Ricorso Inammissibile: Guida ai Requisiti Essenziali secondo la Cassazione
Un ricorso inammissibile rappresenta uno degli esiti più frustranti per chi cerca giustizia nell’ultimo grado di giudizio. Non si entra nel merito della questione, ma ci si ferma di fronte a un muro procedurale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come la forma, nel diritto, sia sostanza. Il caso riguarda una persona condannata per furto aggravato, il cui tentativo di contestare la sentenza si è infranto contro i rigorosi paletti del codice di procedura penale. Analizziamo insieme perché il suo ricorso è stato respinto e quali lezioni possiamo trarne.
I Fatti del Caso: Dal Furto Aggravato al Ricorso in Cassazione
La vicenda processuale ha origine da una condanna per furto aggravato emessa in primo grado e successivamente confermata dalla Corte di Appello di Palermo. La persona imputata, ritenendo la decisione ingiusta, ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, l’organo supremo della giurisdizione italiana. Il ricorso era basato su due principali motivi di doglianza: il primo contestava la valutazione delle prove, ritenuta illogica e contraddittoria; il secondo lamentava l’errata applicazione delle circostanze aggravanti.
La Decisione della Corte e il ricorso inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, senza nemmeno entrare nell’analisi del merito della colpevolezza dell’imputata. La decisione si fonda su due distinte ragioni, una per ciascun motivo di ricorso presentato.
Il Primo Motivo: La Genericità che Annulla la Difesa
Il primo motivo, relativo alla presunta illogicità della motivazione della Corte d’Appello, è stato giudicato generico. Secondo i giudici supremi, la ricorrente non ha rispettato il requisito previsto dall’art. 581, comma 1, lettera c) del codice di procedura penale. Questa norma impone a chi impugna una sentenza di indicare specificamente gli elementi su cui si fonda la propria critica. Non è sufficiente affermare che la motivazione è sbagliata; è necessario spiegare perché, individuando i passaggi illogici e le prove che sarebbero state travisate. In assenza di tale specificità, il ricorso si trasforma in una mera lamentela, impedendo alla Corte di Cassazione di esercitare il proprio controllo di legittimità.
Il Secondo Motivo: Le Questioni Nuove non Ammesse in Cassazione
Il secondo motivo di ricorso è inciampato in un altro ostacolo procedurale, sancito dall’art. 606, comma 3 del codice di procedura penale. La ricorrente si doleva dell’applicazione delle circostanze aggravanti, ma questa specifica censura non era stata sollevata nel precedente atto di appello. La legge stabilisce chiaramente che non è possibile presentare per la prima volta in Cassazione delle questioni che non sono state sottoposte al giudice del secondo grado. Questo principio serve a garantire la gradualità del giudizio e a evitare che la Cassazione si trasformi in un terzo grado di merito, dovendo esaminare questioni mai prima dibattute.
Le Motivazioni della Corte
Le motivazioni alla base dell’ordinanza ribadiscono due principi cardine del processo penale d’impugnazione. In primo luogo, il ricorso per cassazione non è un’occasione per una terza valutazione dei fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge (controllo di legittimità). Pertanto, i motivi devono essere precisi, specifici e puntuali, evidenziando errori di diritto o vizi logici manifesti e non semplicemente proponendo una diversa lettura delle prove. In secondo luogo, il sistema processuale è strutturato per gradi. Le questioni devono essere devolute gradualmente, e ciò che non viene contestato in appello si considera accettato, non potendo essere ‘recuperato’ nel giudizio di legittimità. La mancata deduzione di un motivo in appello ne preclude la presentazione in Cassazione, rendendo il relativo motivo di ricorso inammissibile.
Conclusioni
Questa pronuncia è un monito sull’importanza della tecnica processuale. Anche in presenza di ragioni potenzialmente valide nel merito, un errore nella formulazione dell’atto di impugnazione può essere fatale. La genericità delle censure e la proposizione di questioni nuove in sede di legittimità sono errori che conducono inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Per l’imputata, ciò ha significato non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’ulteriore onere del pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. La vicenda sottolinea come la difesa tecnica richieda non solo conoscenza del diritto sostanziale, ma anche un’assoluta padronanza delle regole procedurali che governano il processo.
Perché un ricorso può essere dichiarato inammissibile per genericità?
Un ricorso è considerato generico, e quindi inammissibile, quando non rispetta i requisiti dell’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., ovvero non indica in modo specifico gli elementi e le ragioni alla base della censura. Non basta affermare che la motivazione è errata, ma bisogna spiegare nel dettaglio perché, consentendo così al giudice di individuare i rilievi e di esercitare il proprio controllo.
È possibile presentare in Cassazione un motivo di critica non sollevato in Appello?
No. Secondo l’art. 606, comma 3 cod. proc. pen., come evidenziato nel provvedimento, un motivo di ricorso è inammissibile se la relativa questione non è stata precedentemente dedotta nei motivi di appello, salvo casi eccezionali non presenti in questa vicenda.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
La parte che ha proposto il ricorso dichiarato inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questo specifico caso, la somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12047 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12047 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/06/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
1.Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo che ha confermato la pronunzia di primo grado con la quale la ricorrente era stata ritenuta responsabile del delitto di furto aggravato;
Considerato che il primo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente denunzia la manifesta illogicità e la contraddittorietà della motivazione in ordine alla valutazione della piattaforma probatoria, è generico per indeterminatezza perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. A fronte di un motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato;
3.Considerato che il secondo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente lamenta l’applicazione delle contestate circostanze aggravanti non è consentito in sede di legittimità perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince anche dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda pag. 1);
4.Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso il 07 febbraio 2024.