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Ricorso inammissibile: le conseguenze sulla prescrizione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile poiché ripropone argomenti già valutati e contesta in modo generico il calcolo della prescrizione. Questa decisione chiarisce che l’inammissibilità impedisce di far valere la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza di secondo grado.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Niente Prescrizione Post-Sentenza

L’ordinanza in commento della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale della procedura penale: le conseguenze di un ricorso inammissibile. In particolare, la Corte ribadisce un principio fondamentale: se il ricorso viene dichiarato inammissibile, non è più possibile far valere l’eventuale prescrizione del reato maturata dopo la data della sentenza impugnata. Questa decisione serve da monito sull’importanza di redigere atti di impugnazione specifici e non meramente ripetitivi.

I Fatti di Causa

Un imputato, condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello, proponeva ricorso per Cassazione basandosi su due principali motivi. Con il primo, contestava la valutazione delle prove a suo carico, sostenendo un vizio di motivazione della sentenza. Con il secondo, lamentava la mancata declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, asserendo un errore nel calcolo dei periodi di sospensione effettuato dai giudici di merito.

L’analisi della Cassazione sul ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi, rigettandoli e dichiarando il ricorso inammissibile nella sua interezza. Vediamo nel dettaglio le ragioni di questa decisione.

Primo Motivo: La Ripetitività delle Argomentazioni

Il primo motivo è stato giudicato inammissibile perché considerato una semplice riproposizione di argomentazioni già ampiamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno sottolineato che il ricorso non presentava una critica specifica e puntuale alle motivazioni della sentenza impugnata, ma si limitava a ripetere le stesse doglianze. La Corte d’Appello, infatti, aveva adeguatamente motivato la responsabilità penale dell’imputato sulla base del compendio probatorio, evidenziando la natura illecita della merce sequestrata e la consapevolezza dell’imputato, anche a fronte della totale assenza di documentazione fiscale che potesse giustificarne la lecita provenienza.

Secondo Motivo: Genericità e Infondatezza sulla Prescrizione

Anche il secondo motivo, relativo alla prescrizione, è stato ritenuto manifestamente infondato e generico. La Cassazione ha confermato la correttezza del calcolo effettuato dalla Corte d’Appello, che aveva tenuto conto di diversi periodi di sospensione per un totale di 350 giorni. Tali sospensioni erano dovute a:
– Due rinvii per astensione del difensore (203 + 105 giorni).
– Un ulteriore periodo di 42 giorni per rinvii d’ufficio dovuti alla pandemia da Covid-19, in linea con quanto stabilito dalle Sezioni Unite.

La Corte ha inoltre rimarcato la genericità del motivo, poiché il ricorrente si era limitato a denunciare un ‘errata determinazione’ senza specificare in cosa consistesse l’errore di calcolo.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione fonda la sua decisione su principi consolidati. Un ricorso è inammissibile quando non si confronta criticamente con la sentenza impugnata, ma si limita a riproporre le stesse questioni già decise, trasformando il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito, cosa non consentita.

Sul tema della prescrizione, la Corte applica il principio, sancito dalle Sezioni Unite (sentenza De Luca), secondo cui l’inammissibilità del ricorso impedisce la formazione di un valido rapporto processuale di impugnazione. Di conseguenza, il giudice non può rilevare cause di estinzione del reato, come la prescrizione, che siano maturate in un momento successivo alla pronuncia della sentenza di appello. La declaratoria di inammissibilità ‘cristallizza’ la situazione giuridica a quel momento, rendendo definitiva la condanna.

Conclusioni

L’ordinanza ribadisce due lezioni fondamentali per la pratica forense. In primo luogo, un’impugnazione deve essere costruita come una critica argomentata e specifica della decisione che si contesta, non come una mera ripetizione di difese già svolte. In secondo luogo, la presentazione di un ricorso inammissibile ha conseguenze processuali gravissime, tra cui la preclusione della possibilità di beneficiare della prescrizione maturata dopo la sentenza di secondo grado e la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando un motivo di ricorso viene considerato inammissibile per genericità o ripetitività?
Un motivo di ricorso è considerato inammissibile quando si limita a riproporre le stesse doglianze già adeguatamente esaminate e respinte dal giudice di merito, senza formulare una critica specifica e puntuale delle argomentazioni contenute nella sentenza impugnata.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per la prescrizione del reato?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso preclude la possibilità per il giudice di rilevare e dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione, qualora questa sia maturata in un momento successivo alla data della sentenza impugnata. Di fatto, la condanna diventa definitiva.

I rinvii d’ufficio dovuti alla pandemia da Covid-19 hanno sospeso la prescrizione?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che i rinvii d’ufficio disposti nel periodo della pandemia, in conformità con le disposizioni normative e le pronunce delle Sezioni Unite, costituiscono una valida causa di sospensione del corso della prescrizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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