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Ricorso inammissibile: il ne bis in idem esecutivo

La Cassazione dichiara un ricorso inammissibile in quanto mera riproposizione di un’istanza già rigettata. La richiesta, basata sugli stessi elementi, viola il principio del ne bis in idem applicabile in fase esecutiva, portando alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una multa.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: quando una richiesta è solo una ripetizione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: non si può chiedere al giudice di pronunciarsi più volte sulla stessa questione. Quando un ricorso si rivela una semplice fotocopia di una richiesta già respinta, la conseguenza è una declaratoria di ricorso inammissibile, con annesse sanzioni pecuniarie. Analizziamo questa decisione per capire i limiti del diritto di impugnazione in fase esecutiva.

I fatti del caso

Un soggetto, già condannato, presentava un’istanza al giudice dell’esecuzione chiedendo di rideterminare la data di un episodio estorsivo per cui era stato giudicato. Questa richiesta, tuttavia, era già stata avanzata in passato e respinta con una motivazione dettagliata. Il giudice precedente aveva infatti stabilito che il reato si era protratto per un lungo periodo, dal 1994 fino al 2006, rendendo irrilevante il tentativo del condannato di fissare l’inizio del fatto in un anno specifico (prima il 1999, poi il 1994) per ottenere dei benefici.

Nonostante la precedente decisione, il condannato ha riproposto la medesima questione alla Corte d’Appello, che ha nuovamente respinto la richiesta. Contro questa decisione, è stato presentato ricorso in Cassazione.

La decisione sul ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno evidenziato come il ricorrente non abbia introdotto alcun nuovo elemento di valutazione rispetto alla precedente istanza. Il tentativo di modificare la data del reato da 1999 a 1994 non costituisce una novità, poiché il giudice di merito aveva già ampiamente motivato sul fatto che il crimine si era protratto ben oltre entrambe le date, fino al 2006. Pertanto, il ricorso è stato qualificato come una mera riproposizione di una questione già decisa, in violazione del principio del ne bis in idem processuale.

Le Motivazioni: il principio del “Ne Bis in Idem” esecutivo

La motivazione della Corte si fonda sul principio del ne bis in idem, che non si applica solo al divieto di un secondo processo per lo stesso fatto (art. 649 c.p.p.), ma permea l’intero ordinamento processuale, inclusa la fase di esecuzione della pena. L’articolo 666, comma 2, del codice di procedura penale stabilisce che il giudice dell’esecuzione deve dichiarare inammissibile una richiesta che si basi sui “medesimi elementi” di una già rigettata.

Questo meccanismo, noto come “preclusione processuale”, serve a garantire la stabilità e la definitività delle decisioni giudiziarie, evitando che i processi possano protrarsi all’infinito attraverso la riproposizione seriale delle stesse questioni. La Corte ha chiarito che per superare tale preclusione non è sufficiente modificare un dettaglio irrilevante, ma è necessario presentare elementi di novità sostanziali che non siano stati (o non potessero essere stati) valutati in precedenza.

Le Conclusioni: implicazioni pratiche della pronuncia

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma che la fase esecutiva non è una terza o quarta istanza di giudizio dove ridiscutere il merito della condanna. In secondo luogo, un ricorso inammissibile non è privo di conseguenze: ai sensi dell’art. 616 c.p.p., il ricorrente è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000,00 euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione ha lo scopo di disincentivare impugnazioni dilatorie o palesemente infondate, che abusano degli strumenti processuali e appesantiscono il sistema giudiziario. La decisione sottolinea, quindi, la necessità di presentare istanze fondate su elementi concreti e nuovi per evitare sanzioni economiche e una sicura declaratoria di inammissibilità.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché era una mera riproposizione di una richiesta già esaminata e respinta in precedenza, senza che venissero presentati nuovi elementi di fatto o di diritto. La modifica della data del reato è stata ritenuta irrilevante ai fini della decisione.

Cosa significa il principio del “ne bis in idem” nella fase esecutiva?
Significa che, una volta che il giudice dell’esecuzione ha deciso su una determinata questione, la stessa richiesta non può essere ripresentata se si basa sui medesimi elementi. Questo principio, sancito dall’art. 666, comma 2, c.p.p., garantisce la stabilità delle decisioni e impedisce l’abuso degli strumenti processuali.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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