Ricorso inammissibile per tardività: quando il tempo è tutto
Nel mondo del diritto, il tempo non è un’opinione, ma un requisito fondamentale. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione lo dimostra chiaramente, dichiarando un ricorso inammissibile perché presentato fuori tempo massimo. Questa decisione, relativa a un caso di estradizione, evidenzia come il mancato rispetto delle scadenze processuali possa avere conseguenze definitive, precludendo ogni possibilità di discutere le ragioni di merito. Analizziamo insieme i dettagli di questa vicenda e le lezioni che se ne possono trarre.
I fatti del caso
La vicenda ha origine dalla richiesta di estradizione avanzata dalla Repubblica federativa del Brasile nei confronti di un cittadino straniero per reati molto gravi, tra cui tratta di persone, sequestro di persona a scopo di estorsione e sfruttamento della prostituzione. La Corte di Appello di Roma aveva dato il via libera alla procedura, ritenendo sussistenti le condizioni per la consegna del soggetto alle autorità brasiliane.
Contro questa decisione, l’interessato ha proposto ricorso per Cassazione. Tuttavia, come vedremo, un errore procedurale ha segnato l’esito finale della sua impugnazione.
La decisione della Corte sul ricorso inammissibile
La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, non è nemmeno entrata nel merito delle argomentazioni difensive. Il suo giudizio si è fermato a un controllo preliminare, quello relativo alla tempestività del ricorso. I giudici hanno constatato che l’impugnazione era stata presentata in ritardo, rendendo di fatto il ricorso inammissibile.
La sentenza della Corte d’Appello era stata notificata al difensore e all’imputato tra il 14 e il 15 febbraio 2024. Secondo l’articolo 585 del codice di procedura penale, il termine per presentare ricorso è di quindici giorni. Tale termine scadeva, quindi, il 2 marzo 2024. Il ricorso è stato invece depositato solo il 3 aprile 2024, oltre un mese dopo la scadenza.
Le motivazioni
La motivazione della Corte di Cassazione è puramente processuale e si basa su un principio cardine del nostro ordinamento: la perentorietà dei termini. I termini stabiliti dalla legge per compiere un atto processuale non sono derogabili. Il loro mancato rispetto comporta la decadenza dal diritto di compiere quell’atto.
Nel caso specifico, la tardività del ricorso ha fatto scattare l’applicazione dell’articolo 591 del codice di procedura penale, che elenca le cause di inammissibilità dell’impugnazione, tra cui proprio il mancato rispetto dei termini. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità con una procedura semplificata (de plano), senza necessità di udienza, come previsto dall’articolo 610, comma 5-bis, dello stesso codice.
Oltre a respingere il ricorso, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista per chi adisce la giustizia con impugnazioni inammissibili.
Le conclusioni
Questa ordinanza è un monito sull’importanza fondamentale del rispetto delle regole e delle scadenze processuali. Un errore, anche apparentemente piccolo come il calcolo di un termine, può vanificare un’intera strategia difensiva e precludere l’accesso a un grado di giudizio. La decisione conferma che i requisiti formali non sono meri cavilli, ma garanzie di ordine e certezza del diritto, essenziali per il corretto funzionamento della giustizia. Per i cittadini, ciò si traduce nella necessità di affidarsi a professionisti attenti e scrupolosi, consapevoli che nel processo ogni giorno conta.
Qual è il motivo principale per cui il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato presentato tardivamente, ovvero oltre il termine perentorio di quindici giorni previsto dalla legge per impugnare la sentenza della Corte di Appello.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
Comporta che la Corte non può esaminare le ragioni e i motivi del ricorso. La decisione impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Qual era la scadenza esatta per la presentazione del ricorso in questo caso?
Essendo la sentenza stata notificata il 15 febbraio 2024, il termine di quindici giorni per l’impugnazione scadeva il 2 marzo 2024. Il ricorso, invece, è stato depositato il 3 aprile 2024.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 17320 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 6 Num. 17320 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da NOME RAGIONE_SOCIALE (CODICE_FISCALE), nato in Brasile il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/02/2024 della Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal componente NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che il ricorrente ha proposto ricorso avverso la sentenza in epigrafe che ha ritenuto sussistenti le condizioni per concedere la sua estradizione richiesta dalla Repubblica federativa del Brasile a fini processuali in relazione ai reati di cui agli artt. 148, 149 A, art. Il e V paragrafo 1 del cod. pen. brasiliano (tratta persone, sottoposizione delle vittime a sequestro di persona a scopo di estorsione e sfruttandone la prostituzione), sospendendosi la consegna alla A.G. del Brasile
disponendo che venga rinviata al momento in cui nei confronti dell’COGNOME COGNOME la carcerazione attualmente impostagli per altro titolo di giustizia italiano;
Ritenuto che il ricorso risulta essere stato tardivamente proposto in data 3.4. – essendo la sentenza notificata al difensore il 14.2.2024 e all’estrad 15.2.2024 – essendo scaduto in data 2/3/2024 il termine di quindici giorni d all’art. 585, comma 1 lett. a), cod. proc. pen.;
Ritenuto che al rilievo della tardività del ricorso consegue, ai sensi dell’ar comma 1, lett. c), cod. proc. pen. la inammissibilità della impugnazione, da dichiararsi secondo procedura de plano ai sensi dell’art. 610, comma 5 -bis, cod. proc. pen.;
Ritenuto che alla declaratoria consegue la condanna del ricorrente al pagament delle spese processuali e della somma in favore della Cassa delle ammende che stima adeguata nella misura di euro tremila;
Ritenuto che devono essere disposti gli adempimenti di Cancelleria di cui all’ 203 disp. att. cod. proc. pen.;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa d ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. cod. proc. pen.
Così deciso il 23/04/2024.