Ricorso inammissibile: la Cassazione traccia i confini del suo giudizio
L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sui limiti del giudizio di legittimità, chiarendo perché un ricorso inammissibile viene dichiarato tale. La Suprema Corte di Cassazione ha rigettato l’appello di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello, ribadendo principi fondamentali della procedura penale, come la validità della motivazione per relationem e l’impossibilità di rivalutare i fatti in sede di legittimità.
I fatti del processo
Un imputato, condannato dalla Corte d’Appello di Napoli, presentava ricorso in Cassazione lamentando diversi vizi della sentenza. In particolare, contestava la motivazione della Corte territoriale, ritenendola un mero richiamo a quella del giudice di primo grado. Inoltre, metteva in discussione l’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa e sollevava questioni, tra cui la prescrizione di un capo d’imputazione, che implicavano una diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quella accertata nei precedenti gradi di giudizio.
Le ragioni del ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile analizzando punto per punto le doglianze del ricorrente e giudicandole manifestamente infondate o non consentite in quella sede.
La validità della motivazione ‘per relationem’
Il primo motivo di ricorso, relativo alla motivazione per relationem (cioè per riferimento a quella del giudice precedente), è stato respinto. La Corte ha chiarito che, sebbene l’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo imponga ai giudici di motivare le proprie decisioni, ciò non significa dover rispondere dettagliatamente a ogni singolo argomento. Un giudice d’appello, nel rigettare un’impugnazione, può legittimamente fare propri i motivi della decisione impugnata, purché abbia comunque dato risposta alle specifiche doglianze difensive, come avvenuto nel caso di specie.
L’insindacabilità della credibilità dei testimoni
Un altro punto cruciale riguarda la valutazione dell’attendibilità della persona offesa. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la valutazione della credibilità di un testimone o della persona offesa è una questione di fatto, di esclusiva competenza dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il giudizio di legittimità può intervenire solo se la motivazione su questo punto è manifestamente contraddittoria o illogica, circostanze non riscontrate nella sentenza impugnata. Tentare di ottenere una nuova valutazione della prova testimoniale in Cassazione si traduce in una richiesta inammissibile.
Le motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano sulla netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché le censure sollevate non miravano a evidenziare violazioni di legge, ma a sollecitare un ‘improponibile sindacato sulle scelte valutative della Corte di appello’. In altre parole, l’imputato chiedeva alla Cassazione di fare ciò che non può fare: riesaminare i fatti e le prove per giungere a una conclusione diversa. Anche la doglianza sulla prescrizione è stata respinta perché basata su una ricostruzione fattuale alternativa e non su un errore di diritto.
Le conclusioni
La decisione riafferma che la Corte di Cassazione non è un ‘terzo grado di giudizio’ dove si può ridiscutere l’intero processo. Il suo ruolo è quello di guardiano della legge, non dei fatti. Per questo motivo, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questa ordinanza serve da monito: un ricorso in Cassazione deve concentrarsi su precise violazioni di legge o vizi logici della motivazione, non su un tentativo di riaprire la discussione sul merito della vicenda.
È legittimo che un giudice d’appello motivi la sua decisione richiamando quella del giudice di primo grado?
Sì, secondo la Corte è legittimo. In linea di principio, il giudice d’appello, nel rigettare un ricorso, può limitarsi a fare propri i motivi della decisione impugnata, purché risponda alle doglianze difensive sollevate.
La Corte di Cassazione può rivalutare l’attendibilità di un testimone o della persona offesa?
No, la valutazione della credibilità della persona offesa o dei testimoni è una questione di fatto riservata ai giudici di merito. La Cassazione può intervenire solo in caso di manifeste contraddizioni o illogicità nella motivazione, ma non può effettuare una nuova valutazione.
Cosa succede quando un motivo di ricorso si basa su una ricostruzione dei fatti diversa da quella accertata nei gradi di merito?
Un simile motivo viene considerato inammissibile. La Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge. Pertanto, una doglianza che si fonda su una ricostruzione fattuale alternativa è destinata a essere respinta.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34831 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34831 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a POZZUOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/11/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME, considerato che il primo motivo di ricorso -con cui si duole della motivazione per relationem in quanto la Corte di appello ha richiamato le argomentazioni del giudice di primo grado- è manifestamente infondato, in quanto i giudici dell’impugnazione di merito hanno argomentatamente risposto alle doglianze difensive. A ciò si aggiunga che, secondo quanto chiarito dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, seppur l’articolo 6 § 1 della Convenzione obbliga i giudici a motivare le loro decisioni, tale obbligo non può essere inteso nel senso di esigere una risposta dettagliata a ciascun argomento (COGNOME c. Paesi Bassi, 19 aprile 1994, § 61), così che, rigettando un ricorso, il giudice di appello può, in linea d principio, limitarsi a fare propri i motivi della decisione impugnata (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, COGNOME COGNOME c. Italia, 20 ottobre 2015; COGNOME Spagna, DATA_NASCITA dicembre 1994).
Considerato che le doglianze relative all’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa sono inammissibili in quanto si risolvono in valutazioni di merito, dovendosi ricordare che ogni vaglio critico circa il giudizio di attendibili della deposizione della persona offesa ovvero dei testimoni è precluso innanzi alla Suprema Corte in ossequio al principio incontroverso in giurisprudenza secondo il quale la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni (in ta senso cfr. Sezioni Unite, Sentenza n. 41461 del 19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE, in motivazione).
Contraddizioni che non si rinvengono nella motivazione della sentenza in esame.
Considerato che le ulteriori doglianze articolate nel ricorso non sono volte a evidenziare violazioni di legge o mancanze argomentative e manifeste illogicità della sentenza impugnata, ma mirano a sollecitare un improponibile sindacato sulle scelte valutative della Corte di appello e reiterano in gran parte le censure già sollevate dinanzi a quel Giudice, che le ha ritenute infondate sulla base di una lineare e adeguata motivazione, strettamente ancorata a una completa e approfondita disamina delle risultanze processuali, nel rispetto dei principi di diritt vigenti in materia;
Considerata la manifesta infondatezza della doglianza relativa al mancato rilievo della prescrizione del reato contestato al capo D), in quanto si fonda su di una ricostruzione fattuale alternativa a quella dei giudici di merito.
rilevato che il ricorso deve essere d4chiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2024 Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente