Ricorso Inammissibile in Cassazione: Analisi di una Condanna alle Spese
Presentare un’impugnazione davanti alla Corte di Cassazione è l’ultimo grado di giudizio, una fase delicata che richiede il massimo rigore formale. Quando un’istanza non rispetta i criteri previsti dalla legge, si va incontro a una dichiarazione di ricorso inammissibile, una decisione che non solo pone fine al percorso giudiziario ma comporta anche significative conseguenze economiche. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di questa dinamica.
Il Caso in Breve
La vicenda processuale ha origine da un ricorso presentato da un cittadino avverso una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Perugia nell’aprile del 2024. Sperando di ottenere una riforma della decisione di secondo grado, il ricorrente si è rivolto alla Corte di Cassazione per far valere le proprie ragioni. Il caso è stato assegnato alla Settima Sezione Penale, spesso incaricata di valutare in via preliminare la fondatezza dei ricorsi.
La Decisione della Corte: il Ricorso Inammissibile
Con un’ordinanza emessa a marzo 2025, la Corte di Cassazione ha posto fine al procedimento in modo netto e definitivo. I giudici supremi hanno dichiarato il ricorso inammissibile. Questa pronuncia ha un significato tecnico preciso: la Corte non è entrata nel merito delle questioni sollevate dall’imputato, ma si è fermata a una valutazione preliminare, riscontrando la mancanza dei requisiti essenziali che ogni ricorso deve possedere per poter essere esaminato. Di conseguenza, la sentenza della Corte d’Appello di Perugia è diventata definitiva.
Le Conseguenze Economiche della Pronuncia
La declaratoria di inammissibilità non è stata priva di conseguenze per il ricorrente. La Corte, infatti, lo ha condannato a sostenere due oneri finanziari:
1. Pagamento delle spese processuali: come avviene di consueto in caso di soccombenza, il ricorrente è stato obbligato a farsi carico dei costi del procedimento.
2. Versamento alla Cassa delle ammende: In aggiunta, è stata disposta la condanna al pagamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria è prevista dalla legge proprio per i casi di inammissibilità del ricorso, con lo scopo di scoraggiare impugnazioni palesemente infondate o dilatorie.
Le motivazioni
L’ordinanza in esame è molto sintetica e non esplicita le ragioni specifiche che hanno portato a giudicare il ricorso inammissibile. Tuttavia, in provvedimenti di questo tipo, le motivazioni sono spesso implicite nella natura stessa della decisione. Un ricorso può essere dichiarato inammissibile per svariate ragioni di carattere procedurale, come ad esempio la presentazione oltre i termini di legge, la mancanza di motivi specifici previsti dal codice di procedura penale, o la proposizione di censure che mirano a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La condanna al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende, inoltre, deriva direttamente dalla legge come conseguenza sanzionatoria per aver azionato inutilmente la macchina giudiziaria del massimo organo giurisdizionale.
Le conclusioni
Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: l’accesso alla Corte di Cassazione è un rimedio straordinario, soggetto a regole severe. Un ricorso inammissibile non è solo un’occasione persa per vedere riesaminato il proprio caso, ma si trasforma in un concreto esborso economico che comprende le spese del giudizio e una sanzione aggiuntiva. La vicenda sottolinea l’importanza cruciale di affidarsi a un difensore esperto che possa valutare attentamente i presupposti e le effettive possibilità di successo di un’impugnazione, per evitare di incorrere in pronunce sfavorevoli e in ulteriori oneri finanziari.
Cosa significa quando un ricorso viene dichiarato ‘inammissibile’?
Significa che la Corte di Cassazione lo ha respinto in una fase preliminare, senza esaminare il merito della questione, perché privo dei requisiti formali richiesti dalla legge. Di conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
Come stabilito nell’ordinanza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
La Corte di Cassazione ha esaminato i fatti del caso specifico?
No. Una dichiarazione di inammissibilità, come quella contenuta in questa ordinanza, implica che i giudici non sono entrati nel merito della vicenda, fermandosi a una verifica dei presupposti procedurali dell’impugnazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 29775 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29775 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 03/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a TIVOLI il 27/05/1971
avverso la sentenza del 09/04/2024 della CORTE APPELLO di PERUGIA
clOto avviso alle partir udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
atti, visti gli
e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso.
Il ricorso è inammissibile perché proposto personalmente dall’imputato, inammissibilità che, ai sensi dell’art. 610, comma 5
bis, primo periodo, cod. proc. pen. come riformulato dalla legge
n. 103 del 2017 va dichiarata con procedura de plano.
In seguito alle modifiche apportate dalla medesima legge, entrata in vigore il 3 agosto 2017, all’art. 613 cod. proc. pen., l’atto di ricorso, le memorie e i motivi nuovi devono, infatti,
sottoscritti, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della
Cassazione e non è più consentita la personale sottoscrizione dell’imputato dell’atto d impugnazione, come previsto dall’originario art. 613 cod. proc. pen.
All’inammissibilità dei ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo determinare
in euro tremila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 3 marzo 2025