Ricorso Inammissibile: Quando la Genericità Costa Cara
Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultima fase del processo penale, un momento cruciale in cui la difesa tenta di ribaltare una condanna. Tuttavia, per essere esaminato nel merito, l’atto deve rispettare requisiti di forma e sostanza molto stringenti. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ci ricorda come un ricorso inammissibile a causa della sua genericità non solo sia destinato al fallimento, ma comporti anche conseguenze economiche per chi lo propone.
I Fatti del Caso
Una donna, condannata dalla Corte d’Appello, decideva di presentare ricorso per Cassazione contro la sentenza. Tra i motivi addotti, lamentava una presunta violazione del suo diritto di difesa, sostenendo di non aver potuto partecipare a un’udienza cruciale perché sottoposta alla misura degli arresti domiciliari nell’ambito di un altro procedimento. L’appello, quindi, mirava a contestare la correttezza della pronuncia impugnata sia dal punto di vista procedurale sia sostanziale.
La Decisione sul Ricorso Inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha analizzato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. I giudici hanno ritenuto che i motivi proposti fossero manifestamente infondati, generici e aspecifici. Di conseguenza, non solo hanno respinto il ricorso, ma hanno anche condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro a favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Corte
La decisione si fonda su principi cardine della procedura penale. In primo luogo, la Corte ha evidenziato come i motivi del ricorso fossero del tutto generici, senza specificare in modo chiaro le ragioni di fatto e di diritto della doglianza. L’atto non si confrontava minimamente con le argomentazioni logiche e probatorie su cui si basava la sentenza della Corte d’Appello, limitandosi a una critica superficiale. Questo comportamento processuale viola l’art. 591, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale, che sanziona con l’inammissibilità i ricorsi privi di motivi specifici.
In secondo luogo, è stato sottolineato un punto fondamentale: il principio di autosufficienza del ricorso. La ricorrente aveva affermato di essere agli arresti domiciliari, ma non aveva prodotto alcuna documentazione a sostegno di tale affermazione. La Corte ha chiarito che non è suo compito ricercare prove che la parte avrebbe dovuto allegare. Il ricorso deve contenere in sé tutti gli elementi per essere valutato. Mancando tale prova, la presunta violazione del diritto di difesa è rimasta una mera allegazione non dimostrata.
Infine, i giudici hanno ribadito che la sede di legittimità non consente un riesame dei fatti. Non è possibile chiedere alla Cassazione una diversa ‘lettura’ delle prove già congruamente e logicamente valutate nei gradi di merito. Il suo ruolo è verificare la corretta applicazione della legge e l’assenza di vizi logici nella motivazione, non di sostituirsi al giudice di merito nella ricostruzione dei fatti.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre una lezione importante: l’impugnazione di una sentenza, specialmente in Cassazione, richiede un’estrema precisione tecnica. Non basta lamentare un’ingiustizia; è necessario articolare motivi specifici, confrontarsi punto per punto con la decisione che si contesta e, soprattutto, fornire le prove di quanto si afferma, nel rispetto del principio di autosufficienza. Un ricorso generico e non supportato da prove è un ricorso inammissibile, destinato a essere respinto con l’ulteriore aggravio di spese e sanzioni pecuniarie.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano del tutto generici e aspecifici, non specificando le ragioni di doglianza in fatto e in diritto e non confrontandosi con le argomentazioni della sentenza impugnata, in violazione dell’art. 591, comma 1, lettera c) del codice di procedura penale.
Cosa significa ‘principio di autosufficienza del ricorso’ in questo caso?
Significa che la ricorrente avrebbe dovuto allegare al ricorso la documentazione che provasse la sua sottoposizione agli arresti domiciliari. Avendolo solo affermato senza produrre prove, ha violato il principio secondo cui il ricorso deve contenere tutti gli elementi necessari per la sua valutazione, senza che il giudice debba cercarli altrove.
Quali sono state le conseguenze economiche per la ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro a favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 270 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 270 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 23/11/2023
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe indicata, recante l’affermazione di responsabilità in ordine al reato di c all’imputazione, è inammissibile.
Infatti, contrariamente a quanto dedotto, la pronunzia impugnata reca appropriata motivazione, basata su definite e significative acquisizioni probatorie ed immune da vizi logico-giuridici, anche in punto di trattamento sanzionatorio.
I motivi proposti sono manifestamente inammissibili ex art. 591, comma 1, lettera c), cod. proc. pen., in quanto del tutto generici e aspecifici, specificando le ragioni di doglianza in fatto e in diritto e non confrontandosi in alc modo con le argomentazioni della sentenza impugnata.
In particolare, la dedotta violazione del diritto di difesa all’udienza 26.9.2022 è stata allegata ma non provata mediante produzione di documentazione attestante la sottoposizione dell’imputata alla misura degli arresti domiciliari in al procedimento, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso. Non risult specificato in cosa consisterebbe il vizio di motivazione della sentenza, né è consentito in questa sede riesaminare i dati probatori per una diversa “lettura” dei fatti, congruamente e logicamente ricostruiti nella sentenza impugnata.
Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di C 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 novembre 2023
Il Cons e estensore