Ricorso inammissibile: la Cassazione traccia i confini del giudizio
Con l’ordinanza n. 19037/2024, la Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti sui limiti del proprio giudizio. Questa decisione ribadisce principi fondamentali della procedura penale, in particolare riguardo alla rinnovazione dell’istruttoria in appello e all’impossibilità per la Suprema Corte di rivalutare i fatti. Analizziamo nel dettaglio una pronuncia che serve da monito sulla corretta formulazione dei motivi di impugnazione.
I Fatti del Processo
Due imputati si rivolgevano alla Corte di Cassazione impugnando una sentenza della Corte d’Appello di Napoli.
Il primo ricorrente basava il suo ricorso su due motivi principali:
1. La mancata rinnovazione dell’istruttoria in appello, richiesta per riesaminare un testimone e contestare l’attendibilità della persona offesa.
2. Un’errata valutazione delle prove che avevano portato all’affermazione della sua responsabilità penale, con specifico riferimento al dolo e alla gravità del danno patrimoniale.
Il secondo ricorrente, che in appello aveva concordato la pena, lamentava unicamente la mancata valutazione da parte del giudice delle condizioni per un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto entrambe le impugnazioni, dichiarando ogni ricorso inammissibile. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro ciascuno in favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su principi consolidati che definiscono in modo netto i poteri dei giudici di legittimità e d’appello.
Le Motivazioni: Analisi di un ricorso inammissibile
Le argomentazioni della Corte forniscono una lezione chiara sulla tecnica processuale e sui limiti invalicabili dei diversi gradi di giudizio.
La rinnovazione dell’istruttoria: un istituto eccezionale
La Corte ha definito il primo motivo del primo ricorrente come manifestamente infondato. Viene ribadito che la rinnovazione dell’istruttoria nel giudizio d’appello è un istituto di carattere eccezionale. Il sistema processuale si basa sulla presunzione di completezza delle prove raccolte in primo grado. Pertanto, il giudice d’appello può disporre una nuova assunzione di prove solo se, nella sua piena discrezionalità, ritiene di non poter decidere sulla base degli atti esistenti. Non è un diritto dell’imputato, ma una facoltà del giudice da esercitare solo quando assolutamente necessario.
I limiti invalicabili della valutazione dei fatti in Cassazione
Il secondo motivo è stato giudicato inammissibile perché tentava di ottenere dalla Cassazione una diversa valutazione delle fonti di prova. La Corte ha ricordato che il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio nel merito. Non può sovrapporre la propria valutazione a quella dei giudici precedenti, né può confrontare la motivazione della sentenza impugnata con altri possibili modelli di ragionamento. Il suo compito è limitato al controllo della logicità della motivazione e della corretta applicazione della legge, non a una nuova analisi dei fatti.
L’effetto devolutivo e la rinuncia ai motivi d’appello
Anche il ricorso del secondo imputato è stato dichiarato inammissibile. Avendo egli rinunciato ai motivi d’appello per concordare la pena, la cognizione del giudice di secondo grado era limitata ai punti non oggetto di rinuncia. Questo principio, noto come effetto devolutivo dell’impugnazione, impedisce al giudice di esaminare questioni che l’imputato stesso ha scelto di non contestare. Di conseguenza, la richiesta di una valutazione per un proscioglimento ex art. 129 c.p.p. non era ammissibile, poiché implicava una valutazione su punti coperti dalla rinuncia.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame è un’importante conferma di alcuni capisaldi del nostro sistema processuale. Per gli avvocati, sottolinea la necessità di formulare i motivi di ricorso con estrema precisione, evitando di chiedere alla Cassazione un’inammissibile rivalutazione del merito. Per i cittadini, chiarisce che il processo ha una struttura rigida: i fatti vengono accertati nei primi due gradi di giudizio, mentre la Cassazione svolge una funzione di controllo sulla legge. Infine, evidenzia come le scelte processuali, come un patteggiamento in appello, abbiano conseguenze definitive e limitino le successive possibilità di impugnazione.
Quando si può chiedere la rinnovazione delle prove in appello?
La rinnovazione dell’istruttoria in appello non è un diritto, ma un istituto eccezionale. Può essere disposta solo quando il giudice, nella sua discrezionalità, la ritenga assolutamente indispensabile per poter decidere, partendo dal presupposto che le prove raccolte in primo grado siano complete.
La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti o sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella dei giudici dei gradi precedenti. Il suo è un giudizio di legittimità, limitato al controllo della corretta applicazione della legge e della tenuta logica della motivazione della sentenza impugnata.
Cosa comporta la rinuncia ai motivi di appello?
La rinuncia ad alcuni o a tutti i motivi di appello limita il potere decisionale del giudice (effetto devolutivo). Il giudice potrà pronunciarsi solo sui punti che non sono stati oggetto di rinuncia. Di conseguenza, una volta rinunciato a un motivo, non è possibile sollevare in Cassazione questioni che presuppongono l’esame di quel punto, come la valutazione per un proscioglimento ex art. 129 c.p.p.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19037 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19037 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/03/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME NOME POZZUOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/05/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi diNOMECOGNOME NOME e di COGNOME NOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso di COGNOME è manifestamente infondato, poiché la rinnovazione dell’istruttoria nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell’istruttoria espletata in primo grado, è un istituto di caratter eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti (Sez. U, n 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266820) e, nel caso di specie, non incide sulla invocata escussione dell’operante (dopo avere concordato l’acquisizione dell’annotazione a sua firma) l’asserita inattendibilità della persona offesa;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso di COGNOME, in ordine alla prova posta a fondamento dell’affermazione di responsabilità dell’imputato, prospettando una diversa valutazione delle fonti probatorie (in particolare per quanto attiene al dolo e alla gravità del danno patrimoniale), a fronte di congrua motivazione sulle medesime doglianze (cfr. pp. 3-5), non è consentito dalla legge e meramente reiterativo, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno, (tra le altre, Sez. U n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260);
considerato che l’unico motivo di ricorso di COGNOME (che aveva concordato la pena in appello), sulla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. non è consentito (Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018, Gueli, Rv. 272969), poiché, in conseguenza dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia (Sez. 5, n. 46850 del 11/11/2022, COGNOME, Rv. 283878);
rilevato, pertanto, che entrambi i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, in data 19 marzo 2024