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Ricorso inammissibile: genericità del motivo

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile perché il motivo di appello, relativo alla recidiva, è stato ritenuto generico e non specifico. L’analisi si concentra sulla mancata contestazione delle argomentazioni della sentenza impugnata, che aveva motivato l’aggravante sulla base dei precedenti dell’imputato. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Le Conseguenze di un Motivo di Appello Generico

Nel processo penale, la presentazione di un ricorso è un momento cruciale che richiede precisione e specificità. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci ricorda le gravi conseguenze di un ricorso inammissibile, specialmente quando i motivi addotti sono generici e non si confrontano adeguatamente con la decisione impugnata. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere i requisiti di ammissibilità di un’impugnazione.

Il Fatto Processuale

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la responsabilità penale di un imputato. L’unico motivo di doglianza sollevato dal ricorrente riguardava il riconoscimento della circostanza aggravante della recidiva. Secondo la difesa, tale aggravante non sarebbe dovuta essere applicata.

La Valutazione del Ricorso Inammissibile da parte della Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato il motivo proposto e lo ha dichiarato inammissibile. La ragione di tale decisione risiede nella natura stessa del motivo: è stato giudicato “del tutto generico e aspecifico”. Il ricorrente, infatti, non ha puntualizzato le ragioni di doglianza né in fatto né in diritto. Soprattutto, ha omesso di confrontarsi con le argomentazioni contenute nella sentenza della Corte d’Appello, che aveva già affrontato e motivato ampiamente la questione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha sottolineato che la sentenza di secondo grado aveva correttamente ritenuto sussistente la circostanza aggravante della recidiva. Questa valutazione si basava sui numerosi precedenti specifici a carico dell’imputato. Secondo i giudici di merito, tali precedenti non erano semplici episodi isolati, ma indicativi di una “scelta di vita volontaria e consapevole”, che dimostrava un’accresciuta pericolosità sociale del soggetto.

La Suprema Corte ha ribadito che una simile valutazione, essendo una ponderata analisi di merito basata su elementi concreti, non è sindacabile in sede di legittimità. Pertanto, un ricorso che non contesta specificamente questo percorso logico-giuridico, ma si limita a una critica generica, non può superare il vaglio di ammissibilità.

Le Conclusioni e le Conseguenze Pratiche

La declaratoria di inammissibilità ha comportato conseguenze economiche dirette per il ricorrente. In applicazione dell’articolo 616 del Codice di Procedura Penale, la Corte ha condannato l’imputato al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, non emergendo ragioni di esonero, è stato condannato al versamento di una somma di 3.000,00 euro a favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria. Questa decisione rafforza un principio fondamentale: ogni impugnazione deve essere supportata da motivi specifici, pertinenti e critici rispetto alla decisione che si intende contestare. In caso contrario, il rischio non è solo il rigetto, ma anche un’ulteriore condanna economica.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’unico motivo presentato, relativo alla recidiva, è stato ritenuto dalla Corte di Cassazione del tutto generico e aspecifico, in quanto non specificava le ragioni di fatto e di diritto della contestazione e non si confrontava con le motivazioni della sentenza impugnata.

Qual era la giustificazione della Corte d’Appello per l’applicazione della recidiva?
La Corte d’Appello aveva motivato la sussistenza della recidiva sulla base dei numerosi precedenti specifici dell’imputato, considerandoli indicativi di una scelta di vita volontaria e consapevole che dimostrava una sua accresciuta pericolosità sociale.

Quali sono le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
A norma dell’art. 616 c.p.p., il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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