Ricorso inammissibile: quando l’impugnazione costa cara
Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio, una tappa cruciale che richiede rigore e fondatezza. Quando però l’atto è privo dei requisiti di legge, si incorre in una dichiarazione di ricorso inammissibile, con conseguenze non solo processuali ma anche economiche significative. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di questa dinamica, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una pesante sanzione.
Il Contesto Processuale
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di una città del Sud Italia nell’ottobre del 2024. Il ricorrente, sperando di ottenere una riforma della decisione a lui sfavorevole, ha adito la Suprema Corte di Cassazione. Il procedimento si è svolto davanti alla Settima Sezione Penale, che ha fissato l’udienza per il mese di maggio 2025.
La Decisione della Corte e il Ricorso Inammissibile
All’esito dell’udienza e dopo aver ascoltato la relazione del Consigliere designato, la Corte di Cassazione ha emesso la sua decisione tramite ordinanza. L’esito è stato netto e perentorio: il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Questa declaratoria impedisce alla Corte di entrare nel merito della questione, fermando il giudizio a una fase preliminare a causa di vizi che inficiano l’atto di impugnazione stesso.
La conseguenza diretta e più tangibile per il ricorrente è stata di natura economica. La Corte non si è limitata a chiudere il procedimento, ma ha applicato le disposizioni di legge che sanzionano l’abuso dello strumento processuale. Nello specifico, ha condannato il ricorrente a due distinti pagamenti:
1. Il rimborso delle spese processuali, ovvero i costi che lo Stato ha sostenuto per la gestione del giudizio.
2. Il versamento di una somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, un ente destinato a finanziare progetti di reinserimento per i detenuti.
Le Motivazioni della Decisione
L’ordinanza in esame è molto sintetica e si concentra sulla statuizione finale (il cosiddetto P.Q.M. – Per Questi Motivi), senza esplicitare nel dettaglio le ragioni specifiche dell’inammissibilità. Tuttavia, in base alla prassi e alla normativa processuale penale, un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile per diverse cause. Tra le più comuni vi sono la manifesta infondatezza dei motivi, la presentazione di censure che riguardano il merito dei fatti (non consentite in sede di legittimità), il mancato rispetto dei termini per l’impugnazione o vizi di forma dell’atto.
La condanna al pagamento della sanzione pecuniaria suggerisce che la Corte abbia ravvisato una colpa nel ricorrente per aver intrapreso un’azione giudiziaria senza le necessarie basi giuridiche, gravando inutilmente sul sistema giudiziario.
Conclusioni
Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: l’accesso alla giustizia, e in particolare al giudizio di Cassazione, deve essere esercitato con responsabilità. Un ricorso inammissibile non è un esito neutro, ma comporta sanzioni economiche che possono essere anche molto onerose. La decisione serve da monito sull’importanza di una valutazione attenta e professionale prima di impugnare una sentenza, per evitare di incorrere in costi aggiuntivi e di aggravare la propria posizione processuale. La consulenza di un legale esperto è quindi cruciale per valutare la reale sussistenza dei presupposti per un ricorso in Cassazione.
Cosa significa quando un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Significa che la Corte non esamina il merito della questione perché il ricorso non possiede i requisiti formali o sostanziali richiesti dalla legge. Il giudizio si arresta senza una decisione sul fondo della controversia.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Come stabilito in questa ordinanza, il ricorrente la cui impugnazione è dichiarata inammissibile viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro, da versare alla Cassa delle ammende.
Perché viene imposta una sanzione pecuniaria oltre al pagamento delle spese?
La sanzione pecuniaria ha una funzione deterrente e punitiva. Viene imposta per scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente infondati o dilatori, che sovraccaricano inutilmente il lavoro della Corte di Cassazione e rappresentano un abuso dello strumento processuale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21758 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21758 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato a REGGIO CALABRIA il 20/02/1964
avverso la sentenza del 31/10/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
il ricorso di COGNOME NOMECOGNOME
Letto ritenuto
che il primo motivo di ricorso, che deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio e al diniego del beneficio di
cui all’art. 163 cod.pen. in relazione alla pena della multa di mille euro inflitta per il delitto di invasione di terreno, è manifestamente infondato in quanto dal
certificato del casellario giudiziale dell’imputato emergono diversi precedenti penali che giustificano la decisione della Corte, che ha negato la sospensione
condizionale in ragione del suo comportamento e dei precedenti penali riportati nel certificato penale a carico dell’imputato ( e non di altro soggetto, come dedotto
in ricorso);
rilevato che la memoria trasmessa in data 2 maggio con cui si espongono motivi aggiunti è sottoscritta soltanto dall’imputato ed è inammissibile perché
proposta da soggetto non legittimato;
pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con rilevato,
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 23 maggio 2025.