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Ricorso inammissibile: i limiti del concordato

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13289/2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato contro una sentenza di ‘concordato in appello’. La Corte ha ribadito che l’accordo tra le parti preclude la possibilità di sollevare successive doglianze, salvo eccezioni specifiche non riscontrate nel caso di specie. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: quando il ricorso diventa inammissibile

L’ordinanza n. 13289 del 2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti dell’impugnazione a seguito di un ‘concordato in appello’, previsto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale. La decisione sottolinea come l’accordo sulla pena tra le parti nel secondo grado di giudizio comporti una sostanziale rinuncia a future contestazioni, rendendo un eventuale successivo ricorso inammissibile. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.

I fatti del caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. Tale sentenza era stata emessa proprio a seguito di un accordo tra le parti, comunemente noto come ‘patteggiamento in appello’. Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa decideva di presentare ugualmente ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione.

L’analisi della Cassazione e il ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Il principio di diritto applicato è consolidato e molto chiaro: l’accordo processuale con cui le parti concordano l’entità della pena in appello implica una rinuncia implicita a sollevare, nel successivo giudizio di legittimità, qualsiasi altra doglianza. Questo vale anche per questioni che, in altre circostanze, potrebbero essere rilevate d’ufficio dal giudice.

Esistono delle eccezioni a questa regola, ma sono molto specifiche e non sono state ravvisate nel caso in esame. Tali eccezioni includono:
1. L’irrogazione di una pena palesemente illegale.
2. La presenza di vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
3. Vizi legati al consenso del pubblico ministero sulla richiesta.

Poiché nessuna di queste situazioni era presente, il tentativo di rimettere in discussione la sentenza concordata è stato giudicato un ricorso inammissibile.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla natura stessa del concordato in appello. Questo istituto è un patto processuale che mira a definire il giudizio in modo più celere. Accettando il concordato, l’imputato ottiene una ridefinizione della pena ma, come contropartita, accetta la decisione sui punti concordati come definitiva. Consentire un’impugnazione generica su tali punti svuoterebbe di significato l’istituto stesso, trasformandolo in una mera tappa interlocutoria anziché in uno strumento di definizione del contenzioso. La Corte, citando precedenti giurisprudenziali, ha rafforzato l’idea che l’accordo cristallizza la situazione processuale, precludendo ripensamenti successivi se non nei casi eccezionali e tassativi previsti dalla legge.

Le conclusioni

La decisione ha due importanti conseguenze pratiche. In primo luogo, ribadisce la serietà e la definitività del concordato in appello. Le parti devono essere pienamente consapevoli che l’accordo preclude quasi ogni possibilità di ricorso futuro. In secondo luogo, la declaratoria di inammissibilità ha comportato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., non solo la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve quindi da monito: un ricorso presentato contro una sentenza di concordato senza fondarsi sulle specifiche eccezioni previste dalla legge è un’azione non solo infruttuosa, ma anche economicamente onerosa.

È possibile presentare ricorso in Cassazione dopo aver raggiunto un accordo (‘concordato’) in appello?
No, di regola non è possibile. L’accordo tra le parti implica la rinuncia a contestare i punti concordati nel successivo giudizio di Cassazione. Il ricorso è ammesso solo in casi eccezionali, come l’applicazione di una pena illegale o vizi nella formazione della volontà di accordarsi.

Cosa comporta la dichiarazione di ricorso inammissibile in questo contesto?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo il rigetto del ricorso, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro, da versare alla Cassa delle ammende.

Perché l’accordo in appello limita il diritto di impugnazione?
Perché il ‘concordato in appello’ è un patto processuale. Accettandolo, l’imputato rinuncia a contestare ulteriormente i punti oggetto dell’accordo in cambio di una pena definita. Questo meccanismo serve a garantire la stabilità delle decisioni e a favorire la rapida conclusione dei processi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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