Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Limita l’Appello sulla Pena
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come le norme procedurali possano definire i confini dell’azione legale, portando a una dichiarazione di ricorso inammissibile. Quando un imputato decide di impugnare una sentenza, deve farlo sulla base di motivi specificamente previsti dalla legge. In caso contrario, come vedremo, il ricorso non viene neanche esaminato nel merito, con conseguenze economiche per chi lo ha proposto.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato dal Tribunale di primo grado, ha presentato ricorso per Cassazione avverso la sentenza. L’oggetto della contestazione non era la sua colpevolezza, ma specificamente la motivazione addotta dal giudice di merito per determinare l’entità della pena inflitta, il cosiddetto trattamento sanzionatorio.
Il ricorrente, in sostanza, non contestava di aver commesso il fatto, ma riteneva che le ragioni fornite dal giudice per giustificare la misura della pena non fossero adeguate o corrette.
La Decisione della Corte e il Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte di Cassazione, senza entrare nel merito delle argomentazioni del ricorrente, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non significa che le ragioni del ricorrente fossero infondate, ma piuttosto che non potevano essere fatte valere in quella sede processuale.
Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria tipica per chi promuove un ricorso ritenuto inammissibile.
Le motivazioni
Il cuore della decisione risiede nell’applicazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce limiti molto precisi ai motivi per cui si può ricorrere in Cassazione avverso determinate sentenze (solitamente quelle emesse a seguito di patteggiamento).
La Corte ha osservato che il ricorso era stato proposto per “ragioni non consentite” da tale articolo. La legge, infatti, permette di contestare la sentenza solo per motivi specifici, tra cui l’illegalità della pena. Una pena è “illegale” quando non è prevista dall’ordinamento per quel reato, oppure quando è applicata in modo o in misura non conforme alla legge (ad esempio, una pena detentiva per un reato che prevede solo una multa).
Nel caso di specie, il ricorrente non lamentava una pena illegale, ma criticava la motivazione del giudice, ovvero il percorso logico-giuridico che lo aveva portato a quantificare la sanzione. Questo tipo di censura, secondo la Corte, esula dai ristretti confini tracciati dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., rendendo il ricorso, per l’appunto, inammissibile.
Le conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: non ogni aspetto di una sentenza è sempre e comunque impugnabile. Il legislatore ha introdotto filtri di ammissibilità per evitare un sovraccarico del sistema giudiziario e per dare stabilità a certe decisioni. Chi intende presentare un ricorso deve quindi valutare attentamente se i propri motivi rientrano tra quelli espressamente previsti dalla legge. Proporre un ricorso per ragioni non consentite non solo non porta al risultato sperato, ma comporta anche l’addebito di ulteriori spese e sanzioni, come dimostra la condanna al pagamento in favore della Cassa delle ammende.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le ragioni presentate, relative alla motivazione della pena, non rientrano tra quelle consentite dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, non trattandosi di una pena illegale.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
È sempre possibile impugnare in Cassazione la motivazione di una pena?
No, secondo quanto emerge da questa ordinanza, in casi specifici regolati da norme come l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., l’impugnazione sulla motivazione della pena non è permessa, a meno che non si contesti l’illegalità della pena stessa.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4696 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4696 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a BARI il 14/04/1996
avverso la sentenza del 12/07/2024 del TRIBUNALE di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Ritenuto che il ricorso, riguardante la motivazione del trattamento sanzionatorio, è proposto per ragioni non consentite dall’art. 448, comma 2bis, cod. proc. pen., non versandosi in pena illegale;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13.12.2024