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Ricorso inammissibile: la condanna alle spese

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una sentenza di un tribunale. A seguito della decisione, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro a favore della cassa delle ammende, poiché l’impugnazione era basata su motivi non più ammessi dalla legge.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Le Conseguenze Economiche dell’Impugnazione

Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio, ma cosa accade quando l’impugnazione non supera il vaglio preliminare di ammissibilità? Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce le severe conseguenze economiche, confermando che un ricorso inammissibile non solo chiude la porta a una revisione del caso, ma apre quella a sanzioni pecuniarie per il ricorrente. Questo provvedimento evidenzia l’importanza di valutare attentamente i presupposti legali prima di adire la Corte di Cassazione.

Il Contesto Processuale

Il caso in esame trae origine dall’impugnazione di un individuo avverso una sentenza emessa da un Tribunale di primo grado. Il ricorrente ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, cercando di ottenere l’annullamento della decisione precedente. Tuttavia, il suo tentativo si è scontrato con una valutazione preliminare che ha portato a una conclusione netta e senza appello.

La Decisione della Corte: la Dichiarazione di Inammissibilità

La Corte di Cassazione, con la procedura semplificata prevista dall’art. 610, comma 5-bis del codice di procedura penale, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa procedura, nota come trattazione camerale non partecipata, permette alla Corte di decidere rapidamente sui ricorsi che manifestamente mancano dei requisiti di legge, senza la necessità di un’udienza pubblica. La decisione si basa su precedenti consolidati, che stabiliscono come gestire i ricorsi palesemente infondati o proposti per motivi non consentiti.

Le Motivazioni della Condanna Pecuniaria

La diretta conseguenza della dichiarazione di inammissibilità è stata la condanna del ricorrente. Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la parte che lo ha proposto è tenuta non solo a pagare le spese del procedimento, ma anche a versare una somma a favore della cassa delle ammende. Nel caso specifico, la Corte ha stabilito una somma di 3.000 euro, ritenendola equa. La motivazione di tale condanna risiede nel fatto che il ricorso è stato “esperito per ragioni non più consentite dalla legge”. In altre parole, l’impugnazione era priva di fondamento giuridico, configurandosi come un tentativo infruttuoso che ha inutilmente impegnato il sistema giudiziario.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: l’accesso alla giustizia di ultima istanza non è privo di responsabilità. Proporre un ricorso inammissibile ha costi concreti. La condanna al pagamento delle spese processuali e della sanzione a favore della cassa delle ammende serve da deterrente contro impugnazioni dilatorie o pretestuose. Per i cittadini e i loro legali, ciò significa che la decisione di ricorrere in Cassazione deve essere supportata da solide argomentazioni giuridiche, per evitare non solo una sconfitta processuale, ma anche un significativo esborso economico.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.

Qual è la base legale per la condanna al pagamento di una somma alla cassa delle ammende?
La base legale è l’articolo 616 del codice di procedura penale, che prevede espressamente questa sanzione come conseguenza della dichiarazione di inammissibilità di un ricorso.

Perché la Corte ha imposto una sanzione di 3.000 euro in questo specifico caso?
La Corte ha ritenuto la somma di 3.000 euro equa perché il ricorso era stato presentato per motivi non più consentiti dalla legge, rappresentando quindi un utilizzo improprio dello strumento processuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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