Ricorso Inammissibile: Analisi di una Condanna alle Spese
L’ordinanza emessa dalla Corte di Cassazione il 10 aprile 2025 offre uno spunto cruciale per comprendere le conseguenze di un ricorso inammissibile. Questo tipo di decisione, pur essendo di natura procedurale, comporta implicazioni economiche significative per la parte che ha presentato l’impugnazione. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le sue implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
Una cittadina ha proposto ricorso presso la Corte di Cassazione per contestare una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Torino in data 9 luglio 2024. Il caso, di natura penale, è giunto così all’ultimo grado di giudizio, dove la Suprema Corte è chiamata a valutare la legittimità della decisione impugnata, ovvero se la legge sia stata applicata correttamente nei gradi precedenti.
Tuttavia, prima di poter esaminare il merito della questione, la Corte deve effettuare un controllo preliminare sulla validità del ricorso stesso. Questo vaglio di ammissibilità verifica che l’atto di impugnazione rispetti tutti i requisiti formali e sostanziali previsti dalla legge.
La Decisione della Corte: Focus sul Ricorso Inammissibile
Con una sintetica ordinanza, la settima sezione penale della Corte di Cassazione ha risolto il caso senza entrare nel vivo delle questioni sollevate dalla ricorrente. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa statuizione impedisce l’analisi delle doglianze e rende definitiva la sentenza impugnata.
Contestualmente, la Corte ha condannato la ricorrente al pagamento di due diverse voci di spesa:
1. Le spese processuali, ovvero i costi generali sostenuti per il procedimento in Cassazione.
2. Una somma di tremila euro da versare alla Cassa delle ammende, un fondo statale destinato al miglioramento dell’amministrazione della giustizia.
Le Motivazioni
L’ordinanza in esame non esplicita i motivi specifici che hanno portato alla dichiarazione di inammissibilità, essendo un provvedimento che si limita a certificare l’esito del giudizio. Tuttavia, la motivazione della condanna economica è intrinsecamente legata alla declaratoria di inammissibilità stessa. Il legislatore ha previsto questa sanzione pecuniaria come deterrente contro la proposizione di ricorsi presentati senza i presupposti di legge, al fine di scoraggiare impugnazioni dilatorie o palesemente infondate che gravano inutilmente sul lavoro della Corte di Cassazione.
La condanna al versamento alla Cassa delle ammende non è una sanzione penale, ma una sanzione processuale che consegue automaticamente alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, salvo casi eccezionali.
Le Conclusioni
La decisione evidenzia un principio fondamentale del nostro sistema processuale: l’accesso alla giustizia deve essere esercitato in modo responsabile. Un ricorso inammissibile non è un esito neutro; comporta la soccombenza e l’addebito delle spese, oltre a una sanzione pecuniaria che può essere anche rilevante. Per i cittadini, ciò significa che prima di impugnare una sentenza, specialmente in Cassazione dove i motivi di ricorso sono molto specifici e tecnici, è indispensabile una valutazione attenta e professionale circa la reale sussistenza dei presupposti di legge. In caso contrario, oltre a non ottenere la riforma della decisione sfavorevole, si rischia di dover sostenere costi aggiuntivi significativi.
Qual è stata la decisione della Corte di Cassazione nel caso specifico?
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla ricorrente.
Quali sono state le conseguenze economiche per la ricorrente?
La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Perché viene imposta una sanzione pecuniaria in caso di ricorso inammissibile?
La sanzione pecuniaria, da versare alla Cassa delle ammende, funge da deterrente per scoraggiare la presentazione di ricorsi privi dei requisiti di legge, che sovraccaricano il sistema giudiziario senza avere possibilità di accoglimento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18926 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18926 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 14/04/1952
avverso la sentenza del 09/07/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
ritenuto che i due motivi oggetto del ricorso in esame, che contestano,
rispettivamente, la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art.
131-bis cod. pen. e il mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., non sono consentiti poiché le censure non risultano
essere state previamente dedotte come motivi di appello secondo quanto è
prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata
(si veda pag. 2), che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con
condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 10 aprile 2025.