Ricorso inammissibile: quando l’impugnazione costa cara
Presentare un’impugnazione è un diritto fondamentale, ma non è privo di rischi. Un ricorso inammissibile può non solo confermare la decisione precedente, ma anche comportare sanzioni economiche significative. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ce lo ricorda, condannando un ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma a titolo di sanzione.
Il caso in esame: un appello respinto in partenza
I fatti alla base della decisione sono semplici. Un individuo ha presentato ricorso presso la Suprema Corte di Cassazione contro una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Milano. L’obiettivo era, presumibilmente, ottenere l’annullamento o la riforma della decisione di secondo grado.
Tuttavia, l’esito dell’impugnazione è stato netto e sfavorevole per l’appellante. La Corte, dopo aver esaminato gli atti, ha emesso un’ordinanza di inammissibilità.
La decisione della Corte e il significato di ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa formula non significa che i giudici abbiano dato torto al ricorrente nel merito della questione, ma piuttosto che l’atto di impugnazione non superava un vaglio preliminare. In pratica, il ricorso non è stato nemmeno discusso nel suo contenuto perché mancava dei presupposti richiesti dalla legge per poter essere esaminato.
La conseguenza diretta di questa decisione non è stata solo la conferma della sentenza impugnata, ma anche l’applicazione di sanzioni pecuniarie. Il ricorrente è stato condannato al pagamento di due voci di spesa:
1. Le spese processuali: i costi sostenuti dallo Stato per la gestione del procedimento.
2. Una somma di tremila euro: versata in favore della Cassa delle ammende, un fondo destinato a finanziare progetti di miglioramento del sistema carcerario.
Le motivazioni
L’ordinanza in esame è molto sintetica e non esplicita le ragioni specifiche che hanno portato a dichiarare il ricorso inammissibile. Tuttavia, in via generale, un ricorso in Cassazione può essere dichiarato tale per diverse ragioni previste dal codice di procedura penale. Tra le cause più comuni vi sono la presentazione del ricorso fuori dai termini di legge, la mancanza di motivi specifici di impugnazione, la proposizione di censure che riguardano il merito dei fatti (che non possono essere riesaminati in sede di legittimità) anziché violazioni di legge, oppure la carenza di interesse da parte del ricorrente. La decisione di condannare al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende è una conseguenza automatica prevista dalla legge per dissuadere la presentazione di impugnazioni palesemente infondate o dilatorie.
Le conclusioni
Questa pronuncia, pur nella sua brevità, offre un importante monito. Impugnare una sentenza, specialmente davanti alla Corte di Cassazione, richiede un’attenta valutazione dei presupposti di ammissibilità. Un ricorso inammissibile non solo non porta al risultato sperato, ma si trasforma in un costo economico rilevante per chi lo propone. La sanzione pecuniaria serve proprio a responsabilizzare le parti e i loro difensori, incentivando la presentazione di ricorsi solidi e fondati su concrete violazioni di legge, evitando così di sovraccaricare il sistema giudiziario con impugnazioni prive di fondamento.
Qual è stato l’esito del ricorso presentato alla Corte di Cassazione?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ovvero lo ha respinto senza procedere all’esame del merito della questione.
Quali sono state le conseguenze economiche per la persona che ha presentato il ricorso?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
L’ordinanza spiega perché il ricorso è stato considerato inammissibile?
No, il provvedimento si limita a dichiarare l’inammissibilità e a stabilire le relative sanzioni, senza entrare nel dettaglio delle specifiche ragioni giuridiche che hanno portato a tale decisione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26793 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26793 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 17/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il 18/08/1986
avverso la sentenza del 21/01/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
rilevato che l’unico motivo di impugnazione, con cui il ricorrente lamenta vizio
di motivazione in ordine alla pena, da ritenersi eccessiva, è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la
graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti
ie per fissare la pena base, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, ed è immune da vaglio di legittimità se viene
espresso in una motivazione che, come nel presente caso, è immune da contraddizioni o manifeste illogicità, nemmeno dedotte nel caso specifico;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 17 giugno 2025.