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Ricorso inammissibile: la Cassazione e la sanzione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile in quanto mera riproposizione di censure di fatto già esaminate in appello. L’ordinanza conferma che un ricorso palesemente infondato comporta la condanna degli imputati non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a una sanzione pecuniaria di tremila euro ciascuno, in applicazione dei principi stabiliti dalla Corte Costituzionale.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello Costa Caro

Presentare un ricorso alla Suprema Corte di Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non è una via percorribile per ogni tipo di contestazione. Un’ordinanza recente ci offre un chiaro esempio di quando un ricorso inammissibile non solo viene respinto, ma comporta anche significative sanzioni economiche per chi lo propone. Comprendere i limiti del giudizio di legittimità è fondamentale per evitare conseguenze negative.

I Fatti di Causa

Il caso analizzato trae origine dal ricorso presentato da due imputati avverso una sentenza della Corte d’Appello di Roma. Essi contestavano la decisione di secondo grado, sperando di ottenere un annullamento o una riforma della loro condanna. A sostegno delle loro ragioni, hanno presentato le loro argomentazioni alla Corte di Cassazione, arricchendole anche con una memoria contenente motivi nuovi.

La Decisione sul Ricorso Inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, dopo aver esaminato gli atti, ha emesso un’ordinanza lapidaria: i ricorsi sono dichiarati inammissibili. Questa decisione non entra nel merito delle accuse, ma si ferma a un livello precedente, quello procedurale. La conseguenza di questa declaratoria non è solo la conferma della sentenza impugnata, ma anche la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in aggiunta, di una somma di tremila euro ciascuno a favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile per una ragione precisa e ricorrente nella prassi giudiziaria: i motivi proposti erano costituiti da ‘mere doglianze in punto di fatto’. In altre parole, gli imputati non contestavano errori di diritto commessi dalla Corte d’Appello, ma tentavano di ottenere dalla Cassazione una nuova valutazione delle prove e dei fatti, un compito che non spetta alla Suprema Corte. I giudici hanno sottolineato che le censure erano ‘meramente riproduttive’ di argomenti già adeguatamente analizzati e respinti con ‘corretti argomenti giuridici’ nella sentenza di secondo grado (come evidenziato nelle pagine da 7 a 13 della stessa).

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La pronuncia è un monito importante: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. È un giudizio di ‘legittimità’, volto a verificare la corretta applicazione della legge. Quando un ricorso si limita a riproporre le stesse questioni di fatto già vagliate, si espone a una quasi certa declaratoria di inammissibilità. La condanna alla sanzione pecuniaria si fonda sul principio, richiamato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 186 del 2000, secondo cui chi propone un ricorso con colpa, ovvero senza una seria possibilità di accoglimento, contribuisce a intasare il sistema giudiziario e deve quindi sopportarne le conseguenze economiche. Questa ordinanza ribadisce che l’abuso dello strumento processuale ha un costo, e non solo in termini di spese legali.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. La decisione impugnata diventa definitiva e, come nel caso di specie, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Perché il ricorso in questo caso è stato giudicato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché le argomentazioni presentate erano semplici ‘doglianze in punto di fatto’, ovvero una richiesta di rivalutare le prove, e non una critica su errori di diritto. Inoltre, tali argomentazioni erano una mera ripetizione di quelle già correttamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello.

Su quale base la Corte può imporre una sanzione pecuniaria oltre alle spese processuali?
La Corte si basa sul principio stabilito dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 186 del 2000), secondo cui la sanzione è applicabile quando non si può ritenere che il ricorrente abbia proposto il ricorso ‘senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’. In sostanza, si sanziona la presentazione di un ricorso palesemente infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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