Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Non Può Riesaminare i Fatti
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato un principio cardine del nostro sistema processuale: il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma di un organo di legittimità. Questa pronuncia offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile possa nascere dal tentativo di ottenere una nuova valutazione delle prove, un compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito. Analizziamo insieme la decisione per comprendere i confini del sindacato della Suprema Corte.
La Vicenda Processuale
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello. L’unico motivo di doglianza sollevato dal ricorrente riguardava la presunta ‘illogicità della motivazione’ in ordine all’affermazione della sua responsabilità penale. In sostanza, la difesa contestava il modo in cui i giudici di secondo grado avevano interpretato gli elementi di prova, proponendo una ricostruzione dei fatti alternativa.
La Decisione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha rigettato la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno sottolineato che il motivo di ricorso, sebbene formalmente invocasse un vizio di motivazione, mirava in realtà a una ‘inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito’. La Corte ha specificato che esula dai suoi poteri procedere a una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, quando la motivazione di quest’ultima appare congrua e adeguata.
Le Motivazioni alla base del Ricorso Inammissibile
Il cuore della decisione risiede nella distinzione fondamentale tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La Corte di Cassazione interviene per garantire la corretta applicazione della legge (controllo di legittimità), non per stabilire come sono andati i fatti (controllo di merito). Il vizio di motivazione, previsto dall’art. 606, comma 1, lett. e) del codice di procedura penale, può essere fatto valere solo quando il ragionamento del giudice è manifestamente illogico, contraddittorio o carente, non quando è semplicemente non condiviso dal ricorrente.
Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione coerente e adeguata per fondare la dichiarazione di responsabilità. Il tentativo del ricorrente di proporre una diversa interpretazione delle prove si è scontrato con il consolidato orientamento giurisprudenziale, richiamato anche nella stessa ordinanza (Sez. U, n. 6402/1997), secondo cui la valutazione delle prove è riservata al giudice di merito. Pertanto, non presentando la sentenza impugnata alcun vizio riconducibile alla nozione legale di vizio di motivazione, il ricorso è stato correttamente dichiarato inammissibile.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato due conseguenze dirette per il ricorrente: la condanna al pagamento delle spese processuali e il versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione ribadisce un importante monito per chi intende adire la Suprema Corte: un ricorso in Cassazione non può essere una semplice riproposizione delle proprie tesi fattuali, ma deve basarsi su specifici vizi di legittimità. Tentare di trasformare la Corte in un terzo giudice di merito porta inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile, con le conseguenti sanzioni economiche.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché mirava a ottenere una nuova ricostruzione dei fatti utilizzando criteri di valutazione diversi da quelli del giudice di merito, il che non è consentito di fronte a una motivazione della sentenza d’appello ritenuta congrua e adeguata.
Cosa non può fare la Corte di Cassazione quando valuta un ricorso?
La Corte di Cassazione non può effettuare una ‘rilettura’ degli elementi di fatto che sono alla base della decisione impugnata, né sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, poiché il suo compito è limitato al controllo della corretta applicazione della legge.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10553 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10553 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 17/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TORINO il 04/06/1962
avverso la sentenza del 28/03/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
PS
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
osservato che l’unico motivo di ricorso (illogicità della motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità), che tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati d giudice di merito, non è consentito a fronte di una motivazione congrua ed adeguata (cfr., pag. 4 ove si indicano adeguatamente gli elementi posti a base della dichiarazione di responsabilità), esulando dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, valutazione riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, COGNOME, Rv. 207944);
che la motivazione della sentenza impugnata non presenta alcun vizio riconducibile alla nozione delineata nell’ari. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen.;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2024.