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Ricorso inammissibile: genericità e incompetenza

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile in quanto manifestamente infondato. Il ricorrente aveva riproposto genericamente le stesse argomentazioni già respinte e si era rivolto al Tribunale di Sorveglianza per una richiesta, quella sull’applicazione del c.d. ‘indultino’, che rientra invece nella competenza del Giudice dell’Esecuzione. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di un’ammenda.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile in Cassazione: il caso della doglianza generica e della competenza sull’indultino

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un chiaro esempio di come un’impugnazione possa essere dichiarata un ricorso inammissibile per vizi procedurali ben precisi. La decisione sottolinea due principi fondamentali del diritto processuale penale: la necessità di specificità dei motivi di ricorso e il rispetto delle competenze funzionali dei diversi organi giurisdizionali. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le statuizioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Un soggetto condannato presentava ricorso alla Corte di Cassazione avverso un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza. Le doglianze mosse dal ricorrente si basavano essenzialmente su due punti: in primo luogo, la riproposizione di argomentazioni già valutate e respinte in precedenti gradi di giudizio, senza un confronto critico con la motivazione del provvedimento impugnato. In secondo luogo, il ricorrente avanzava una richiesta di applicazione del cosiddetto ‘indultino’, un beneficio previsto da una legge del 2003.

La Decisione della Corte e il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha rigettato l’impugnazione, dichiarando il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato. La decisione si fonda su una duplice valutazione, che ha toccato entrambi i motivi proposti dal ricorrente.

La Genericità dei Motivi

Il primo profilo di inammissibilità riguarda la natura del ricorso. I giudici hanno evidenziato come le lamentele del ricorrente fossero generiche, limitandosi a ‘reiterare sommariamente la doglianza già disattesa’. In ambito processuale, un ricorso non può essere una semplice riproposizione di argomenti precedenti; deve, al contrario, confutare specificamente le ragioni esposte nel provvedimento che si intende impugnare. L’assenza di un confronto critico e puntuale con le argomentazioni del Tribunale di Sorveglianza rende i motivi di ricorso generici e, di conseguenza, inammissibili.

La Competenza sul c.d. ‘Indultino’

Il secondo punto, ancora più dirimente, concerne la competenza giurisdizionale. La Corte ha chiarito che la richiesta di declaratoria di estinzione della pena per effetto della sospensione condizionata dell’esecuzione (‘indultino’) non rientra nelle attribuzioni del Tribunale di Sorveglianza, bensì in quelle del Giudice dell’Esecuzione. Si tratta di una distinzione fondamentale: mentre il Tribunale di Sorveglianza si occupa delle modalità di esecuzione della pena (misure alternative, etc.), il Giudice dell’Esecuzione è l’organo preposto a decidere su tutte le vicende giuridiche che incidono sul titolo esecutivo, come l’estinzione della pena. Aver adito un’autorità giudiziaria funzionalmente incompetente costituisce un errore procedurale che vizia insanabilmente la richiesta.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte Suprema sono lineari e si basano su principi consolidati. Un ricorso è manifestamente infondato, e quindi inammissibile, quando non solo non ha possibilità di essere accolto, ma presenta vizi talmente evidenti da non richiedere un approfondito esame di merito. In questo caso, la genericità dei motivi e l’errata individuazione del giudice competente hanno reso palese l’infondatezza dell’impugnazione. La condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende è la conseguenza diretta e prevista dalla legge per chi attiva inutilmente il complesso meccanismo della giustizia di legittimità.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce l’importanza del rigore tecnico nella redazione degli atti processuali. Per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile, è essenziale che l’avvocato non si limiti a ripetere le difese precedenti, ma costruisca un’argomentazione critica che smonti punto per punto la decisione impugnata. Inoltre, è cruciale identificare con precisione l’autorità giudiziaria competente per la specifica domanda che si intende formulare. Confondere la competenza tra Giudice dell’Esecuzione e Tribunale di Sorveglianza, come avvenuto nel caso di specie, porta inevitabilmente a un esito negativo e a un aggravio di spese per l’assistito.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato su due fronti: i motivi erano generici, in quanto si limitavano a ripetere doglianze già respinte senza confutare specificamente le argomentazioni del provvedimento impugnato, e la richiesta sull’applicazione dell’indultino era rivolta a un giudice (il Tribunale di Sorveglianza) funzionalmente incompetente.

Chi è il giudice competente a decidere sull’estinzione della pena per effetto dell’indultino?
Secondo la Corte di Cassazione, la competenza a dichiarare l’estinzione della pena in seguito alla sospensione condizionata dell’esecuzione prevista dalla Legge n. 207/2003 (c.d. ‘indultino’) spetta al Giudice dell’Esecuzione, non al Tribunale di Sorveglianza.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro, in questo caso fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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