Ricorso inammissibile: perché la Cassazione non può riesaminare i fatti
Quando un ricorso inammissibile viene presentato alla Corte di Cassazione, si delineano chiaramente i confini del giudizio di legittimità. Un’ordinanza recente ha ribadito un principio fondamentale: la Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti, ma il custode della corretta applicazione del diritto. Analizziamo una decisione che illustra perfettamente questo concetto, relativa alla richiesta di misure alternative alla detenzione.
I Fatti del Caso: Il Diniego delle Misure Alternative
Un soggetto, condannato e detenuto, presentava al Tribunale di Sorveglianza un’istanza per ottenere l’applicazione di misure alternative alla detenzione in carcere. Il Tribunale, con un’ordinanza del 30 maggio 2024, respingeva la richiesta. La decisione si basava su una valutazione dell’attuale pericolosità sociale del soggetto, ritenuta incompatibile con la concessione dei benefici richiesti.
Ritenendo la decisione ingiusta, il detenuto proponeva ricorso per cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio nella motivazione dell’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza.
Il Ricorso Inammissibile e la Decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione, investita del caso, ha preso una decisione netta, dichiarando il ricorso inammissibile. La ragione di tale pronuncia risiede nella natura stessa dei motivi presentati dal ricorrente. Egli, infatti, non contestava una scorretta applicazione della legge da parte del Tribunale di Sorveglianza, ma cercava di ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, in particolare riguardo al giudizio sulla sua pericolosità.
Le Motivazioni
La Corte ha sottolineato che il Tribunale di Sorveglianza aveva fornito una motivazione ‘ampia e logica’ per giustificare il proprio diniego. Di fronte a una motivazione ben argomentata, non è compito della Cassazione sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito. Il giudizio di legittimità, proprio della Cassazione, si limita a verificare che la legge sia stata interpretata e applicata correttamente e che la motivazione del provvedimento impugnato sia coerente e non manifestamente illogica. Sollecitare ‘rivalutazioni in fatto’, come ha tentato di fare il ricorrente, esula completamente dalle competenze della Suprema Corte e costituisce un motivo non consentito di ricorso.
Le Conclusioni
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato, come conseguenza di legge, due sanzioni per il ricorrente. In primo luogo, è stato condannato al pagamento delle spese processuali. In secondo luogo, data l’assenza di elementi che potessero escludere la sua colpa nel determinare la causa di inammissibilità, è stato condannato a versare la somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale. Questa decisione riafferma che il ricorso per cassazione è uno strumento prezioso per la tutela dei diritti, ma deve essere utilizzato nel rispetto dei suoi precisi limiti procedurali, senza trasformarlo in un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio sul merito.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché proponeva motivi non consentiti. Invece di contestare errori di diritto, il ricorrente chiedeva alla Corte di Cassazione di rivalutare elementi di fatto, come il giudizio sulla sua pericolosità, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito.
Qual è il ruolo della Corte di Cassazione in casi come questo?
Il ruolo della Corte di Cassazione è quello di svolgere un giudizio di legittimità, ovvero controllare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente le norme di legge e che le loro motivazioni siano logiche e non contraddittorie. Non può riesaminare i fatti o sostituire la propria valutazione a quella del tribunale.
Quali sono state le conseguenze economiche per chi ha presentato il ricorso?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende, come previsto dalla legge in caso di colpa nella proposizione di un ricorso inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5629 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5629 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 17/05/1986
avverso l’ordinanza del 30/05/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
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IN FATTO E IN DIRITTO
Con ordinanza emessa in data 30 maggio 2024 il Tribunale di Sorveglianza di Bologna ha respinto le domande introdotte da NOME COGNOME tese ad ottenere l’applicazione di misure alternative.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge – NOME COGNOME deducendo violazione di legge e vizio di motivazione.
Il ricorso va dichiarato inammissibile perché proposto per motivi non consentiti.
Ed invero, a fronte di motivazione ampia e logica in punto di attuale pericolosi il ricorrente tende a sollecitare rivalutazioni in fatto incompatibili con il giud legittimità.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue di diritto la condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilit al versamento a favore della Cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. pro pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 19 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente