaminare la Pena
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: i limiti del giudizio di legittimità. La vicenda ha origine da un appello avverso una sentenza della Corte d’Appello, ma si è conclusa con una dichiarazione di ricorso inammissibile, offrendo un’importante lezione su quali motivi possono essere validamente presentati dinanzi alla Suprema Corte.
I Fatti del Processo
Un imputato, condannato dalla Corte d’Appello di Bari, ha presentato ricorso per Cassazione. Le sue doglianze si concentravano esclusivamente sulla determinazione del trattamento sanzionatorio. In particolare, il ricorrente contestava la motivazione relativa alla pena inflitta e, soprattutto, il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. Si trattava, in sostanza, di una critica alla valutazione di merito compiuta dai giudici dei gradi precedenti, ritenuta dall’imputato non adeguata.
La Decisione della Corte e il Concetto di Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. La decisione si fonda su un pilastro del sistema giudiziario: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si riesaminano i fatti. Il suo compito è quello di “giudice della legge”, ovvero verificare la corretta applicazione delle norme giuridiche e la coerenza logica della motivazione delle sentenze impugnate.
I motivi presentati dal ricorrente, essendo tutti relativi alla determinazione della pena e alla valutazione delle circostanze, rientrano nell’ambito del “giudizio di merito”, di esclusiva competenza del Tribunale e della Corte d’Appello. Tentare di portare tali questioni in Cassazione equivale a chiedere un riesame dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. Per questo motivo, il ricorso inammissibile è stata la conseguenza inevitabile.
Le Motivazioni della Sentenza Impugnata
La Suprema Corte ha sottolineato come la sentenza della Corte d’Appello fosse, al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente, sorretta da una motivazione “sufficiente e non illogica”. I giudici di legittimità hanno osservato che:
1. Pena Base: La pena base, così come ridotta in appello, era stata determinata con chiarezza.
2. Aumenti e Riduzioni: Erano stati applicati correttamente sia l’aumento per la recidiva reiterata sia la diminuzione legata alla scelta del rito abbreviato.
3. Diniego delle Attenuanti Generiche: La decisione di non concedere le attenuanti generiche era stata ampiamente giustificata dal riferimento “assorbente” ai numerosi e rilevanti precedenti penali del ricorrente. Questa valutazione, essendo basata su elementi concreti e attinente al merito, è stata considerata insindacabile in sede di legittimità.
In breve, la motivazione della Corte d’Appello, pur sintetica, era completa e logicamente coerente, rendendo infondate le censure del ricorrente.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame conferma che non è possibile utilizzare il ricorso per Cassazione come un’ulteriore istanza per discutere l’entità della pena, a meno che la motivazione della sentenza impugnata non sia palesemente illogica, contraddittoria o del tutto assente. Nel caso di specie, la coerenza del ragionamento dei giudici di merito ha chiuso la porta a qualsiasi riesame.
Come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questo esito serve da monito: il ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi di legge e non su un mero dissenso rispetto alle valutazioni di fatto operate dai giudici precedenti.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Perché i motivi del ricorso riguardavano la determinazione della pena e il diniego delle attenuanti generiche, questioni di merito che non possono essere riesaminate in sede di legittimità, dove la Corte controlla solo la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.
La motivazione della Corte d’Appello è stata considerata carente?
No, la Corte di Cassazione ha ritenuto la motivazione della sentenza impugnata “sufficiente e non illogica”, in quanto giustificava adeguatamente la pena base, l’aumento per la recidiva e il diniego delle attenuanti generiche in base ai precedenti penali del ricorrente.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9698 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9698 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a OSTUNI il 23/11/1971
avverso la sentenza del 21/03/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
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letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe; esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché i motivi prospettati non sono consentiti legge in sede di legittimità in quanto tutti afferenti alla determinazione del trattamento p e in particolare alla motivazione della pena irrogata e del diniego delle generiche quando contro, la sentenza impugnata appare sorretta da sufficiente e non illogica motivazione giacc la pena base irrogata all’esito della riduzione disposta in appello emerge con immediatezz senza incertezze argomentative anche con riguardo alle relative ragioni giustificat considerando la misura predeterminata sia dell’aumento praticato per la recidiva reiterata della riduzione inerente al rito mentre le generiche risultano escluse grazie all’assor riferimento operato ai rilevanti precedenti del ricorrente, tale da rendere la relativa valu di merito non sindacabile in questa sede;
rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 25 novembre 2024.