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Ricorso inammissibile: genericità dei motivi

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile avverso una condanna per rapina, poiché i motivi di appello erano formulati in modo generico. La decisione sottolinea che l’impugnazione deve contenere una critica specifica e argomentata della sentenza contestata, indicando chiaramente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto a sostegno, come richiesto dal codice di procedura penale.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile per genericità: la Cassazione ribadisce i requisiti

Presentare un’impugnazione è un diritto fondamentale nel nostro ordinamento, ma per essere efficace deve rispettare precise regole formali. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione, l’ordinanza n. 43292/2024, ci offre un chiaro esempio di come la genericità dei motivi possa condurre a un ricorso inammissibile, vanificando la possibilità di un riesame nel merito. Questo principio è cruciale per comprendere l’importanza di una difesa tecnica e puntuale.

I fatti del caso

Una donna, condannata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Milano per concorso in rapina, decideva di presentare ricorso per Cassazione. L’unico motivo addotto a sostegno del ricorso era la presunta violazione di legge e il vizio di motivazione. Secondo la difesa, la Corte territoriale si era limitata a un semplice richiamo alla sentenza di primo grado, senza sviluppare un’autonoma e adeguata argomentazione per confermare la condanna.

La decisione sul ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile per due ragioni fondamentali: la genericità e la manifesta infondatezza.

La genericità dei motivi come causa di inammissibilità

Il cuore della decisione risiede nell’applicazione dell’art. 581, comma 1, lettera d), del codice di procedura penale. Questa norma impone a chi impugna di indicare specificamente “le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta”. Nel caso di specie, il ricorso è stato giudicato generico perché non specificava quali fossero gli elementi e le argomentazioni della sentenza impugnata ritenuti errati. Una censura così formulata non consente alla Corte di Cassazione di individuare i rilievi mossi e di esercitare il proprio sindacato di legittimità.

La Corte ha ribadito un principio consolidato: la funzione dell’impugnazione è quella di una “critica argomentata” del provvedimento. Ciò richiede un confronto puntuale con le motivazioni del giudice precedente, evidenziando il dissenso attraverso specifiche ragioni di fatto e di diritto. Un ricorso che si limita a una doglianza astratta, senza calarla nella realtà processuale, è destinato a essere dichiarato inammissibile.

La manifesta infondatezza nel merito

Oltre al profilo formale, la Cassazione ha ritenuto il ricorso anche manifestamente infondato. Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Corte d’Appello non si era limitata a un mero rinvio alla decisione di primo grado. Al contrario, aveva esplicato, con una motivazione adeguata e non illogica, le ragioni che la avevano convinta della responsabilità penale dell’imputata. Pertanto, anche nel merito, la censura non trovava fondamento.

Le motivazioni

Le motivazioni dell’ordinanza si fondano sulla necessità di preservare la funzione stessa del giudizio di impugnazione. Ammettere ricorsi generici significherebbe trasformare il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito, compito che non spetta alla Corte di Cassazione. La specificità dei motivi non è un mero formalismo, ma un requisito essenziale per garantire un dialogo processuale corretto ed efficiente. Il ricorso deve porre il giudice dell’impugnazione nelle condizioni di comprendere esattamente quale parte della decisione precedente è contestata e perché. Citando una precedente sentenza (n. 8700/2013), la Corte ha ricordato che “contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale […] con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta”.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per la pratica forense. La redazione di un atto di impugnazione richiede un’analisi approfondita e critica della sentenza che si intende contestare. Non è sufficiente esprimere un generico dissenso, ma è indispensabile articolare le proprie censure in modo specifico, dettagliato e pertinente. In caso contrario, il rischio concreto è che il ricorso venga dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie con la condanna al versamento di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Perché un ricorso può essere dichiarato inammissibile per genericità?
Un ricorso è dichiarato inammissibile per genericità quando non indica in modo specifico le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono la richiesta di riesame, come prescritto dall’art. 581 del codice di procedura penale. In pratica, non chiarisce quali parti della sentenza impugnata sono errate e perché.

Cosa si intende per ‘critica argomentata’ in un atto di impugnazione?
Per ‘critica argomentata’ si intende un confronto puntuale e dettagliato con le motivazioni della decisione che si contesta. L’atto di impugnazione non deve limitarsi a esprimere dissenso, ma deve spiegare, con specifiche ragioni legali e fattuali, perché la decisione del giudice precedente è considerata sbagliata.

La Corte d’Appello può motivare la sua decisione semplicemente richiamando la sentenza di primo grado?
No, non è sufficiente un mero richiamo. Sebbene la Corte d’Appello possa aderire alle conclusioni del primo giudice, deve comunque esplicitare un proprio percorso argomentativo, anche se sintetico, che dimostri di aver riesaminato il caso e di aver formulato un proprio convincimento autonomo e logico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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