Ricorso Inammissibile: L’Analisi della Cassazione su Genericità e Infondatezza
Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione richiede rigore e specificità. Non è sufficiente dissentire da una sentenza; è necessario articolare critiche precise e giuridicamente fondate. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga trattato, delineando i confini tra un legittimo diritto di impugnazione e un tentativo infruttuoso di ottenere un terzo grado di giudizio sul merito. Questo caso evidenzia l’importanza di confrontarsi criticamente con le motivazioni della sentenza appellata, pena la reiezione del ricorso e la condanna a spese e sanzioni.
I Fatti Processuali
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. La difesa, non condividendo la decisione dei giudici di secondo grado, ha deciso di portare la questione dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando vizi nella valutazione dei fatti che avevano portato alla condanna, in particolare riguardo all’identificazione del colpevole.
La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha troncato sul nascere le speranze del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza dell’imputato, ma si ferma a un livello preliminare, quello dei requisiti di ammissibilità dell’impugnazione. La Corte ha stabilito che i motivi presentati non avevano le caratteristiche necessarie per poter essere esaminati.
Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Stato Ritenuto Inammissibile?
La Suprema Corte ha basato la sua decisione su tre pilastri argomentativi interconnessi, che costituiscono un vademecum per chiunque intenda adire il massimo organo di giustizia.
Genericità e Manifesta Infondatezza
Il primo e fondamentale vizio riscontrato è stata la genericità e la manifesta infondatezza del motivo. In pratica, il ricorso non specificava in modo chiaro e pertinente quali fossero gli errori di diritto commessi dalla Corte d’Appello. Si limitava a esprimere un dissenso generico, senza agganciare la critica a precisi vizi della sentenza.
La Reiterazione di Censure Già Respinte
Un altro punto cruciale è stata la natura ‘reiterativa’ del ricorso. La difesa ha semplicemente riproposto le stesse argomentazioni già avanzate e motivatamente respinte dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha sottolineato che il ricorso non può essere una semplice ripetizione di doglianze precedenti; deve, invece, confrontarsi specificamente con la motivazione della sentenza impugnata, spiegando perché tale motivazione sia errata o illogica. Mancando questo confronto critico, il ricorso perde di efficacia.
Il Divieto di una Lettura Alternativa dei Fatti
Infine, la Corte ha ribadito un principio cardine del giudizio di legittimità: non è una sede per una nuova valutazione dei fatti. Il ricorrente proponeva una ‘lettura alternativa ed estremamente riduttiva’ delle prove, in particolare riguardo alla sua identificazione. Tuttavia, i giudici d’appello avevano già affrontato questo punto, indicando ‘puntualmente le ragioni per le quali non poteva esservi dubbio’ sull’identificazione. Tentare di ottenere dalla Cassazione una diversa interpretazione del materiale probatorio è un’operazione non consentita.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
La pronuncia si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione non è solo una conseguenza economica, ma un monito: il ricorso per cassazione è uno strumento serio che non può essere utilizzato in modo dilatorio o superficiale. La decisione riafferma che, per avere successo in Cassazione, è indispensabile presentare motivi specifici, pertinenti e critici verso la sentenza impugnata, evitando di riproporre acriticamente le stesse argomentazioni e di chiedere un riesame del merito dei fatti.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Perché era generico, manifestamente infondato e si limitava a ripetere una critica già respinta dalla Corte di Appello, senza confrontarsi con le specifiche motivazioni fornite in quella sede, in particolare riguardo all’identificazione dell’imputato.
Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘reiterativo’?
Significa che il ricorso ripropone le stesse identiche argomentazioni già presentate e motivatamente respinte nel precedente grado di giudizio, senza contestare specificamente la logica e la coerenza della motivazione della sentenza che si sta impugnando.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4030 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4030 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 25/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PAVIA il 22/01/1990
avverso la sentenza del 19/04/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il motivo di ricorso.
Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza del motivo, reiterativo di censura formulata in appello, disattesa con motivazione congrua con la quale il ricorso non si confronta, limitandosi la difesa a ribadire il proprio dissenso. Il ricorrente propone una lettura alternativa ed estremamente riduttiva del fatto, già respinta in sentenza (pag.4-6), laddove i giudici hanno puntualmente indicato le ragioni per le quali non poteva esservi dubbio circa l’identificazione dell’imputato.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25/10/2024.