Ricorso Inammissibile: Analisi di un’Ordinanza della Cassazione e le Sue Conseguenze
Quando si intraprende un percorso legale, è fondamentale comprendere non solo i propri diritti, ma anche gli obblighi procedurali. Un ricorso inammissibile rappresenta uno degli esiti più severi in ambito processuale, poiché impedisce al giudice di esaminare la questione nel merito. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre lo spunto per analizzare le pesanti conseguenze, soprattutto economiche, che derivano da un’impugnazione che non rispetta i requisiti di legge.
I Fatti del Processo
Il caso in esame trae origine da un ricorso presentato alla Suprema Corte di Cassazione da un soggetto avverso una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Brescia. I dettagli specifici del merito della causa non sono oggetto dell’ordinanza, la quale si concentra esclusivamente sugli aspetti procedurali dell’impugnazione. Il ricorrente, nato nel 1992, ha cercato di ottenere una revisione della decisione di secondo grado, portando la questione all’attenzione del più alto organo della giurisdizione ordinaria.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, dopo aver ricevuto il ricorso e sentito la relazione del Consigliere designato, ha emesso un’ordinanza perentoria. Con una decisione concisa ma chiara, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa statuizione ha precluso ogni possibilità di discutere le ragioni di fondo dell’impugnazione, chiudendo definitivamente la vicenda processuale a sfavore del ricorrente.
Le Motivazioni dietro un Ricorso Inammissibile e le sue Sanzioni
La Corte ha ritenuto il ricorso presentato come inammissibile. Sebbene l’ordinanza non entri nel dettaglio delle specifiche ragioni di inammissibilità (che possono variare da vizi di forma a carenza dei motivi previsti dalla legge), essa si sofferma sulle conseguenze automatiche di tale declaratoria. La legge, infatti, prevede che la parte che presenta un’impugnazione inammissibile sia condannata non solo al pagamento delle spese del procedimento, ma anche a versare una somma alla Cassa delle ammende.
Nel caso specifico, i giudici hanno stabilito che non sussistevano ragioni per esonerare il ricorrente da tale sanzione. Di conseguenza, hanno condannato l’appellante al pagamento delle spese processuali e, in aggiunta, a versare la somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione si allinea a un consolidato orientamento giurisprudenziale, richiamando implicitamente i principi stabiliti dalla Corte Costituzionale (sent. n. 186 del 2000), che ha confermato la legittimità di questa sanzione pecuniaria come deterrente contro ricorsi pretestuosi o infondati.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame ribadisce un principio cruciale del nostro sistema processuale: l’accesso alla giustizia è un diritto, ma il suo esercizio deve avvenire nel rispetto delle regole. Un ricorso inammissibile non è un semplice errore procedurale, ma un atto che comporta conseguenze economiche tangibili e significative. La condanna al pagamento di una somma, come i 3.000 euro in questo caso, non ha una funzione risarcitoria, ma sanzionatoria, volta a scoraggiare impugnazioni dilatorie o palesemente infondate che gravano inutilmente sul sistema giudiziario. Per i cittadini e i loro legali, questa decisione serve come monito: prima di impugnare un provvedimento, è indispensabile una valutazione attenta e rigorosa dei presupposti di ammissibilità, per evitare di incorrere in sanzioni che si aggiungono alla delusione di una sconfitta processuale.
Cosa succede quando la Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina la questione nel merito. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
A quanto ammonta la sanzione pecuniaria in questo caso specifico?
Nel caso deciso dall’ordinanza, la sanzione pecuniaria è stata fissata nella somma di tremila euro, da versare alla Cassa delle ammende.
La condanna al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende è sempre prevista in caso di ricorso inammissibile?
Sì, la condanna al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende è una conseguenza legale standard della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, a meno che non sussistano specifiche e valide ragioni di esonero, che la Corte non ha ravvisato nel caso di specie.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14247 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14247 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 03/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 23/01/1992
avverso la sentenza del 27/06/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in
epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
rilevato che i motivi, con cui il ricorrente ha censurato la ritenuta
configurabilità del reato di cui all’art. 385 cod. pen. con riferimento all’elemento soggettivo e la mancata concessione delle attenuanti di cui all’art. 385, comma
quarto, cod. pen. e di cui all’art.
62-bis cod. pen, sono tesi a sollecitare una
rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità, e sono meramente riproduttivi di profili di censura già
adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal Giudice di merito (si vedano le pagine 5, 6 e 7 della sentenza impugnata);
ritenuto che il ricorso è inammissibile e ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ragioni dì esonero, della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 3/3/2025.