Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7353 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7353 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 02/11/1987
avverso l’ordinanza del 06/08/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 7 maggio 2024, il Tribunale di sorveglianza di Torino rigettava l’istanza proposta da NOME COGNOME per ottenere la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, ammettendo l’istante alla misura della detenzione domiciliare con riferimento alla pena di un anno, sette mesi e venti giorni di reclusione indicata nel provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Vercelli il 25 agosto 2023.
Con successivo provvedimento del 6 agosto 2024, il medesimo Tribunale dichiarava cessata l’efficacia della precedente ordinanza, osservando, da un lato, che il condannato non aveva sottoscritto le prescrizioni connesse al regime di detenzione domiciliare e, dall’altro, che nelle more era sopraggiunto nuovo provvedimento di “cumulo”, emesso il 19 giugno 2024 dalla Procura generale presso la Corte di appello di Milano, che aveva rideterminato la pena residua da espiare nella misura di due anni, due mesi e quindici giorni di reclusione, che superava il limite di legge per l’ammissione alla misura de qua.
Ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza da ultimo citata l’interessato, per il tramite del difensore, deducendo, in due motivi, violazione di legge e vizio di motivazione per non avere il giudice di merito esaminato la possibilità di accedere all’affidamento in prova al servizio sociale in luogo della detenzione domiciliare, nonché carenza di motivazione per omessa valutazione della documentazione medica prodotta.
Quanto al primo motivo, si contesta come errata in diritto la motivazione addotta dal Tribunale di sorveglianza nel rigettare l’istanza di affidamento in prova proposta dal condannato, in quanto basata esclusivamente sull’assenza di un’attività lavorativa lecita.
Quanto al secondo, si critica il giudice a quo per non aver valutato documentazione medica attestante la temporanea impossibilità, per l’interessato, di svolgere qualsivoglia attività lavorativa per motivi di salute.
Il Procuratore generale di questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va dichiarato inammissibile per le ragioni che seguono.
È agevole rilevare che, sebbene, nel frontespizio del ricorso, si individui quale ordinanza impugnata quella emessa in data 6 agosto 2024, con la quale il
Tribunale di sorveglianza di Torino ha, effettivamente, dichiarato l’inefficacia del provvedimento in data 7 maggio 2024, con il quale lo stesso Tribunale aveva concesso al condannato la misura della detenzione domiciliare, nel corpo dell’impugnazione si sviluppano censure avverso quest’ultimo provvedimento e non nei confronti di quello espressamente indicato come atto impugnato.
Preso atto di ciò, si delinea come inevitabile la conseguenza della totale irrilevanza – anche per l’evidente tardività – delle censure svolte in ordine alla motivazione dell’ordinanza reiettiva dell’istanza di affidamento e applicativa della detenzione domiciliare.
D’altro canto, avverso il provvedimento esplicitamente impugnato, emesso, si ripete, dal Tribunale di sorveglianza di Torino il 6 agosto 2024, nessuna specifica deduzione viene articolata.
Da tanto discende la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non esulando profili di colpa (Corte Cost. n. 186 del 2000), al versamento di una somma ulteriore in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente