Ricorso Inammissibile: La Necessità di Motivi Specifici secondo la Cassazione
Nel processo penale, l’atto di impugnazione rappresenta uno strumento fondamentale per la tutela dei diritti della difesa. Tuttavia, la sua efficacia è subordinata al rispetto di precisi requisiti formali e sostanziali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio cruciale: un ricorso inammissibile è la conseguenza inevitabile quando i motivi di appello sono generici e non specificano con chiarezza le critiche mosse alla sentenza impugnata.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Venezia. L’imputato aveva basato la sua impugnazione su due distinti motivi. Il primo contestava una presunta violazione di legge in relazione all’affermazione della sua responsabilità penale. Il secondo, invece, lamentava un difetto di motivazione per quanto concerneva la pena inflittagli, ovvero il cosiddetto trattamento sanzionatorio.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, investita della questione, ha concluso per la totale inammissibilità del ricorso. La decisione non è entrata nel merito delle doglianze, ma si è fermata a una valutazione preliminare, di carattere procedurale. Secondo i giudici, i motivi presentati erano affetti da “genericità per indeterminatezza”, in quanto non rispettavano i requisiti prescritti dall’articolo 581, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: perché un ricorso generico è un ricorso inammissibile
Il cuore della pronuncia risiede nelle motivazioni addotte dalla Corte. I giudici hanno spiegato che, a fronte di una motivazione della sentenza d’appello ritenuta logicamente corretta, il ricorrente non aveva indicato gli elementi specifici su cui si fondava la sua censura. I motivi erano stati formulati in modo così vago da non consentire al giudice dell’impugnazione di individuare con precisione i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato.
La Corte ha sottolineato che non è sufficiente enunciare un principio di diritto o lamentare genericamente un’ingiustizia. È necessario, invece, che i motivi del ricorso si coniughino con “l’enunciazione di specifiche richieste con connessa indicazione delle ragioni di diritto e dei dati di fatto che le sorreggono”. In altre parole, l’appellante deve spiegare punto per punto dove e perché la sentenza precedente ha sbagliato, collegando le proprie critiche a specifici elementi fattuali e a precise norme giuridiche. La mancanza di questa concretezza e pertinenza trasforma l’impugnazione in un atto sterile, destinato a essere dichiarato un ricorso inammissibile.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre un importante monito per la pratica forense. La redazione di un atto di impugnazione richiede meticolosità e rigore. Non basta contestare la conclusione a cui è giunto il giudice di grado inferiore, ma è indispensabile decostruire la sua motivazione, evidenziandone le specifiche falle logiche o giuridiche. Un ricorso fondato su affermazioni generiche, privo di un’analisi critica puntuale e supportata da elementi concreti, non supera il vaglio di ammissibilità. La conseguenza non è solo il rigetto dell’istanza, ma anche l’imposizione di sanzioni economiche a carico del ricorrente, che vedrà così svanire la possibilità di una revisione del suo caso, con un ulteriore aggravio di spese.
Per quale motivo principale il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano generici e indeterminati, privi dei requisiti di specificità prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale. Non indicavano chiaramente gli elementi di fatto e di diritto a sostegno delle censure.
Quali erano i due motivi di ricorso presentati dall’imputato?
Il primo motivo lamentava il vizio di violazione di legge in ordine all’affermazione di responsabilità, mentre il secondo contestava il difetto di motivazione relativo al trattamento sanzionatorio applicato.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10533 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10533 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 17/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 07/05/1990
avverso la sentenza del 11/03/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
osservato che i due motivi oggetto del ricorso in esame, che lamentano rispettivamente il vizio di violazione di legge in ordine all’affermazione di responsabilità e il difetto di motivazione quanto al trattamento sanzionatorio, sono generici per indeterminatezza perché privi dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indicano gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato;
ritenuto che i suddetti motivi non sono sorretti da concreta specificità e pertinenza censoria, perché non si coniugano alla enunciazione di specifiche richieste con connessa indicazione delle ragioni di diritto e dei dati di fatto che l sorreggono;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2024.