Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11661 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11661 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MILANO il 13/08/1979
avverso la sentenza del 21/11/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME NOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo violazione di legge, sub specie di erronea applicazione dell’art 192 cod. proc. pen. e vizio motivazionale, assumendo essere la sentenza impugnata contraddittoria in punto di affermazione di responsabilità.
Il ricorrente lamenta, in particolare, che dall’espletata istruttoria dibattimentale sia emersa una palese e conclamata contraddizione tra quanto dichiarato dalle due persone offese NOME COGNOME e COGNOME
I motivi in questione non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata.
Gli stessi, inoltre, sono volti a prefigurare una rivalutazione o e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità e avulse da una pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito.
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Quanto alla denunziata violazione dell’art 192 cod. proc. pen. va ricordato che, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte di legittimità, la mancata osservanza di una norma processuale ha rilevanza solo in quanto sia stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità.
Le Sezioni Unite hanno recentemente chiarito che in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), stesso codice, per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 – 04 che a pag. 29 richiama Sez. 1, n. 1088 del 26/11/1998, dep. 1999, Condello, Rv. 212248; Sez. 6, n. 45249 del 08/11/2012, COGNOME, Rv. 254274; Sez. 2, n. 38676 del 24/05/2019, COGNOME, Rv. 277518; vedasi anche Sez. 6, n. 4119 del 30/05/2019, dep. 2020, RAGIONE_SOCIALE Rv. 278196; Sez. 4, n. 51525 del 4/10/2018, M., Rv. 274191; Sez. 1, n. 42207 del 20/10/2016, dep. 2017, COGNOME e altro, Rv. 271294; Sez. 3, n. 44901 del
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17/10/2012, F., Rv. 253567; Sez. 6, n. 7336 del 8/1/2004, Meta ed altro, Rv. 229159-01; Sez. 1, n. 9392 del 21/05/1993, COGNOME, Rv. 195306).
Condivisibilmente, per Sez. U, n. 29541 del 16/7/2020, NOME Rv. 280027 (pag. 29) « la specificità del motivo di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), dettato in tema di ricorso per cassazione al fine di definirne l’ammissibilità per ragioni connesse alla motivazione, esclude che l’ambito della predetta disposizione possa essere dilatato per effetto delle citate regole processuali concernenti la motivazione, utilizzando la “violazione di legge” di cui all’art. 606, comma 1, lett. c), e ciò sia perché la deducibilità per cassazione è ammissibile solo per la violazione di norme processuali “stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza”, sia perché la puntuale indicazione di cui alla lettera e) ricollega a tale limite ogni vizio motivazionale. D’altro canto, la riconduzione dei vizi di motivazione alla categoria di cui alla lettera c) stravolgerebbe l’assetto normativo delle modalità di deduzione dei predetti vizi, che limita la deduzione ai vizi risultanti “dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame” , laddove, ove se fossero deducibili quali vizi processuali ai sensi della lettera c), in re!azione ad essi questa Corte di legittimità sarebbe gravata da un onere non selettivo di accesso agli atti. Queste Sezioni Unite (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092) hanno, infatti, da tempo chiarito che, nei casi in cui sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., un error in procedendo, la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può procedere all’esame diretto degli atti processuali, che resta, al contrario, precluso dal riferimento al testo del provvedimento impugnato contenuto nella lett. e) del citato articolo (oltre che dal normativamente sopravvenuto riferimento ad altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame), quando risulti denunziata la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e pertanto immune da vizi di legittimità.
Il motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità denunciando la illogicità della motivazione sulla base della diversa lettura dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova, non è consentito dalla legge, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica
della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260);
I giudici del gravame del merito, infatti, hanno dato conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto e hanno dato adeguata risposta a tutte le doglianze difensive poste con l’atto di appello.
Nello specifico dell’attendibilità dei testi, la Corte territoriale la deposizione di NOME COGNOME ritiene – diversamente da quanto asserito dalla difesa già in quella sede ed acriticamente riproposto in questa- pienamente credibile, non solo perché scevra da qualsivoglia profilo di interesse personale nella causa (tant’è vero che egli non si è neppure costituito parte civile nel presente procedimento), ma anche in virtù di numerosi riscontri esterni. Ed invero, si pone in evidenza in sentenza che, in primo luogo, l’impatto fra l’auto condotta dal prevenuto e quella a bordo della quale si trovavano le odierne vittime rappresenta un dato storico accertato sulla base non solo del icordo, sul punto convergente, veicolato dalle deposizioni di COGNOME COGNOME e NOME COGNOME ma soprattutto dei riscontri univoci offerti dall’operante – il quale ha esplicitamente dichiarato di avere appurato la presenza dei segni dell’urto, sebbene lieve, sulla macchina danneggiata- e dalle certificazioni mediche di pronto soccorso, attestanti le lesioni e le prognosi ricevute da entrambe le persone offese. Inoltre, NOME stesso, in sede di odierne dichiarazioni spontanee, ha ammesso di essersi fermato, e di essere sceso dalla propria auto per parlare dell’accaduto con il signor NOME COGNOME sebbene abbia – in maniera piuttosto inverosimile – sostenuto che non vi sarebbe stato alcun urto fra le auto, ma un semplice “eccessivo avvicinamento”, della sua macchina a quella della parte, mentre si trovavano all’intersezione fra INDIRIZZO e INDIRIZZO.
Per di più, l’attendibilità intrinseca ed estrinseca della parte lesa viene ritenuta attingersi dal fatto che la stessa, senza esitazioni, ha individuato l’imputato in sede di riconoscimento fotografico, sia nell’immediatezza del fatto, sia in dibattimento, descrivendone previamente le fattezze, e avendo anche prontamente registrato il numero di targa dell’auto che conduceva in quel frangente, risultata poi di sua proprietà.
La Corte territoriale si è inoltre ampiamente soffermata sui i profili di criticità messi a fuoco nell’atto d’impugnazione afferenti al dato per cui il NOME COGNOME era stato accompagnato coattivamente a testimoniare, ovvero aveva descritto in maniera non conforme l’atteggiamento dell’imputato dopo il tamponamento (“disinteressato” prima, “arrabbiato” poi), ovvero ancora non avesse chiarito chi dei due, fra lui e NOME, avrebbe proposto di allontanarsi verso INDIRIZZO per discutere della vicenda senza intralciare il traffico intenso dell’intersezione ritenendoli dettagli che non incidono sulla chiara ricostruzione del sinistro.
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Così come (pag. 8) sulle evidenti imprecisioni ravvisabili nella testimonianza della madre NOME COGNOME, valutate anche dal giudice di prime cure, e come da quello ritenute non inficiare affatto la solidità dell’impianto accusatorio, e da ritenersi frutto di un ricordo non nitido, in quanto offuscato dal tempo trascorso (oltre 4 anni), fra la vicenda e la sua audizione testimoniale, oltre che dall’età del soggetto in questione, ultrasettantenne.
Rispetto a tale motivata, logica e coerente pronuncia il ricorrente chiede una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione. Ma per quanto sin qui detto un siffatto modo di procedere è inammissibile perché trasformerebbe questa Corte di legittimità nell’ennesimo giudice del fatto
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 11.03.2025