Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25847 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25847 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 29/09/1980
avverso la sentenza del 03/07/2024 del GIUDICE COGNOME PRELIMINARE di IMPERIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso la sentenza in epigrafe, con cui il
Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Imperia applicava, ex
art. 444
cod. proc. pen., a Ridha Hosni la pena di tre anni, quattro mesi reclusione e
180.000,00 euro di multa, per i reati di cui ai capi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 9, oggetto di contestazione.
Ritenuto che, nelle ipotesi di applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice ha il dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e la
congruità della pena richiesta e di applicarla, dopo avere accertato che non emerga in modo evidente una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129 cod. proc.
pen.
Ritenuto che, tenuto conto di questi parametri, le doglianze proposte appaiono prive di specificità e manifestamente infondate, in ragione del fatto che il Giudice
dell’udienza preliminare del Tribunale di Imperia, oltre a qualificare correttamente i fatti di reato contestati a NOME COGNOME si soffermava in termini congrui
sull’univocità del compendio probatorio che era stato acquisito nei suoi confronti, richiamando le fonti di prova acquisite nei confronti dell’imputato.
Ritenuto che il percorso argomentativo seguito dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Imperia, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, ex art. 444 cod. proc. pen., risulta pienamente adeguato ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (tra le altre, Sez. U, n. 3 del 25/11/1998, Messina, Rv. 212438 – 01).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinata in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 3 luglio 2025.