Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3130 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3130 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a VASTO il 08/04/1988
avverso la sentenza del 04/12/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 4 dicembre 2023 la Corte di appello di L’Aquila ha confermato la pronuncia del Tribunale di Vasto del 16 dicembre 2021 con cui NOME NOME era stato condannato alla pena di mesi sei di arresto ed euro 2.500,00 di ammenda in ordine al reato di cui all’art. 116, comma 15, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con tre distinti motivi: violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo al disposto riconoscimento della sua responsabilità penale; violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’omesso accoglimento della richiesta di sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Con riferimento, in primo luogo, alle censure eccepite con il primo e il terzo motivo di ricorso, deve essere osservato come esse, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale in replica alle analoghe doglianze eccepite con l’atto di appello – con la quale sono state rappresentate le ragioni di riconoscimento della penale responsabilità dell’imputato (pp. 2 e s. della sentenza impugnata) e di assenza dei presupposti per la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria (cfr. p. 3) reiterino le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò
solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838-01).
2.2. Del pari inammissibile è la doglianza eccepita con il secondo motivo di ricorso, osservato che la motivazione resa dalla Corte di appello (cfr. p. 3) ben rappresenta e giustifica, in punto di diritto, le ragioni per cui il giudice di secondo grado ha ritenuto di negare all’imputato il riconoscimento del beneficio ex art. 62-bis cod. pen., esprimendo una motivazione priva di vizi logici e coerente con le emergenze processuali, in quanto tale insindacabile in sede di legittimità (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME e altri, Rv. 242419-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 18 settembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presiqente