Ricorso Inammissibile: Quando la Genericità Costa Cara
Presentare un’impugnazione in Cassazione richiede rigore e precisione. Un ricorso inammissibile non è solo un’occasione persa, ma può comportare anche conseguenze economiche significative. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come la genericità dei motivi, specialmente quando si contesta la misura della pena, porti a una declaratoria di inammissibilità. Vediamo insieme i dettagli di questa decisione e le lezioni che possiamo trarne.
I Fatti del Processo
Il caso nasce dal ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello di Palermo. L’unico punto di contestazione sollevato dal ricorrente riguardava il trattamento sanzionatorio ricevuto. In particolare, si lamentava una motivazione insufficiente da parte dei giudici di secondo grado nel determinare l’entità della pena, sostenendo che questa non fosse stata fissata al minimo previsto dalla legge.
La Decisione della Corte e il Principio del Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha respinto il ricorso senza neppure entrare nel merito della questione. La decisione si è fondata su un vizio procedurale fondamentale: il ricorso inammissibile per “assoluta genericità e manifesta infondatezza”.
Questo significa che i giudici supremi hanno ritenuto l’impugnazione non idonea a essere esaminata, perché la richiesta di una pena minima era presentata come una semplice istanza, priva di qualsiasi argomentazione giuridica concreta e specifica che potesse mettere in discussione la logicità della decisione della Corte d’Appello.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte ha chiarito in modo inequivocabile le ragioni della sua decisione. Innanzitutto, ha sottolineato che una richiesta non argomentata non è ammissibile in sede di legittimità. Il ricorrente non può limitarsi a esprimere un dissenso generico, ma deve individuare vizi logici o giuridici precisi nella sentenza impugnata.
La Cassazione ha poi evidenziato come la motivazione della Corte d’Appello fosse, al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente, completa e congrua. I giudici di merito avevano infatti giustificato adeguatamente la pena inflitta sulla base di quattro elementi cruciali:
1. Il disvalore dei fatti: la particolare gravità del reato commesso.
2. La spregiudicatezza dimostrata: l’atteggiamento dell’imputato nel compiere l’illecito.
3. L’intensità del dolo: il grado elevato di intenzionalità criminale.
4. La personalità negativa dell’imputato: un fattore desunto dalla presenza di numerosi precedenti penali a suo carico.
Dinanzi a una motivazione così strutturata, la semplice richiesta di una pena più mite, senza un’analisi critica e argomentata, si è rivelata del tutto inefficace.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: l’impugnazione, specialmente in Cassazione, non è una terza istanza di giudizio sui fatti. È un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Un ricorso inammissibile per genericità non solo comporta la conferma della condanna, ma aggrava la posizione del ricorrente con l’addebito delle spese processuali e il pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, in questo caso quantificata in tremila euro. La lezione è chiara: per contestare una sentenza è indispensabile formulare censure specifiche, dettagliate e giuridicamente fondate.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile per “assoluta genericità e manifesta infondatezza”, poiché la richiesta di applicazione della pena minima non era supportata da argomentazioni specifiche e si limitava a contestare genericamente la motivazione della sentenza precedente.
Quali elementi ha considerato la Corte per confermare la congruità della pena?
La Corte ha ritenuto la pena congrua basandosi sulla valutazione già effettuata dalla Corte d’Appello, che considerava il disvalore dei fatti, la spregiudicatezza dimostrata, l’intensità del dolo e la personalità negativa dell’imputato, gravato da plurimi precedenti penali.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile per il ricorrente?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23475 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23475 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/09/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
ritenuto che il motivo di ricorso proposto nell’interesse di NOME con i quale si contesta la insufficiente motivazione posta a fondamento del trattamento sanzioNOMErio è inammissibile per assoluta genericità e manifesta infondatezza;
considerato che il motivo con il quale si censura la mancata applicazione della pena nel minimo si risolve in una richiesta non argomentata, non deducibile in questa sede, specie a fronte della completezza della motivazione resa in sentenza, che reputa congrua la pena inflitta e non suscettibile di rimodulazione in ragione del disvalore dei fatti, della spregiudicatez dimostrata e dell’intensità del dolo nonché della personalità negativa dell’imputato, gravato da plurimi precedenti (pag. 2);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 31 maggio 2024
Il consigliere stensore
Il