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Ricorso inammissibile: la Cassazione e le spese

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende, evidenziando le conseguenze di un’impugnazione priva di fondamento.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: quando e perché la Cassazione lo dichiara

L’ordinamento giuridico prevede diversi gradi di giudizio per garantire il diritto alla difesa, ma l’accesso a tali strumenti è subordinato al rispetto di precise regole. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione penale ci offre un chiaro esempio delle conseguenze di un ricorso inammissibile, sottolineando non solo i criteri di valutazione della Corte, ma anche le implicazioni economiche per chi intraprende un’azione legale senza solide basi. Questo caso specifico riguarda un ricorso presentato contro una sentenza della Corte d’Appello, giudicato dalla Cassazione come manifestamente infondato.

Il caso: un appello davanti alla Suprema Corte

Un cittadino ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione avverso una sentenza emessa da una Corte d’Appello. L’obiettivo era ottenere l’annullamento della decisione di secondo grado, ritenuta ingiusta o errata. Il caso è stato esaminato dalla settima sezione penale della Corte, che ha proceduto a valutare i presupposti di ammissibilità dell’impugnazione prima ancora di entrare nel merito delle questioni sollevate.

La decisione della Corte sul ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha concluso che il ricorso dovesse essere dichiarato inammissibile. Questa decisione non si è basata su una rianalisi dei fatti di causa, ma su una valutazione preliminare della fondatezza e della correttezza formale e sostanziale dell’impugnazione stessa. La Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza impugnata fosse ‘completa, logica e giuridicamente ineccepibile’, rendendo di fatto il ricorso privo di qualsiasi appiglio legale valido.

L’assenza di attività della parte civile

Un aspetto interessante affrontato dall’ordinanza riguarda la posizione della parte civile. La Corte ha specificato che, nonostante la parte civile fosse costituita, non le sono state liquidate le spese. La ragione risiede nel fatto che la parte civile non ha svolto alcuna attività processuale concreta per contrastare le argomentazioni del ricorrente. Secondo la giurisprudenza citata (sentenza n. 36535 del 2021), per ottenere la liquidazione delle spese, non è sufficiente la mera costituzione, ma è necessaria una partecipazione attiva, anche solo tramite memorie scritte, che fornisca un ‘utile contributo’ alla decisione.

Le conseguenze economiche dell’inammissibilità

La dichiarazione di inammissibilità ha comportato due importanti conseguenze economiche a carico del ricorrente:
1. Condanna al pagamento delle spese processuali: Il ricorrente è stato obbligato a rimborsare allo Stato i costi sostenuti per la gestione del procedimento in Cassazione.
2. Versamento alla Cassa delle ammende: È stata disposta la condanna al pagamento di una somma, fissata in euro tremila, in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria è prevista per scoraggiare ricorsi palesemente infondati che appesantiscono inutilmente il lavoro della giustizia.

Le motivazioni della Corte

Le motivazioni alla base della decisione sono state chiare e dirette. In primo luogo, la Corte ha riconosciuto la piena validità della sentenza d’appello, le cui argomentazioni erano state ritenute esaustive e corrette sotto ogni profilo. Non sussistevano, quindi, i presupposti per una riconsiderazione da parte della Suprema Corte. In secondo luogo, la decisione sulle spese della parte civile si fonda su un principio di effettività: la rifusione delle spese legali è legata a un’attività difensiva concreta, non a una presenza puramente formale nel processo. Infine, la condanna alla Cassa delle ammende funge da deterrente, sanzionando l’abuso dello strumento processuale del ricorso in Cassazione.

Conclusioni: cosa impariamo da questa ordinanza

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Proporre un ricorso senza validi motivi, basandosi su argomentazioni già respinte in modo coerente nei gradi precedenti, espone al rischio concreto non solo di una declaratoria di ricorso inammissibile, ma anche di significative sanzioni economiche. È un monito sull’importanza di una valutazione attenta e professionale prima di impugnare una sentenza, per evitare di aggravare la propria posizione processuale ed economica.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Sulla base del provvedimento, un ricorso viene dichiarato inammissibile quando la motivazione della sentenza impugnata è ritenuta completa, logica e giuridicamente ineccepibile, rendendo l’impugnazione priva di fondamento.

Perché non sono state liquidate le spese in favore della parte civile?
Le spese non sono state liquidate perché la parte civile non ha svolto un’attività processuale attiva ed efficace, come la presentazione di memorie scritte, per contrastare le argomentazioni del ricorrente e contribuire utilmente alla decisione della Corte.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver promosso un’impugnazione infondata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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