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Ricorso inammissibile: i limiti in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile poiché ripropone questioni già definite in una precedente sentenza. L’ordinanza analizzata evidenzia come tale pratica violi l’art. 628, co. 2, cod. proc. pen., comportando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione ribadisce il principio che non si possono ridiscutere in sede di rinvio punti già decisi dalla Suprema Corte.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile in Cassazione: Quando l’Appello è Destinato al Fallimento

Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non tutte le strade portano a una nuova discussione del caso. A volte, il percorso si interrompe bruscamente con una dichiarazione di ricorso inammissibile. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio dei limiti invalicabili per chi si appella, illustrando le severe conseguenze di una mossa processuale errata.

Il caso in esame riguarda un imputato condannato per lesioni personali, la cui pena era stata rideterminata dalla Corte di Appello in sede di rinvio. Non soddisfatto, l’imputato ha presentato un nuovo ricorso in Cassazione, ma con un errore fatale: ha basato le sue argomentazioni su questioni che la stessa Cassazione aveva già risolto in via definitiva nella sua precedente sentenza.

I Fatti alla Base della Decisione

La vicenda processuale ha origine da una condanna per il reato di lesioni personali. Dopo un primo ricorso, la Corte di Cassazione aveva annullato la sentenza d’appello, rinviando il caso a una nuova sezione della Corte di Appello per una nuova valutazione limitata ad alcuni aspetti. La Corte d’Appello, in sede di rinvio, ha quindi emesso una nuova sentenza, rideterminando la pena.

Contro questa nuova decisione, l’imputato ha proposto un ulteriore ricorso per cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e vizi di motivazione. Tuttavia, le sue doglianze non introducevano nuovi profili di illegittimità, ma si concentravano su punti già esaminati e decisi dalla Cassazione nel primo giudizio.

La Violazione Procedurale e il Ricorso Inammissibile

Il cuore della decisione della Suprema Corte risiede nella violazione dell’articolo 628, comma 2, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce un principio cardine del giudizio di rinvio: non è possibile mettere in discussione i punti di diritto già decisi dalla Corte di Cassazione. Il tentativo del ricorrente di riaprire un dibattito su questioni già “coperte dal giudicato” ha reso il suo ricorso inammissibile in partenza.

La Corte ha sottolineato che i motivi proposti erano “non consentiti” proprio perché miravano a scardinare un punto fermo stabilito dalla precedente sentenza di legittimità. In pratica, l’imputato ha ignorato il perimetro decisionale fissato dalla Cassazione, commettendo un errore procedurale insanabile.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La motivazione dell’ordinanza è lapidaria e diretta. I giudici hanno rilevato che “le doglianze riguardano punti già definiti nella decisione rescindente”. La condotta del ricorrente si configura come una palese violazione del principio secondo cui il giudizio di rinvio è vincolato alle statuizioni della Cassazione. La dichiarazione di inammissibilità, pertanto, non è stata solo una formalità, ma una conseguenza diretta e inevitabile di un’impostazione errata del ricorso.

Inoltre, la Corte ha applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale, che prevede, in caso di inammissibilità, la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende. Tale sanzione è giustificata dalla “colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, poiché presentare un ricorso su punti già decisi è una negligenza grave. Nel caso di specie, la sanzione è stata quantificata in tremila euro.

Le Conclusioni

Questa ordinanza è un monito importante: il ricorso per cassazione non è un’opportunità per ridiscutere all’infinito una vicenda processuale. Esistono limiti procedurali precisi, come il divieto di riproporre questioni già decise, la cui violazione porta a conseguenze severe. La dichiarazione di ricorso inammissibile non solo chiude la porta a ogni ulteriore esame del merito, ma comporta anche un onere economico significativo per il ricorrente. La decisione rafforza la funzione nomofilattica della Cassazione e scoraggia la presentazione di appelli dilatori o palesemente infondati.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, in assenza di elementi che escludano la sua colpa, al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Nel caso specifico, la sanzione è stata di tremila euro.

Perché il ricorso in questo caso è stato giudicato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni proposte dall’imputato riguardavano punti di diritto che la Corte di Cassazione aveva già esaminato e deciso in via definitiva in una precedente sentenza, in violazione dell’art. 628, comma 2, del codice di procedura penale.

È possibile evitare la condanna alla sanzione pecuniaria in caso di inammissibilità?
La sanzione pecuniaria viene irrogata di diritto, a meno che non emergano elementi capaci di escludere la colpa del ricorrente nel aver causato l’inammissibilità. In questo caso, la Corte ha ritenuto che non vi fossero tali elementi, data la palese violazione di una norma processuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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