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Ricorso inammissibile: limiti alla Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato un ricorso inammissibile, ribadendo i propri limiti di giudizio. I motivi, incentrati su una presunta erronea valutazione delle prove e sull’illogicità della pena, sono stati rigettati perché miravano a un riesame del merito, precluso alla Suprema Corte. Quest’ultima può solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non agire come un terzo grado di giudizio. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Perché la Cassazione Non è un Terzo Grado di Giudizio

Quando una sentenza penale viene impugnata, l’ultima speranza è spesso riposta nella Corte di Cassazione. Tuttavia, non tutti i ricorsi vengono esaminati nel merito. Un’ordinanza recente ci offre l’occasione per chiarire il concetto di ricorso inammissibile e i precisi confini del giudizio di legittimità. Comprendere questi limiti è fondamentale per evitare di intraprendere un percorso giudiziario destinato al fallimento e a ulteriori costi.

Il Caso in Esame: Un Ricorso Contro la Sentenza d’Appello

Il caso analizzato trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’imputato lamentava principalmente due vizi della decisione impugnata:

1. Una presunta erronea applicazione della legge penale in materia di valutazione della prova (con riferimento all’art. 192 del codice di procedura penale).
2. Una manifesta illogicità della motivazione riguardante la quantificazione della pena inflitta (in relazione all’art. 133 del codice penale).

In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove e di riconsiderare l’entità della pena, ritenuta sproporzionata.

I Limiti al Giudizio e il Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha respinto entrambe le doglianze, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento: la Corte di Cassazione non è un “terzo giudice” del fatto. Il suo compito è il cosiddetto “sindacato di legittimità”, ovvero verificare che i giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio.

La Rivalutazione delle Prove

Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha specificato che chiedere una “alternativa rilettura delle fonti probatorie” esula completamente dalle sue competenze. Non può riconsiderare testimonianze, documenti o perizie per giungere a una conclusione diversa da quella dei giudici di merito. Tale attività è consentita solo se il ricorrente dimostra un “travisamento della prova”, cioè quando il giudice ha basato la sua decisione su un’informazione inesistente o ha ignorato una prova decisiva. In questo caso, i giudici di merito avevano, invece, correttamente e adeguatamente valorizzato le emergenze processuali.

La Quantificazione della Pena

Anche il secondo motivo, relativo alla determinazione della pena, è stato giudicato inammissibile. La scelta della sanzione da applicare rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. La Cassazione può intervenire solo se la motivazione a sostegno di tale scelta è palesemente illogica o assente. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la decisione impugnata fosse sorretta da una “sufficiente e non illogica motivazione” e avesse tenuto conto delle argomentazioni difensive.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte di Cassazione è netta: il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti non rientravano nei limiti del sindacato di legittimità. Il tentativo del ricorrente di ottenere una nuova valutazione dei fatti e della congruità della pena si è scontrato con la natura stessa del giudizio di Cassazione. Quest’ultima non ha il potere di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito, ma solo di cassare le sentenze viziate da errori di diritto o da palesi illogicità motivazionali. La Corte ha quindi ribadito che le censure che si risolvono in una mera critica alla valutazione operata nei gradi precedenti, senza individuare vizi specifici di legittimità, non possono trovare accoglimento.

Le Conclusioni

La dichiarazione di inammissibilità ha comportato conseguenze significative per il ricorrente. Non solo il ricorso è stato respinto, ma l’imputato è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: adire la Corte di Cassazione con motivi non consentiti dalla legge non solo è inutile ai fini della revisione della sentenza, ma comporta anche un aggravio di costi. È essenziale, quindi, che un ricorso per cassazione sia fondato su vizi di legittimità effettivi e non su un generico dissenso rispetto alla decisione dei giudici di merito.

Per quali motivi un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se, come nel caso di specie, mira a ottenere una nuova valutazione delle prove o contesta la quantificazione della pena senza dimostrare una manifesta illogicità nella motivazione del giudice precedente. La Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo la corretta applicazione della legge.

Cosa significa che la Corte di Cassazione esercita un “sindacato di legittimità”?
Significa che il suo compito non è decidere nuovamente il caso nel merito (riesaminando fatti e prove), ma controllare che i giudici dei gradi inferiori abbiano applicato correttamente le norme giuridiche e abbiano fornito una motivazione logica e coerente per la loro decisione.

Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
La persona che presenta un ricorso dichiarato inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione non consentita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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