Ricorso Inammissibile: Quando la Critica si Trasforma in Rivalutazione dei Fatti
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come un’impugnazione possa essere rigettata ancor prima di un esame nel merito. La Corte di Cassazione, con una recente pronuncia, ha dichiarato un ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale della procedura penale: la distinzione tra la critica per violazione di legge e la richiesta di una nuova valutazione dei fatti, non permessa in sede di legittimità. Questo caso riguarda un’istanza per il riconoscimento della continuazione tra reati, respinta sia in primo grado che in appello.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato con diverse sentenze, aveva presentato un’istanza al giudice dell’esecuzione presso la Corte d’Appello di Caltanissetta. L’obiettivo era ottenere il riconoscimento del vincolo della “continuazione”, un istituto che consente di unificare le pene per reati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, con un trattamento sanzionatorio più favorevole. La Corte d’Appello, con ordinanza del 4 marzo 2024, aveva respinto la richiesta, non ravvisando gli elementi necessari per accoglierla.
Contro questa decisione, l’interessato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione da parte del giudice precedente.
La Decisione della Cassazione e il Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché basato su motivi non consentiti dalla legge. I giudici hanno evidenziato come il ricorrente, di fatto, non stesse denunciando un errore di diritto, ma stesse tentando di ottenere una riconsiderazione delle circostanze fattuali già esaminate e valutate dal giudice dell’esecuzione.
Le Motivazioni della Corte
La motivazione della Corte di Cassazione è netta e lineare. Il giudice dell’esecuzione aveva già esaminato in modo completo i profili dei fatti oggetto dei diversi giudizi. In tale analisi, non aveva trovato “concreti indicatori di ricorrenza della comune ideazione tra le diverse condotte”. In altre parole, mancava la prova di un unico progetto criminoso alla base dei vari reati.
La critica mossa dal ricorrente, secondo la Cassazione, si risolveva in una “richiesta di rivalutazione in fatto”. Questo tipo di richiesta è preclusa in sede di legittimità, dove il compito della Corte non è quello di riesaminare le prove come un terzo grado di giudizio, ma solo di verificare la corretta applicazione delle norme giuridiche e la logicità della motivazione del provvedimento impugnato.
Le Conclusioni
Le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità sono state automatiche e severe, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, in assenza di elementi che potessero escludere una sua colpa nel presentare un ricorso palesemente infondato, è stato condannato a versare la somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di formulare i ricorsi per cassazione nel rispetto dei limiti imposti dalla legge, concentrandosi su vizi di legittimità e non su pretese di revisione del merito, al fine di evitare un esito sfavorevole e ulteriori oneri economici.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato proposto per motivi non consentiti, ovvero si configurava come una richiesta di rivalutazione dei fatti del caso, attività che non è permessa alla Corte di Cassazione in sede di legittimità.
Cosa aveva già stabilito il giudice dell’esecuzione?
Il giudice dell’esecuzione aveva già esaminato compiutamente i fatti dei diversi giudizi e non aveva riscontrato elementi concreti che indicassero l’esistenza di una comune ideazione (un medesimo disegno criminoso) tra le varie condotte illecite.
Quali sono le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità?
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5283 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5283 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DI NOME nato a CASTELBUONO il 01/02/1941
avverso l’ordinanza del 04/03/2024 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Con ordinanza emessa in data 4 marzo 2024 la Corte di Appello di Caltanissetta, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza introd da COGNOME, tesa ad ottenere il riconoscimento della continuazione.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge – COGNOME NOME, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione.
Il ricorso va dichiarato inammissibile perché proposto per motivi non consentiti.
Ed invero, il giudice della esecuzione ha compiutamente esaminato i profili dei fatti oggetto dei diversi giudizi, non ravvisando concreti indicator ricorrenza della comune ideazione tra le diverse condotte e la critica si ris in una richiesta di rivalutazione in fatto, non consentita in sede di legitti
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue di diritto la condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilit al versamento a favore della Cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. pro pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Il Presidente
Così deciso in data 14 novembre 2024
Il Consigliere estensore