Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta
Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio, una fase delicata dove non si discutono più i fatti, ma la corretta applicazione della legge. Tuttavia, per accedere a questo esame, l’atto di impugnazione deve rispettare requisiti formali rigorosi. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga respinto per vizi procedurali, evidenziando due errori comuni: la mancanza di specificità e la proposizione di motivi nuovi.
I Fatti del Caso: Un Ricorso Contro la Sentenza d’Appello
Due sorelle, condannate nei gradi precedenti, proponevano ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Firenze. Il loro atto si basava su due motivi principali. Il primo contestava la valutazione del riconoscimento effettuato dalla persona offesa. Il secondo, sollevato solo da una delle due, riguardava l’errata applicazione di una circostanza aggravante.
La Decisione della Corte di Cassazione: Il Ricorso è Inammissibile
La Corte di Cassazione, senza entrare nel merito delle questioni, ha dichiarato entrambi i motivi, e di conseguenza l’intero ricorso, inammissibili. La decisione si fonda su principi consolidati della procedura penale che disciplinano la forma e la sostanza degli atti di impugnazione. Esaminiamo nel dettaglio le ragioni di questa pronuncia.
Primo Motivo: La Mancanza di Specificità del Ricorso Inammissibile
Il primo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile per difetto di specificità. La Corte ha sottolineato che l’atto non creava una reale correlazione tra le argomentazioni della difesa e le motivazioni contenute nella sentenza d’appello. In altre parole, il ricorso si limitava a riproporre le proprie tesi senza confrontarsi criticamente con quanto deciso e motivato dal giudice precedente.
La legge, in particolare l’art. 591 del codice di procedura penale, stabilisce che un motivo di ricorso è inammissibile se è generico. La giurisprudenza ha chiarito che la genericità non è solo vaghezza, ma anche l’incapacità di ‘dialogare’ con la sentenza impugnata. Un ricorso efficace deve smontare punto per punto il ragionamento del giudice, non ignorarlo.
Secondo Motivo: I Motivi Nuovi in Sede di Legittimità
Il secondo motivo, relativo all’applicazione di una circostanza aggravante per una delle ricorrenti, è stato anch’esso dichiarato inammissibile, ma per una ragione diversa: era un ‘motivo nuovo’. La Corte ha rilevato che tale censura non era stata sollevata nel precedente atto di appello.
Il giudizio di Cassazione, definito ‘sede di legittimità’, non è il luogo per introdurre per la prima volta questioni che dovevano essere discusse nei gradi di merito. Salvo casi eccezionali, le parti devono presentare tutte le loro doglianze al giudice d’appello. Introdurre un argomento inedito davanti alla Cassazione è una strategia proceduralmente scorretta che porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte si articola su due pilastri procedurali fondamentali. Primo, il principio di specificità, che impone alla parte impugnante un confronto critico e argomentato con la decisione che intende contestare. Non è sufficiente esprimere un generico dissenso, ma è necessario indicare con precisione le parti della sentenza che si ritengono errate e perché. Secondo, il principio devolutivo, secondo cui il giudizio di impugnazione è limitato alle questioni sollevate nei motivi. Introdurre motivi nuovi in Cassazione viola questo principio e snatura la funzione della Suprema Corte, che è quella di controllore della legge, non di giudice di terza istanza sui fatti.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa
Questa ordinanza è un monito per ogni difensore. La preparazione di un ricorso, specialmente per la Cassazione, richiede un’analisi meticolosa della sentenza impugnata e una costruzione argomentativa che risponda direttamente alle motivazioni del giudice. Ignorare questo dialogo critico o tentare di introdurre tardivamente nuove questioni si traduce non solo nel rigetto del ricorso, ma anche in una condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie con la condanna al versamento di 3.000 euro ciascuna alla Cassa delle ammende. La cura formale e sostanziale dell’atto di impugnazione è, dunque, non solo una questione di tecnica giuridica, ma un presupposto essenziale per la tutela effettiva dei diritti.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile, come nel caso esaminato, se i motivi presentati sono privi di specificità, cioè non si confrontano criticamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, oppure se introducono per la prima volta questioni che non sono state sollevate nel precedente grado di appello.
Cosa significa che un motivo di ricorso è privo di specificità?
Significa che il motivo è generico o non stabilisce una correlazione diretta tra le ragioni addotte nel ricorso e quelle esposte nella decisione del giudice precedente. In pratica, l’atto di impugnazione non può ignorare le motivazioni della sentenza, ma deve contestarle punto per punto per essere considerato specifico.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La conseguenza principale è che la Corte non esamina il merito della questione. Inoltre, la parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria da versare alla Cassa delle ammende, che in questo caso ammontava a 3.000 euro per ciascuna ricorrente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45754 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45754 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato a PISTOIA il 20/09/1988
NOME COGNOME nato a PISTOIA il 15/03/1992
avverso la sentenza del 16/04/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letti i ricorsi proposti nell’interesse di COGNOME e COGNOME NOME con un unico atto e la memoria del 7/10/2024, considerato che il primo motivo che deduce violazione di legge in ordine al riconoscimento effettuato dalla persona offesa, è manchevole dell’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata (si veda, in particolare, pag. 6 della sentenza impugnata) e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato. Va, in proposito, rammentato il principio di diritto secondo il quale la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, queste non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità, che comporta, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., l’inammissibilità;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, che riguarda la sola COGNOME, con cui si lamenta la violazione di legge in relazione all’applicazione della circostanza aggravante di cui all’art. 99 comma quarto cod. pen., non è consentito in sede di legittimità, perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello, come si evince dalla esposizione dei motivi di gravame riportata nella sentenza impugnata (si vedano le pagine 4 e 5), che la ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto;
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2024.