Concordato in Appello: quando il ricorso diventa inammissibile
L’ordinanza n. 13289 del 2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti dell’impugnazione a seguito di un ‘concordato in appello’, previsto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale. La decisione sottolinea come l’accordo sulla pena tra le parti nel secondo grado di giudizio comporti una sostanziale rinuncia a future contestazioni, rendendo un eventuale successivo ricorso inammissibile. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.
I fatti del caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. Tale sentenza era stata emessa proprio a seguito di un accordo tra le parti, comunemente noto come ‘patteggiamento in appello’. Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa decideva di presentare ugualmente ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione.
L’analisi della Cassazione e il ricorso inammissibile
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Il principio di diritto applicato è consolidato e molto chiaro: l’accordo processuale con cui le parti concordano l’entità della pena in appello implica una rinuncia implicita a sollevare, nel successivo giudizio di legittimità, qualsiasi altra doglianza. Questo vale anche per questioni che, in altre circostanze, potrebbero essere rilevate d’ufficio dal giudice.
Esistono delle eccezioni a questa regola, ma sono molto specifiche e non sono state ravvisate nel caso in esame. Tali eccezioni includono:
1. L’irrogazione di una pena palesemente illegale.
2. La presenza di vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
3. Vizi legati al consenso del pubblico ministero sulla richiesta.
Poiché nessuna di queste situazioni era presente, il tentativo di rimettere in discussione la sentenza concordata è stato giudicato un ricorso inammissibile.
Le motivazioni
La motivazione della Corte si fonda sulla natura stessa del concordato in appello. Questo istituto è un patto processuale che mira a definire il giudizio in modo più celere. Accettando il concordato, l’imputato ottiene una ridefinizione della pena ma, come contropartita, accetta la decisione sui punti concordati come definitiva. Consentire un’impugnazione generica su tali punti svuoterebbe di significato l’istituto stesso, trasformandolo in una mera tappa interlocutoria anziché in uno strumento di definizione del contenzioso. La Corte, citando precedenti giurisprudenziali, ha rafforzato l’idea che l’accordo cristallizza la situazione processuale, precludendo ripensamenti successivi se non nei casi eccezionali e tassativi previsti dalla legge.
Le conclusioni
La decisione ha due importanti conseguenze pratiche. In primo luogo, ribadisce la serietà e la definitività del concordato in appello. Le parti devono essere pienamente consapevoli che l’accordo preclude quasi ogni possibilità di ricorso futuro. In secondo luogo, la declaratoria di inammissibilità ha comportato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., non solo la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve quindi da monito: un ricorso presentato contro una sentenza di concordato senza fondarsi sulle specifiche eccezioni previste dalla legge è un’azione non solo infruttuosa, ma anche economicamente onerosa.
È possibile presentare ricorso in Cassazione dopo aver raggiunto un accordo (‘concordato’) in appello?
No, di regola non è possibile. L’accordo tra le parti implica la rinuncia a contestare i punti concordati nel successivo giudizio di Cassazione. Il ricorso è ammesso solo in casi eccezionali, come l’applicazione di una pena illegale o vizi nella formazione della volontà di accordarsi.
Cosa comporta la dichiarazione di ricorso inammissibile in questo contesto?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo il rigetto del ricorso, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro, da versare alla Cassa delle ammende.
Perché l’accordo in appello limita il diritto di impugnazione?
Perché il ‘concordato in appello’ è un patto processuale. Accettandolo, l’imputato rinuncia a contestare ulteriormente i punti oggetto dell’accordo in cambio di una pena definita. Questo meccanismo serve a garantire la stabilità delle decisioni e a favorire la rapida conclusione dei processi.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13289 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13289 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/06/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il ricorso proposto da COGNOME NOME, che deduce GLYPH il vizio motivazione con riguardo ad una sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 599-bis proc. pen, è inammissibile in quanto l’accordo delle parti in ordine ai punti concordati implica la rinuncia a dedurre nel successivo giudizio di legittimità ogni diversa doglianza, anche se relativa a questione rilevabile di ufficio, con l’eccezione dell’irrogazione di una pena illegale (Sez. 6, n. 41254 del 04/07/2019, Leone, Rv. 277196) e di motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato nonché al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice (Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 278170), situazioni certamente non ravvisabili nel caso in esame;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. Sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 15/03/2024.