Ricorso Inammissibile: Le Conseguenze della Decisione della Cassazione
Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma cosa accade se l’atto viene giudicato non idoneo a essere esaminato nel merito? Un’ordinanza recente della Suprema Corte fa luce sulle conseguenze economiche di un ricorso inammissibile, confermando un principio fondamentale della procedura penale: l’impugnazione non è priva di rischi.
I Fatti del Caso
Il caso analizzato trae origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione contro una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Napoli. L’imputato, tramite il suo difensore, ha cercato di ottenere l’annullamento della decisione di secondo grado. Il procedimento è giunto fino alla Settima Sezione Penale della Suprema Corte per la valutazione preliminare sulla sua ammissibilità.
La Decisione della Corte: il Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione, dopo aver sentito la relazione del Consigliere designato e dato avviso alle parti, ha emesso un’ordinanza dal contenuto netto e perentorio. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Questa declaratoria non entra nel merito delle ragioni esposte dal ricorrente, ma si ferma a un livello precedente: la Corte ha riscontrato la mancanza dei requisiti di legge che avrebbero permesso un esame approfondito del caso.
Di conseguenza, la Corte non solo ha respinto l’impugnazione, ma ha anche condannato il ricorrente a subire conseguenze patrimoniali significative. Nello specifico, è stato disposto il pagamento delle spese processuali e il versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni
Sebbene l’ordinanza in esame sia molto sintetica e non espliciti le specifiche cause di inammissibilità (che possono essere molteplici, come la tardività del ricorso, la genericità dei motivi o la proposizione di censure non consentite in sede di legittimità), la decisione di condannare il ricorrente alle spese e al pagamento di una sanzione pecuniaria deriva direttamente da una precisa disposizione di legge.
Il Codice di Procedura Penale stabilisce infatti che, in caso di rigetto o di inammissibilità del ricorso, la parte privata che lo ha proposto sia condannata alle spese del procedimento. Inoltre, quando l’impugnazione è dichiarata inammissibile, la legge prevede l’ulteriore condanna al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende. L’importo di tale somma viene determinato dal giudice in via equitativa, tenendo conto delle ragioni dell’inammissibilità. In questo caso, è stato fissato in 3.000 euro.
La ratio di questa norma è duplice: da un lato, scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente infondati o dilatori, che sovraccaricano inutilmente il sistema giudiziario; dall’altro, sanzionare l’abuso dello strumento processuale.
Le Conclusioni
La pronuncia in commento ribadisce un importante monito per chiunque intenda impugnare un provvedimento giudiziario. Il diritto di difesa e di accesso alla giustizia deve essere esercitato con responsabilità. La presentazione di un ricorso inammissibile non è un atto neutro, ma comporta precise conseguenze negative di natura economica. La condanna al pagamento delle spese processuali e della sanzione a favore della Cassa delle ammende rappresenta un costo concreto che deve essere attentamente valutato prima di adire la Suprema Corte. Questa decisione, quindi, serve a ricordare che il percorso giudiziario richiede non solo valide argomentazioni di merito, ma anche e soprattutto il rigoroso rispetto delle regole procedurali.
Cosa succede quando la Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile?
La Corte non esamina il merito della questione e respinge l’impugnazione, rendendo definitiva la sentenza impugnata.
Chi deve sostenere i costi in caso di ricorso penale inammissibile?
La parte che ha proposto il ricorso dichiarato inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento.
Ci sono altre sanzioni economiche oltre al pagamento delle spese processuali?
Sì, in caso di inammissibilità, il ricorrente è condannato anche al pagamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. Nell’ordinanza esaminata, tale somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22218 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22218 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a NAPOLI 11 14/02/1984
avverso la sentenza del 19/06/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
U
visti gli atti e la sentenza impugnata;
visto il ricorso di COGNOME Salvatore
OSSERVA
Rítenuto che il ricorso con cui si deducono vizi di motivazione e violazione di legge i
ordine alla mancata applicazione della causa di non punibilità
ex art. 131-bis cod. pen. è
riproduttivo di identica censura adeguatamente confutata dalla Corte di appello che ha valorizzato, ai fini della non scarsa offensività della condotta, la dinamica dell’accaduto
grado di colpevolezza, essendosi il ricorrente allontanato dal luogo di lavoro al solo fin acquistare un pacchetto di sigarette e non, come pure prospettato, generi alimentari;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della
Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 26/05/2025.