Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24002 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24002 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a ASTI il 01/11/1977
avverso la sentenza del 26/09/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOMECOGNOME
ritenuto che il primo e il secondo motivo di ricorso, articolati con argomentazioni del tutto sovrapponibili ai motivi di appello, in punto di accertamento della responsabilità e quanto all’omesso esame di testimone (nella sua veste di compagna del ricorrente), risultano privi di concreta specificità, oltre che meramente reiterativi in assenza di confronto con le logiche e non censurabili argomentazioni della Corte di appello, così tendendo a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato del presente giudizio ed avulse da pertinente individuazione di specifici e decisivi travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01, Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01, Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271702-01, Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, COGNOME Rv. 277758-01), in presenza, tra l’altro di una doppia decisione conforme quanto alla affermazione di responsabilità ed in considerazione della chiara affermazione in ordine alla non decisività della prova (neanche richiesta dalla difesa in primo grado);
che la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra la complessità delle ragioni argomentate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez.4, n. 256 del 18/09/1997, COGNOME, Rv. 210157-02; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, COGNOME, Rv. 236945-01; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568-01; Sez. 2, n. 11951 del 20/01/2014, COGNOME, Rv. 259435-01; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710 -01);
che, invero, i giudici del merito hanno correttamente sussunto i fatti, per come ricostruiti, nella fattispecie oggetto di contestazione e condanna ampiamente esplicitando le ragioni del loro convincimento, specificamente richiamando una serie di elementi significativi (mancanza di idonea giustificazione, disponibilità e titolarità dell’area, assenza di produzione documentale a sostegno della propria posizione, pagg.5 e seg.);
considerato conseguentemente che tali doglianze inerenti alla prova della penale responsabilità delle condotte imputate sono del tutto prive dei requisiti di specificità previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 581 cod. proc. pen. in quanto si prospettano deduzioni generiche, senza la puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei correlati congrui riferimenti alla motivazio
dell’atto impugnato, semplicemente lamentando una superficialità della attività di indagine;
che non ricorre in alcun modo un travisamento della prova, tra l’altro dedotto in modo del tutto generico ed aspecifico, dovendo in tal senso, essere richiamato il principio affermato da questa Corte secondo il quale in caso di c.d. doppia conforme è inammissibile ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen. il motivo fondato sul travisamento della prova per utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, che sia stato dedotto per la prima volta con il ricorso per cassazione, poiché in tal modo esso viene ad essere sottratto alla cognizione del giudice di appello, con violazione dei limiti del devolutum e improprio ampliamento del tema di cognizione in sede di legittimità (Sez. 6, n. 21015 del 17/05/2021, Africano, Rv. 281665-01), non essendone, tra l’altro, nel caso di specie, neanche dedotta la decisività in modo specifico;
osservato che terzo motivo di ricorso, con i quali si censura il trattamento sanzionatorio, con particolare riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è manifestamente infondato, oltre che generico, in mancanza di confronto con la decisione del giudice di appello, che ha evidentemente disatteso tale censura, evidenziando la presenza di plurimi precedenti penali riferibili al ricorrente, oltre ad aver escluso la presenza di fatti positivamente valutabili in considerazione delle caratteristiche del fatto ascritto;
che deve essere ribadito il principio secondo il quale la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., sicché è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione. (Sez. 2, n. 17347 del 26/01/2021, COGNOME Daniele, Rv. 281217-01, in motivazione). Il giudice, infatti, nel realizzare il giudizio di determinazione della pena “non è tenuto ad una analitica enunciazione di tutti gli elementi presi in considerazione, ma può limitarsi alla sola enunciazione di quelli determinanti per la soluzione adottata, la quale è insindacabile in sede di legittimità qualora sia immune da vizi logici di ragionamento”. (Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, S., Rv. 269196-01, Sez. 5, n’intervenuta prescrizi. 5582 del 30/09/2013, COGNOME, Rv. 259142-01, Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007, COGNOME, Rv. 238851-01);
che il quarto motivo di ricorso non risulta devoluto in appello (con conseguente interruzione della catena devolutiva sul punto) come emerge dal
riepilogo dei motivi contenuto nella motivazione della sentenza in alcun modo contestato dal ricorrente, atteso che questa Corte ha chiarito, con principio che
qui si intende ribadire, che deve ritenersi privo di specificità il motivo di ricorso per cassazione che lamenti omessa motivazione in ordine ad un motivo di gravame,
senza contestare specificamente la correttezza del riepilogo dei motivi di appello contenuto nella sentenza impugnata, che non abbia dato conto della formulazione
del motivo asseritamente rimasto non valutato (Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017,
COGNOME Rv. 270627-01; Sez. 2, n. 9028 del 05/11/2013, dep. 2014, n.m., in senso conforme di recente Sez. 2, n. 14405 del 06/03/2025, COGNOME, n.m.; Sez. 3,
n. 15882 del 20/02/2025, COGNOME n.m.; Sez. 3, n. 11830 del 13/03/2024,
COGNOME n.m.; Sez. 3, n. 8657 del 15/0272024, Immobile, n.m.).
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 3 giugno 2025.