Ricorso Inammissibile in Cassazione: Analisi di un’Ordinanza e le Sue Implicazioni
L’esito di un processo non si conclude sempre con una sentenza che stabilisce chi ha torto o ragione nel merito della questione. A volte, il percorso giudiziario si interrompe prima, a causa di un ricorso inammissibile. Questo concetto, centrale nel diritto processuale, assume particolare rilevanza quando si giunge all’ultimo grado di giudizio, la Corte di Cassazione. Un’ordinanza recente ci offre lo spunto per analizzare le severe conseguenze, soprattutto economiche, che derivano dalla presentazione di un ricorso privo dei requisiti di legge.
Il Contesto del Caso Giudiziario
La vicenda processuale trae origine da una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Milano il 2 ottobre 2024. Avverso tale decisione, l’imputato decideva di proporre ricorso per Cassazione, affidando al giudizio della Suprema Corte le proprie ragioni. Il caso veniva assegnato alla Settima Sezione Penale, la quale, in data 4 aprile 2025, emetteva la propria decisione non con una sentenza, ma con un’ordinanza.
La Decisione della Corte e le Conseguenze del Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa declaratoria non entra nel vivo della controversia, ovvero non valuta se le doglianze del ricorrente fossero fondate o meno. Si tratta, invece, di una valutazione preliminare, un filtro che l’impugnazione deve superare per poter essere esaminata nel merito. In questo caso, il ricorso non ha superato tale vaglio.
La conseguenza di questa decisione è stata duplice e significativa per il ricorrente:
1. La condanna al pagamento delle spese processuali sostenute nel giudizio di legittimità.
2. La condanna al pagamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria che si aggiunge alle spese.
Le Motivazioni della Decisione
L’ordinanza in esame è estremamente sintetica e non esplicita le specifiche ragioni dell’inammissibilità. Tuttavia, nella prassi della Settima Sezione Penale della Cassazione, tale esito è spesso riconducibile a vizi tipici dell’atto di impugnazione. Generalmente, un ricorso inammissibile può essere tale perché i motivi addotti non sono consentiti dalla legge (ad esempio, si chiede alla Cassazione una nuova valutazione dei fatti, compito che spetta ai giudici di merito), oppure per la presenza di vizi formali, come la genericità delle censure o la mancata osservanza dei termini per la presentazione.
La decisione di imporre una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende risponde all’esigenza di sanzionare l’abuso dello strumento processuale, scoraggiando la presentazione di ricorsi palesemente infondati o dilatori che appesantiscono inutilmente il lavoro della Suprema Corte.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza, pur nella sua brevità, lancia un messaggio chiaro: adire la Corte di Cassazione è un passo che richiede rigore tecnico e una seria valutazione dei presupposti di legge. La declaratoria di inammissibilità non è un mero tecnicismo, ma una chiusura definitiva del processo che comporta conseguenze economiche rilevanti per chi ha proposto l’impugnazione. Per i cittadini e i loro difensori, ciò sottolinea l’importanza di un’analisi approfondita e ponderata prima di intraprendere l’ultimo grado di giudizio, al fine di evitare non solo una sconfitta processuale, ma anche un aggravio di costi significativo.
Cosa significa quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Significa che la Corte non esamina il merito della questione perché l’atto di impugnazione non rispetta i requisiti formali o sostanziali richiesti dalla legge. Il processo si chiude senza una decisione sul fondo della controversia.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile in Cassazione?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali del giudizio e al versamento di una somma di denaro, a titolo di sanzione, in favore della Cassa delle ammende. In questo caso, la somma era pari a tremila euro.
Perché il ricorrente deve pagare una sanzione oltre alle spese processuali?
La condanna al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende ha una funzione sanzionatoria e deterrente. Serve a scoraggiare la presentazione di ricorsi temerari, dilatori o manifestamente infondati, che sovraccaricano il sistema giudiziario senza reali possibilità di accoglimento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 16226 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 16226 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 04/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME (CUI 05FXSTF) nato il 27/11/1991
avverso la sentenza del 02/10/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
R.G.N. 42919/24 NABIL
OSSERVA
Visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per il reato di cui all’art. 337
cod. pen.);
Esaminati i motivi di ricorso;
Ritenuto che i motivi dedotti con il ricorso, aventi a oggetto violazione di
legge circa la mancata esclusione della recidiva contestata, l’eccessività del trattamento sanzionatorio ed il giudizio di bilanciamento delle circostanze,
esulano dalla valutazione di legittimità là dove risultano meramente riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti
giuridici dal giudice di merito (cfr. pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata);
Rilevato, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 04/04/2025.