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Ricorso inammissibile: limiti al patteggiamento

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile poiché proposto per motivi non previsti dalla legge. L’imputato, dopo aver concordato la pena in Appello (patteggiamento), ha presentato ricorso lamentando la mancata assoluzione. La Corte ha ribadito che i motivi di impugnazione contro tali sentenze sono tassativi e non includono la valutazione di un proscioglimento.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello in Cassazione è Precluso

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti dell’impugnazione avverso le sentenze di patteggiamento emesse in grado di appello. La decisione sottolinea la natura eccezionale di questo tipo di ricorso, dichiarando il ricorso inammissibile quando basato su motivi non espressamente consentiti dalla legge, come la mancata valutazione di un’ipotesi di proscioglimento.

I Fatti del Caso

Un imputato, dopo aver concordato la pena con la Procura Generale presso la Corte di Appello, ha ricevuto una sentenza che applicava una pena di 3 anni e 8 mesi di reclusione, oltre a 1.000 euro di multa. Nonostante l’accordo raggiunto tra le parti, la difesa ha deciso di presentare ricorso per cassazione. L’unico motivo di impugnazione era la presunta violazione dell’articolo 129 del codice di procedura penale, sostenendo che il giudice d’appello avrebbe dovuto pronunciare una sentenza di proscioglimento invece di applicare la pena concordata, in quanto ne sussistevano i presupposti.

La Valutazione del ricorso inammissibile da parte della Cassazione

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso con un rito semplificato, detto de plano, riservato alle questioni di palese inammissibilità o infondatezza. La decisione è stata netta: il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Questa pronuncia conferma un orientamento consolidato, secondo cui le sentenze di patteggiamento, anche quelle emesse in grado di appello, possono essere impugnate solo per un novero ristretto e specifico di motivi.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha chiarito che la legge elenca tassativamente i motivi per cui è possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti. Tra questi non rientra la doglianza relativa alla mancata pronuncia di una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. La scelta di accedere al patteggiamento implica una rinuncia a far valere determinate difese nel merito. Proporre un ricorso per motivi diversi da quelli consentiti rende l’atto, per definizione, inammissibile.

La Corte ha quindi condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle Ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di ricorsi temerari o inammissibili che intasano inutilmente il sistema giudiziario.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La decisione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: la scelta del rito processuale ha conseguenze non trascurabili sul sistema delle impugnazioni. Chi opta per il patteggiamento deve essere consapevole che le possibilità di contestare la sentenza in Cassazione sono estremamente limitate. Un ricorso inammissibile non solo non produce alcun risultato utile per il ricorrente, ma comporta anche conseguenze economiche negative, come la condanna al pagamento di una sanzione. Questo provvedimento serve da monito sull’importanza di una valutazione strategica attenta prima di adire la Suprema Corte, specialmente a seguito di un accordo sulla pena.

È sempre possibile impugnare in Cassazione una sentenza di patteggiamento emessa in Appello?
No, il ricorso in Cassazione contro una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento) è possibile solo per motivi espressamente e tassativamente previsti dalla legge.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato proposto per un motivo non consentito dalla legge, ovvero la lamentata mancata pronuncia di una sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., che non rientra tra le ragioni per cui si può impugnare una sentenza di patteggiamento.

Cosa comporta per il ricorrente la dichiarazione di inammissibilità?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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