LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso inammissibile: i limiti ex art. 448 c.p.p.

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile perché le censure sulla motivazione della pena non rientravano nei motivi tassativi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., non configurandosi una pena illegale. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 11 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Limita l’Appello sulla Pena

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come le norme procedurali possano definire i confini dell’azione legale, portando a una dichiarazione di ricorso inammissibile. Quando un imputato decide di impugnare una sentenza, deve farlo sulla base di motivi specificamente previsti dalla legge. In caso contrario, come vedremo, il ricorso non viene neanche esaminato nel merito, con conseguenze economiche per chi lo ha proposto.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato dal Tribunale di primo grado, ha presentato ricorso per Cassazione avverso la sentenza. L’oggetto della contestazione non era la sua colpevolezza, ma specificamente la motivazione addotta dal giudice di merito per determinare l’entità della pena inflitta, il cosiddetto trattamento sanzionatorio.

Il ricorrente, in sostanza, non contestava di aver commesso il fatto, ma riteneva che le ragioni fornite dal giudice per giustificare la misura della pena non fossero adeguate o corrette.

La Decisione della Corte e il Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte di Cassazione, senza entrare nel merito delle argomentazioni del ricorrente, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non significa che le ragioni del ricorrente fossero infondate, ma piuttosto che non potevano essere fatte valere in quella sede processuale.

Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria tipica per chi promuove un ricorso ritenuto inammissibile.

Le motivazioni

Il cuore della decisione risiede nell’applicazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce limiti molto precisi ai motivi per cui si può ricorrere in Cassazione avverso determinate sentenze (solitamente quelle emesse a seguito di patteggiamento).

La Corte ha osservato che il ricorso era stato proposto per “ragioni non consentite” da tale articolo. La legge, infatti, permette di contestare la sentenza solo per motivi specifici, tra cui l’illegalità della pena. Una pena è “illegale” quando non è prevista dall’ordinamento per quel reato, oppure quando è applicata in modo o in misura non conforme alla legge (ad esempio, una pena detentiva per un reato che prevede solo una multa).

Nel caso di specie, il ricorrente non lamentava una pena illegale, ma criticava la motivazione del giudice, ovvero il percorso logico-giuridico che lo aveva portato a quantificare la sanzione. Questo tipo di censura, secondo la Corte, esula dai ristretti confini tracciati dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., rendendo il ricorso, per l’appunto, inammissibile.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: non ogni aspetto di una sentenza è sempre e comunque impugnabile. Il legislatore ha introdotto filtri di ammissibilità per evitare un sovraccarico del sistema giudiziario e per dare stabilità a certe decisioni. Chi intende presentare un ricorso deve quindi valutare attentamente se i propri motivi rientrano tra quelli espressamente previsti dalla legge. Proporre un ricorso per ragioni non consentite non solo non porta al risultato sperato, ma comporta anche l’addebito di ulteriori spese e sanzioni, come dimostra la condanna al pagamento in favore della Cassa delle ammende.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le ragioni presentate, relative alla motivazione della pena, non rientrano tra quelle consentite dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, non trattandosi di una pena illegale.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

È sempre possibile impugnare in Cassazione la motivazione di una pena?
No, secondo quanto emerge da questa ordinanza, in casi specifici regolati da norme come l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., l’impugnazione sulla motivazione della pena non è permessa, a meno che non si contesti l’illegalità della pena stessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati