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Ricorso inammissibile: l’errore sull’atto impugnato

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile a causa di un errore procedurale cruciale: l’appellante ha contestato le motivazioni di un’ordinanza precedente e non quelle del provvedimento effettivamente impugnato. Il caso riguardava la revoca di una misura alternativa alla detenzione a seguito di un nuovo cumulo di pene. La Corte ha sanzionato l’errore con la condanna alle spese processuali e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: L’Errore Fatale di Impugnare l’Atto Sbagliato

Nel labirinto delle procedure legali, la precisione è tutto. Un errore, anche se apparentemente piccolo, può avere conseguenze definitive, come dimostra una recente sentenza della Corte di Cassazione. Il caso in esame evidenzia come l’errata individuazione del provvedimento da impugnare conduca inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile, precludendo ogni possibilità di esame nel merito delle questioni sollevate. Questo principio, fondamentale nella procedura penale, serve a garantire certezza e ordine nel processo giudiziario.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale ha origine dalla richiesta di un condannato di ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale come misura alternativa alla detenzione. Il Tribunale di Sorveglianza di Torino, con una prima ordinanza del 7 maggio 2024, rigettava tale istanza ma concedeva al soggetto la misura della detenzione domiciliare per scontare una pena residua di poco superiore a un anno e mezzo.

Successivamente, la situazione cambiava radicalmente. Il 6 agosto 2024, lo stesso Tribunale emetteva una nuova ordinanza con cui dichiarava cessata l’efficacia della precedente misura. Le ragioni erano duplici: da un lato, il condannato non aveva mai sottoscritto le prescrizioni legate alla detenzione domiciliare; dall’altro, era intervenuto un nuovo provvedimento di cumulo pene da parte della Procura Generale, che rideterminava la pena residua in oltre due anni, superando così i limiti di legge per l’ammissione alla misura.

L’Errore Procedurale e il Ricorso Inammissibile

È a questo punto che si manifesta l’errore fatale. Il difensore del condannato propone ricorso per cassazione indicando formalmente come atto impugnato l’ordinanza del 6 agosto 2024, quella che dichiarava l’inefficacia della misura. Tuttavia, il contenuto del ricorso, ovvero i motivi di doglianza, non criticavano quest’ultima decisione, bensì sviluppavano censure contro la prima ordinanza, quella del 7 maggio 2024. Nello specifico, si contestava la mancata concessione dell’affidamento in prova per assenza di un’attività lavorativa, senza considerare la documentazione medica che ne attestava l’impossibilità temporanea.

Questo scollamento tra l’atto formalmente impugnato e l’atto concretamente criticato ha reso il ricorso inammissibile. La Corte di Cassazione ha rilevato come nessuna specifica argomentazione fosse stata mossa contro la decisione del 6 agosto, l’unica che poteva essere oggetto del gravame.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, con la sentenza in esame, ha applicato un principio consolidato del diritto processuale. I giudici hanno sottolineato la ‘totale irrilevanza’ e l’ ‘evidente tardività’ delle censure proposte. Essendo dirette contro un provvedimento (quello di maggio) ormai definitivo e non più impugnabile, le argomentazioni erano del tutto fuori luogo nel contesto del ricorso avverso l’ordinanza di agosto.

La Corte ha spiegato che, poiché non era stata formulata alcuna critica specifica contro le ragioni che avevano portato il Tribunale di Sorveglianza a dichiarare inefficace la detenzione domiciliare (ovvero il superamento del limite di pena e la mancata sottoscrizione delle prescrizioni), il ricorso era privo del suo oggetto essenziale. Di conseguenza, non poteva che essere dichiarato inammissibile.

Conclusioni: L’Importanza del Corretto Atto Impugnato

La decisione ribadisce una lezione fondamentale per ogni operatore del diritto: l’impugnazione deve essere mirata e coerente. È necessario identificare con precisione il provvedimento che si intende contestare e sviluppare i motivi di ricorso in stretta aderenza alle sue motivazioni. Qualsiasi divergenza tra l’atto indicato e quello criticato crea un vizio insanabile che porta all’inammissibilità del gravame.

Le conseguenze per il ricorrente non sono state solo procedurali, ma anche economiche. Oltre a vedersi respingere il ricorso, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver promosso un’impugnazione priva di fondamento procedurale.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, pur indicando formalmente come atto impugnato l’ordinanza del 6 agosto 2024, i motivi di contestazione erano rivolti contro una precedente ordinanza del 7 maggio 2024, creando una discrasia insanabile tra l’oggetto dell’impugnazione e le censure sviluppate.

Qual era il contenuto dell’ordinanza effettivamente impugnata?
L’ordinanza del 6 agosto 2024 dichiarava l’inefficacia della misura della detenzione domiciliare precedentemente concessa, a causa di un nuovo cumulo di pene che superava i limiti di legge e della mancata sottoscrizione delle prescrizioni da parte del condannato.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della declaratoria di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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