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Ricorso inammissibile giudice di pace: limiti appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una parte civile contro una sentenza di assoluzione per percosse, originata da un procedimento del Giudice di Pace. La Corte ha stabilito che il motivo di ricorso, mascherato da violazione di legge, celava in realtà una critica alla motivazione della sentenza, un vizio non ammesso per questo tipo di impugnazioni. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato alle spese e al pagamento di una sanzione, evidenziando le severe conseguenze di un ricorso inammissibile giudice di pace.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile Giudice di Pace: Quando l’Appello Non Può Essere Esaminato

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, n. 21361/2024, offre un importante chiarimento sui limiti all’impugnazione delle sentenze emesse in procedimenti di competenza del Giudice di Pace. Il caso in esame dimostra come un errore nella formulazione dei motivi di appello possa condurre a una dichiarazione di ricorso inammissibile giudice di pace, con conseguenze economiche significative per il ricorrente. Questo provvedimento sottolinea la necessità di distinguere nettamente tra una violazione di legge e un vizio di motivazione.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale ha origine da un procedimento per il reato di percosse, inizialmente trattato dal Giudice di Pace di Bari. In seguito, il Tribunale di Bari, in funzione di giudice d’appello, aveva riformato la prima decisione, assolvendo l’imputato con la formula “perché il fatto non sussiste”.

Contro questa sentenza di assoluzione, la parte civile, ovvero la persona che si riteneva danneggiata dal reato, ha proposto ricorso per Cassazione. L’obiettivo era ottenere l’annullamento della sentenza di secondo grado e il riconoscimento della responsabilità penale dell’imputato.

I Limiti all’Appello e il Ricorso Inammissibile Giudice di Pace

Il cuore della questione giuridica risiede nella natura dei motivi presentati dalla parte civile. Sebbene il ricorso denunciasse formalmente una “violazione di legge”, la Corte di Cassazione ha riscontrato che, in sostanza, le critiche mosse alla sentenza di appello riguardavano una “carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta”.

Questo tipo di censura non attiene a un errore nell’applicazione delle norme giuridiche, bensì a un difetto nel ragionamento del giudice, ovvero a un “vizio di motivazione”. La legge processuale penale, in particolare l’art. 606, comma 2-bis, del codice di procedura penale e l’art. 39-bis del d.lgs. 274/2000, stabilisce chiaramente che contro le sentenze di appello per reati di competenza del Giudice di Pace non è consentito proporre ricorso per Cassazione basandosi su vizi della motivazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

Sulla base di queste premesse, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione non si è limitata a respingere le richieste della parte civile, ma ha anche comportato delle sanzioni.

In conformità con l’articolo 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la Corte ha ravvisato una “colpa” nella proposizione del ricorso, data l’evidente inammissibilità dell’impugnazione. Per tale ragione, ha condannato il ricorrente a versare una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte si fonda su un principio consolidato: non è possibile mascherare un vizio di motivazione sotto la veste di una violazione di legge per aggirare i limiti normativi all’impugnazione. La Cassazione ha ribadito che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti del processo, compito che spetta ai giudici di merito, ma di verificare la corretta applicazione della legge. Poiché le doglianze del ricorrente miravano a una nuova valutazione delle prove e della ricostruzione storica, esse esulavano dai poteri della Corte di legittimità per questa specifica tipologia di procedimenti.

La condanna al pagamento della somma alla Cassa delle ammende è giustificata dalla negligenza del ricorrente nel proporre un’impugnazione palesemente infondata, contribuendo a un inutile dispendio di risorse giudiziarie.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza serve da monito per chi intende impugnare sentenze relative a reati di competenza del Giudice di Pace. È fondamentale che i motivi di ricorso siano rigorosamente attinenti alle violazioni di legge e non a critiche sulla valutazione dei fatti o sulla coerenza della motivazione. In caso contrario, il rischio non è solo quello di vedere il proprio ricorso respinto, ma anche di subire una condanna economica che può essere anche rilevante. La decisione rafforza la specificità del procedimento davanti al Giudice di Pace, concepito per essere più snello e con gradi di giudizio limitati su determinate questioni.

È possibile appellare in Cassazione una sentenza emessa in un procedimento di competenza del Giudice di Pace lamentando una ricostruzione sbagliata dei fatti?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che non è consentito impugnare le sentenze di appello per reati di competenza del Giudice di Pace denunciando un vizio di motivazione, come una carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali. Se l’inammissibilità è evidente e ritenuta colpevole, il ricorrente è anche condannato a versare una somma di denaro alla Cassa delle ammende.

Perché il ricorrente è stato condannato a pagare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento di tale somma perché la Corte ha ravvisato profili di colpa nella proposizione del ricorso, data l’evidente inammissibilità dell’impugnazione basata su motivi non consentiti dalla legge per questo tipo di procedimenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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