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Ricorso inammissibile: le conseguenze economiche

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una decisione del Giudice di Sorveglianza. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 c.p.p., per colpa nella proposizione del gravame.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Le Conseguenze di un Errore Procedurale

Quando si decide di impugnare un provvedimento giudiziario, è fondamentale rispettare scrupolosamente le norme procedurali. Un errore in questa fase può portare a una dichiarazione di ricorso inammissibile, una decisione che non solo preclude l’esame nel merito della questione, ma comporta anche significative conseguenze economiche per chi ha presentato l’appello. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ce ne fornisce un chiaro esempio, condannando un ricorrente al pagamento delle spese e di una pesante sanzione pecuniaria.

Il caso: un ricorso contro la decisione del Giudice di Sorveglianza

La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un soggetto avverso un decreto del Giudice di Sorveglianza. Senza entrare nei dettagli del provvedimento impugnato, il punto focale della questione si è spostato rapidamente dal merito della controversia alla stessa ammissibilità del ricorso presentato alla Suprema Corte di Cassazione. I giudici di legittimità, infatti, hanno rilevato la mancanza dei presupposti necessari per poter esaminare la richiesta, giungendo a una pronuncia puramente processuale.

Le conseguenze di un ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione ha attivato automaticamente le disposizioni previste dall’articolo 616 del codice di procedura penale, che stabilisce le conseguenze per la parte che ha proposto un ricorso respinto in questo modo.

La Condanna alle Spese Processuali

La prima e più diretta conseguenza è la condanna del ricorrente al pagamento di tutte le spese sostenute per il procedimento. Si tratta di un principio generale secondo cui la parte che ha dato causa al processo in modo infruttuoso deve farsi carico dei costi che ne sono derivati per lo Stato.

La Sanzione Pecuniaria alla Cassa delle Ammende

Oltre alle spese, l’art. 616 c.p.p. prevede l’applicazione di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Questo non è un risarcimento, ma una vera e propria sanzione volta a scoraggiare impugnazioni superficiali o dilatorie. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto congrua una somma di tremila euro. La sanzione viene applicata quando non emergono elementi che possano escludere la colpa del ricorrente nel aver causato l’inammissibilità, come stabilito da una storica sentenza della Corte Costituzionale (n. 186 del 2000).

Le motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su un’applicazione diretta e rigorosa della normativa processuale. La dichiarazione di inammissibilità non è una valutazione sul torto o la ragione del ricorrente, ma una constatazione che l’atto di impugnazione non possiede i requisiti legali per essere giudicato. La condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria discende da questa constatazione come conseguenza automatica, salvo che si possa dimostrare un’assenza di colpa da parte del ricorrente, circostanza non ravvisata nel caso di specie. La Corte ha quindi agito in conformità con la sua consolidata giurisprudenza, che mira a preservare la funzione del giudizio di legittimità, evitando che sia gravato da ricorsi privi dei presupposti di legge.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: l’accesso alla giustizia e il diritto di impugnazione devono essere esercitati con responsabilità e competenza tecnica. Un ricorso inammissibile non è un evento neutro, ma un errore procedurale con costi tangibili. La condanna al pagamento di tremila euro, oltre alle spese legali, serve da monito sulla necessità di una valutazione attenta e professionale prima di adire la Corte di Cassazione, per evitare di incorrere in sanzioni che possono rendere ancora più gravosa la propria posizione processuale.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, in assenza di prove che escludano la sua colpa, anche al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Perché il ricorrente deve pagare una sanzione oltre alle spese del processo?
La sanzione pecuniaria, prevista dall’art. 616 del codice di procedura penale, ha lo scopo di disincentivare la presentazione di ricorsi temerari, dilatori o privi dei requisiti formali richiesti dalla legge, sanzionando la colpa del ricorrente nell’aver promosso un’impugnazione che non poteva essere giudicata.

A quanto ammonta la sanzione pecuniaria in questo caso e a chi viene versata?
Nel caso specifico, la Corte di Cassazione ha determinato la sanzione pecuniaria in tremila euro. Questa somma deve essere versata in favore della Cassa delle ammende, un ente che utilizza tali fondi per finanziare progetti di reinserimento sociale per i detenuti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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