Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33946 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33946 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 01/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 10/01/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Torino ha rigettato il reclamo in materia di rimedi risarcitori ex art. 35-ter legge 26 luglio 1975, n. 354, proposto da NOME COGNOME, detenuto in espiazione dell’ergastolo e sottoposto al regime detentivo ex art. 41-bis Ord. pen., avverso l’ordinanza del 15/02/2023 del Magistrato di sorveglianza di Cuneo.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, denunciando contraddittorietà ed illogicità della motivazione, con riferimento alla interpretazione data alla memoria difensiva del 27/12/2023.
Il ricorso è inammissibile, in quanto interamente volto a provocare una nuova valutazione in fatto, operazione non consentita in sede di legittimità. Le doglianze, inoltre, prospettano genericamente la sussistenza di asseriti difetti o contraddittorietà, ovvero illogicità dell’apparato motivazionale, che non emergono, al contrario, dal provvedimento avversato.
Il Tribunale di sorveglianza, infatti, ha analiticamente chiarito come la difesa avesse formulato doglianze esclusivamente rivolte al periodo in relazione al quale l’istanza era stata respinta, trascorso presso l’istituto carcerario di Novara.
Alcuna censura, al contrario, riteneva esser stata presentata relativamente al periodo per il quale era stato dichiarato non luogo a provvedere; veniva poi dichiarata inammissibile la doglianza relativa alla presenza di acqua calda solo nel locale docce comune, per esser stata questa prospettata per la prima volta in sede di impugnazione.
Con tali argomentazioni, la difesa evita di confrontarsi in modo sostanziale, finendo per proporre censure di sola natura contestativa.
Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non potendosi escludere profili di colpa – anche alla sanzione in favore della cassa delle ammende (Corte cost. n. 186 del 2000) che si ritiene equo quantificare in euro tremila.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 01 luglio 2024.