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Ricorso inammissibile: la Cassazione e i limiti del giudizio

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una sentenza della Corte d’Appello di Bologna. Il motivo del rigetto risiede nel fatto che le censure del ricorrente riguardavano la determinazione della pena, un aspetto di merito non sindacabile in sede di legittimità quando la motivazione della sentenza impugnata è considerata sufficiente e non illogica. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione definisca i confini del proprio giudizio, ribadendo un principio fondamentale del nostro sistema processuale: non tutto può essere ridiscusso in sede di legittimità. Quando un ricorso inammissibile viene presentato, le conseguenze per il ricorrente possono essere significative, non solo in termini di esito della causa ma anche economici. Analizziamo questa decisione per comprendere meglio i limiti dell’appello alla Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bologna. L’imputato, non soddisfatto della decisione dei giudici di secondo grado, decideva di portare la questione dinanzi alla Corte di Cassazione, ultimo grado di giudizio del nostro ordinamento. Le doglianze sollevate nel ricorso si concentravano specificamente sulla determinazione del trattamento punitivo, ovvero sulla quantificazione della pena ritenuta ingiusta o sproporzionata.

La Decisione della Corte sul ricorso inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello preliminare, stabilendo che il ricorso non possiede i requisiti necessari per essere giudicato. La conseguenza diretta di questa declaratoria è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore dell’ordinanza risiede nelle motivazioni che hanno portato alla declaratoria di inammissibilità. La Corte ha chiarito che i motivi addotti dal ricorrente non erano “consentiti dalla legge in sede di legittimità”.

Il giudizio della Cassazione, infatti, non è un terzo grado di merito. La Suprema Corte non può riesaminare i fatti del processo o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici delle istanze precedenti. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica, coerente e completa.

Nel caso specifico, le critiche del ricorrente riguardavano il trattamento punitivo. Tuttavia, la Corte ha osservato che la sentenza della Corte d’Appello era “sorretta da sufficiente e non illogica motivazione” e aveva preso in adeguato esame le argomentazioni difensive. In altre parole, i giudici d’appello avevano spiegato in modo adeguato perché avevano scelto quella specifica pena, e questa spiegazione non presentava vizi logici o giuridici tali da giustificare un intervento della Cassazione.

Tentare di rimettere in discussione la quantificazione della pena, quando questa è frutto di una valutazione ben motivata dal giudice di merito, si traduce in una richiesta di riesame dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un’importante lezione per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione di un giudice d’appello per ottenere un annullamento. È necessario individuare specifici vizi di legittimità: errori nell’applicazione della legge o palesi illogicità nella motivazione.

Un ricorso basato esclusivamente su doglianze di merito, come la presunta eccessività della pena, senza evidenziare un vero errore di diritto, è destinato a essere dichiarato inammissibile. Le conseguenze, come visto, non sono solo la conferma della condanna, ma anche l’aggiunta di ulteriori oneri economici a carico del ricorrente. Pertanto, un’attenta valutazione dei motivi di ricorso è essenziale per evitare un esito sfavorevole e ulteriori spese.

Per quale motivo principale il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti non erano consentiti dalla legge in sede di legittimità, in quanto riguardavano la determinazione del trattamento punitivo, che è una valutazione di merito, a fronte di una sentenza d’appello ritenuta sorretta da una motivazione sufficiente e non illogica.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La Corte di Cassazione ha riesaminato la congruità della pena applicata dalla Corte d’Appello?
No, la Corte di Cassazione non ha riesaminato la congruità della pena, poiché il suo ruolo è quello di giudice di legittimità e non di merito. Ha unicamente verificato che la motivazione della sentenza impugnata riguardo al trattamento punitivo fosse adeguata e priva di vizi logici, concludendo in senso affermativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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