Ricorso inammissibile: quando una questione è già stata decisa
L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi offre un chiaro esempio di come il sistema giudiziario eviti di pronunciarsi più volte sulle medesime questioni, dichiarando un ricorso inammissibile. Questo principio, noto come ne bis in idem processuale, garantisce la certezza del diritto e l’efficienza della giustizia. Il caso riguarda un imputato che ha tentato di contestare nuovamente una decisione di correzione di errore materiale, nonostante la Suprema Corte si fosse già espressa in precedenza sulla stessa vicenda.
Il Caso: La Correzione di un Errore sulla Pena
La vicenda processuale ha origine da una sentenza emessa il 13 aprile 2018. Nel dispositivo letto in udienza, per un mero errore materiale, la pena inflitta all’imputato era stata indicata in dieci anni di reclusione, anziché i trent’anni correttamente deliberati. La Corte di Assise di Appello, accortasi della svista, aveva avviato la procedura di correzione dell’errore materiale.
L’imputato aveva già presentato un primo ricorso contro la correzione, ma la Corte di Cassazione, con un’ordinanza del 28 settembre 2023, lo aveva dichiarato inammissibile. Nonostante ciò, l’imputato ha proposto un nuovo ricorso avverso un’ordinanza successiva del 27 ottobre 2023, che dava concreta attuazione alla precedente decisione di correzione. Il nuovo ricorso, di fatto, riproponeva la medesima questione già affrontata e risolta.
La Decisione della Cassazione: il ricorso inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il nuovo ricorso e lo ha liquidato rapidamente, confermando un principio fondamentale della procedura penale.
Le Motivazioni della Corte
I giudici di legittimità hanno rilevato che la questione al centro del ricorso era già stata “affrontata e risolta” dalla stessa Corte con la precedente ordinanza. La nuova impugnazione non faceva altro che riproporre doglianze su un punto ormai definito. Pertanto, la Corte non poteva che dichiarare la palese inammissibilità del ricorso. Questa decisione si fonda sulla necessità di evitare un abuso degli strumenti processuali e di garantire che una decisione, una volta divenuta definitiva, non possa essere continuamente rimessa in discussione. La Corte ha inoltre condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione aggiuntiva viene applicata quando non emergono elementi che possano scusare la condotta del ricorrente, la cui colpa nel proporre un’impugnazione palesemente infondata è presunta.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La pronuncia in esame ribadisce un concetto cruciale: non è possibile utilizzare lo strumento del ricorso per Cassazione per contestare all’infinito una decisione, specialmente quando la Corte si è già espressa sulla medesima questione. Un ricorso inammissibile non solo non viene esaminato nel merito, ma comporta anche conseguenze economiche significative per chi lo propone, come la condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. Questa ordinanza serve da monito sull’importanza di valutare attentamente i presupposti di un’impugnazione, evitando di intraprendere iniziative legali destinate a un sicuro fallimento e che non fanno altro che appesantire il lavoro della giustizia.
Cosa succede se si presenta un ricorso su una questione già decisa dalla Cassazione?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte non riesamina il merito della questione perché questa è già stata affrontata e risolta con una precedente decisione, in applicazione del principio che impedisce di giudicare più volte sulla stessa cosa.
È possibile correggere un errore materiale in una sentenza dopo la sua pronuncia?
Sì, la legge prevede una procedura specifica per la correzione degli errori materiali (come un errore di calcolo o una svista nella trascrizione della pena), a condizione che l’errore non incida sul ragionamento logico-giuridico che ha portato alla decisione.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Chi propone un ricorso dichiarato inammissibile viene condannato al pagamento delle spese processuali e, in assenza di elementi che escludano la sua colpa, al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, il cui importo in questo caso è stato fissato in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30415 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30415 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/10/2023 della CORTE ASSISE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata;
letti i motivi del ricorso;
rilevato che la questione decisa dalla Corte di assise di appello con il provvedimento, qui contestato, del 15 novembre 2023 – con il quale è stata disposta la correzione dell’errore materiale contenuto nel dispositivo, letto in udienza, della sentenza resa nei confronti di NOME COGNOME il 13 aprile 2018, mediante indicazione della pena irrigatagli in trenta (anziché dieci) anni di reclusione – è già stata affrontata e risolta da questa Corte che, con ordinanza del 28 settembre 2023, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso proposto da COGNOME avverso la precedente ordinanza del 10 maggio 202.3, alla quale qui impugnata ha dato concreta attuazione;
che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 04/04/2024.