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Ricorso inammissibile: la doglianza di fatto non basta

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 20 febbraio 2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: l’appello alla Suprema Corte non può limitarsi a contestare la valutazione dei fatti già operata dai giudici di merito. Il ricorso è stato respinto perché le motivazioni erano semplici doglianze fattuali, ripropositive di censure già esaminate e prive di una critica specifica alla sentenza impugnata, risultando manifestamente infondato.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la doglianza di fatto non basta

Quando si presenta un appello alla Corte di Cassazione, è fondamentale comprendere la distinzione tra un vizio di legittimità e una semplice contestazione dei fatti. Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce che un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta di una censura che si limita a riproporre una diversa valutazione delle prove, senza individuare specifici errori di diritto. Analizziamo insieme questa decisione per capire i limiti del giudizio di legittimità.

I Fatti del Processo

Il caso nasce dal ricorso di una persona avverso una sentenza della Corte d’Appello di Roma. La ricorrente contestava la decisione di secondo grado lamentando l’inosservanza di norme processuali relative all’utilizzabilità delle prove (artt. 238 e 350 del codice di procedura penale) e un vizio di motivazione riguardo alla valutazione delle stesse (art. 192 c.p.p.). In sostanza, l’imputata sosteneva che i giudici di merito avessero errato nell’interpretare gli elementi probatori a suo carico.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il caso e ha emesso un’ordinanza per dichiarare il ricorso inammissibile. Di conseguenza, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La Corte ha inoltre rigettato la richiesta di liquidazione delle spese presentata dalla parte civile, poiché non aveva svolto attività processuale utile ai fini della decisione.

Le motivazioni dietro a un ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su due pilastri argomentativi principali. In primo luogo, ha qualificato i motivi del ricorso come “mere doglianze in punto di fatto”. Questo significa che la ricorrente non ha evidenziato un errore nell’applicazione della legge, ma si è limitata a contestare la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove, un’attività che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado. I giudici hanno sottolineato che tali critiche erano peraltro riproduttive di censure già esaminate e respinte con argomenti giuridicamente corretti nel giudizio d’appello.

In secondo luogo, il motivo è stato ritenuto “manifestamente infondato”. La Corte ha constatato, attraverso la lettura del provvedimento impugnato, che la motivazione della Corte d’Appello era esistente, logica e coerente. Essa si basava su un’analisi esauriente dei dati probatori, e la presunta inutilizzabilità di alcune dichiarazioni non era decisiva né sufficiente a superare la cosiddetta “prova di resistenza”, ovvero a dimostrare che senza quella prova la decisione sarebbe stata diversa.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale del nostro ordinamento processuale: la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare le prove, ma assicurare la corretta applicazione della legge e controllare la logicità della motivazione. Proporre un ricorso basato esclusivamente su una diversa lettura del compendio probatorio è una strategia destinata al fallimento. Un ricorso inammissibile non solo non ottiene il risultato sperato, ma comporta anche conseguenze economiche negative per chi lo propone, come la condanna alle spese e al versamento di una sanzione pecuniaria. Pertanto, è essenziale che un ricorso per cassazione sia fondato su vizi specifici e concreti, che attengano a violazioni di legge o a palesi illogicità motivazionali, e non su un generico dissenso rispetto all’esito del giudizio di merito.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando è costituito da mere doglianze in punto di fatto, ossia contesta la valutazione delle prove e non l’applicazione della legge, e quando ripropone censure già vagliate e disattese nei gradi di merito senza una specifica critica alla sentenza impugnata.

Cosa significa che un motivo di ricorso è “manifestamente infondato”?
Significa che la presunta illogicità o contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata è palesemente inesistente. La lettura del provvedimento dimostra che la motivazione è logica, coerente e basata su un’analisi completa delle prove, rendendo la critica del ricorrente priva di ogni fondamento.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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