Ricorso Inammissibile: Quando la Decisione del Giudice è Definitiva
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui confini tra le diverse fasi del processo penale, chiarendo perché un ricorso inammissibile in sede esecutiva non può essere utilizzato per rimediare a presunti errori avvenuti durante il processo di merito. La decisione sottolinea la sacralità del ‘giudicato’, ovvero della sentenza definitiva, e la netta separazione tra la fase cautelare, quella di cognizione e quella di esecuzione.
I Fatti del Caso
Il caso nasce dal ricorso di un imputato contro un’ordinanza del Giudice dell’Udienza Preliminare di Catania. L’imputato lamentava che, nonostante il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) avesse escluso un’aggravante in sede cautelare, il Pubblico Ministero l’aveva comunque inserita nella richiesta di rinvio a giudizio. Secondo il ricorrente, tale contestazione era illegittima e avrebbe dovuto essere esclusa anche dal Giudice dell’Esecuzione. Il suo obiettivo era contestare la validità di questa aggravante dopo che la sua condanna era già diventata definitiva, attraverso lo strumento dell’incidente di esecuzione.
Il Ricorso Inammissibile e la Decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile per tre ragioni fondamentali: genericità, aspecificità e manifesta infondatezza. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire due principi cardine della procedura penale.
La Distinzione tra Fase Cautelare e Fase di Cognizione
In primo luogo, la Corte ha spiegato che le valutazioni compiute dal giudice nella fase delle misure cautelari (sede cautelare) hanno un’efficacia limitata a quel solo contesto. Il fatto che un GIP escluda un’aggravante per decidere su una misura come la custodia in carcere non impedisce in alcun modo al Pubblico Ministero di contestare la stessa aggravante nel processo principale (sede di cognizione). Le due fasi hanno finalità e presupposti diversi: la prima serve a gestire esigenze di sicurezza e procedurali, la seconda ad accertare la verità dei fatti e le responsabilità penali.
Il Principio del Giudicato e i Limiti dell’Incidente di Esecuzione
In secondo luogo, e questo è il punto cruciale, la questione dell’aggravante era ormai coperta da ‘giudicato’. Una volta che una sentenza diventa definitiva, le questioni di merito in essa decise non possono più essere messe in discussione. L’imputato avrebbe dovuto sollevare le sue obiezioni durante il processo di cognizione, utilizzando gli strumenti di impugnazione ordinari come l’appello. L’incidente di esecuzione non è una sorta di ‘terzo grado di giudizio’ mascherato, ma serve unicamente a risolvere problemi legati all’esecuzione della pena (es. calcolo della pena, applicazione di benefici), non a riaprire il processo. Il principio è così forte che il giudicato resiste anche a eventuali nullità assolute, che non erano comunque presenti in questo caso.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di garantire la certezza del diritto e la stabilità delle decisioni giudiziarie. Permettere di rimettere in discussione il merito di una sentenza definitiva attraverso l’incidente di esecuzione creerebbe un caos processuale, vanificando la funzione stessa del processo di cognizione. La Cassazione, citando giurisprudenza consolidata (Sez. 2, n. 9948 del 2020 e Sez. 1, n. 3370 del 2012), ha ribadito che l’incidente di esecuzione non può mai essere utilizzato per far valere vizi afferenti il procedimento di cognizione e la sentenza che lo ha concluso. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Le Conclusioni
Questa ordinanza è un monito chiaro: le battaglie processuali vanno combattute nei tempi e nelle sedi corrette. Una volta che una sentenza passa in giudicato, le possibilità di contestarla si riducono drasticamente e sono limitate a strumenti straordinari, tra cui non rientra l’incidente di esecuzione per questioni di merito. La decisione rafforza la struttura del processo penale, mantenendo una netta separazione tra le sue fasi e tutelando il principio fondamentale della cosa giudicata.
Una decisione presa dal giudice nella fase delle misure cautelari ha effetto sul processo principale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una decisione presa in sede cautelare, come l’esclusione di un’aggravante, non ha effetti vincolanti oltre quel procedimento incidentale e non impedisce al Pubblico Ministero di contestare la stessa circostanza nel successivo giudizio di merito.
È possibile utilizzare l’incidente di esecuzione per contestare un errore avvenuto durante il processo di cognizione?
No. L’incidente di esecuzione non può essere utilizzato per far valere vizi o errori del procedimento di cognizione o della sentenza. Tali questioni devono essere sollevate tramite i mezzi di impugnazione ordinari (come l’appello) prima che la sentenza diventi definitiva e passi in giudicato.
Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27011 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27011 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/02/2024 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Rilevato che il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso il provvedimento emesso dal GIP del Tribunale di Catania, quale giudice dell’esecuzione, è inammissibile perché generico aspecifico e manifestamente infondato;
osservato che la circostanza che il GIP, in sede cautelare, avesse escluso l’aggravante di cui all’art. 80 d.P.R. 309 del 1990 non implica, come deduce il ricorrente, l’abnormità ed ille della contestazione effettuata dal P.M. nella richiesta di rinvio a giudizio, essendo pri consolidato quello per cui in tema di misure cautelari personali, il giudice, sia in s applicazione della misura che in sede di riesame o di appello, può modificare la qualificazio giuridica attribuita dal pubblico ministero al fatto, fermo restando che l’eventuale modifica produce effetti oltre il procedimento incidentale (Sez. 2, n. 9948 del 23/01/2020, P., Rv. 279 – 02).
rilevato, quanto alla doglianza circa la mancata esclusione della citata aggravante da parte del G.E., che detta questione è coperta da giudicato, non potendosi, all’evidenza, in se esecutiva intervenire su questione di merito, mai sollevata in sede di cognizione, e che dove essere fatta valere con gli ordinari mezzi di impugnazione: va ricordato infatti il princi cui l’incidente di esecuzione non può essere utilizzato per far valere vizi afferenti il proced di cognizione e la sentenza che lo ha concluso, ostandovi le regole che disciplinano la co giudicata, la quale si forma anche nei confronti di provvedimenti affetti da nullità assoluta (Sez. 1, n. 3370 del 13/12/2011 dep. 2012, Comisso, Rv. 251682 – 01); evenienza peraltro non riscontrabile nel caso in questione, in cui, come sopra argomentato, alcuna nullità è riscontrab rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi d esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.