Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 25437 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 25437 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da COGNOME Antonio n. a Santa Maria Capua Vetere il 17/5/1973 avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano in data 30/10/2024 visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del Cons. NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sost. Proc.Gen. NOME COGNOME che h concluso per l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’impugnata sentenza la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Pavia in data 16/10/2023, riconosciuta la continuazione tra i fat di estorsione aggravata, induzione indebita a dare o promettere utilità e peculato, oggetto de processo, e quelli giudicati con sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 8396/16,
irrevocabile il 18/10/2017, limitatamente ai capi A) e B) della rubrica, rideterminava la p ex art. 81, comma 2, cod.pen. in anni sette di reclusione e, tenuto conto della pena infli dalla predetta sentenza irrevocabile in relazione ai capi C,D,E,F, quantificava la pen complessiva in anni quattordici di reclusione, confermando le residue statuizioni.
Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato, Avv. NOME COGNOME il quale ha dedotto:
2.1 la mancanza di motivazione in ordine al delitto di estorsione, avendo la Corte territoriale fondato la conferma della responsabilità dell’imputato su indizi equivoci e concordanti con particolare riguardo all’attribuzione al Merola del possesso dell’utenza usata per formulare le richieste estorsive alla vittima;
2.2 il travisamento del fatto in ordine alla ritenuta sussistenza del delitto di indu indebita in assenza di strumentalizzazione da parte dell’imputato della posizione rivestita;
2.3 la mancanza di motivazione in ordine alla richiesta di esclusione della parte civile quanto i danni dei quali ha chiesto il ristoro non sono stati causati né derivano dall’attivit ricorrente;
2.4 la violazione dell’art. 546 cod.proc.pen. per avere la Corte d’Appello richiamato per relationem le argomentazioni svolte dal primo giudice in ordine alla ricostruzione del fatt senza prendere in esame le doglianze difensive.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile. Osserva la Corte che l’impugnazione è stata depositata dal difensore tramite il portale dedicato presso il Tribunale di Pavia in data 17/3/2025, ore 20,0 e da detto ufficio trasmesso alla Corte d’Appello di Milano e non, invece, come previsto dall’ar 582, comma 1, cod.proc.pen. “nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato”.
1.1 Questa Corte ha in proposito chiarito che è inammissibile il ricorso per cassazione depositato telematicamente presso un indirizzo di posta elettronica certificata diverso d quello indicato nel decreto del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati di all’art. 87-bis, comma 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, precisando che la ratio sottesa a citata disposizione di semplificazione delle comunicazioni tra parti e uffici giudiziari accelerazione degli adempimenti di cancelleria non ammette interpretazioni che attenuino il rigore delle cause di inammissibilità previste dalla legge, nemmeno valorizzando l’idoneità della notifica al “raggiungimento dello scopo”(Sez. 2, n. 11795 del 21/02/2024, COGNOME, Rv. 286141 – 01; conformi; Sez. 1, n. 47557 del 29/11/2024, COGNOME, Rv. 287294 – 01; Sez. 4, n. 48804 del 14/11/2023, Rv. 285399 – 01).
Infatti, in attesa della piena attuazione, anche regolamentare, delle modalità di deposit telematico previste dall’art. 111bis cod.proc.pen, deve trovare applicazione la disposizione d
2 GLYPH
a),
cui all’art. 87-bis d.lgs. n. 150 del 2022, inserita in sede di conversione con modificazioni d L. 30 dicembre 2022, n. 199, la quale stabilisce che, in via provvisoria, è consentito il depos con valore legale, degli atti da effettuarsi mediante inoltro agli indirizzi PEC degli giudiziari di destinazione, «indicati in apposito provvedimento del Direttore generale per sistemi informativi automatizzati, pubblicato nel portale dei servizi telematici del Minis della giustizia». Ai commi 3, 4 e 6 si prevede in particolare che l’atto di impugnazione (diver dalle richieste di riesame o dall’appello avverso ordinanze in materia di misure cautelar personali o reali) deve essere trasmesso secondo le modalità indicate dal citato provvedimento del DGSIA all’indirizzo PEC dell’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, come «individuato ai sensi del comma 1».
La norma transitoria prevede, inoltre, specifiche ipotesi di inammissibilità nell’ipotes cui l’atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è presente registro generale degli indirizzi elettronici di cui al comma 1 ovvero quando l’atto è trasmes a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati di cui al comma 1, all’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato.
1.2 Come già condivisibilmente segnalato dai sopra richiamati arresti giurisprudenziali, l’art. 87-bis d.lgs n. 150 del 2022 prevede uno specifico caso di inammissibilità per impugnazioni trasmesse ad un indirizzo PEC non pertinente all’ufficio del giudice che ha emesso il provvedimento, che non può essere superato dalla tempestiva trasmissione interna dell’atto all’ufficio del giudice a quo, attraverso un’estensione, ispirata al favor impugnationis, dei principi dettati da Sez. U. Bottari per le impugnazioni cautelari con deposito cartolar non telematico. Infatti, simile operazione si pone in contrasto sia con i criteri ermeneut dettati dall’art. 12 delle preleggi, attesa l’ espressa tipizzazione della causa d’inammissibi sia con l’affermazione del massimo consesso nomofilattico secondo cui il favor “non può, tuttavia, tradursi nell’attribuzione al diritto vivente di una potestà integrativa della voluntas legis, né quindi consentire l’individuazione di diverse forme di presentazione del ricorso rispetto a quelle volute dal legislatore” (Sez. U, n. 1626 del 24/09/2020, dep. 2021, COGNOME Rv. 280167 – 01).
2. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile con conseguente condanna del proponente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo, non ravvisandosi cause d’esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, 10 giugno 2025
GLYPH
Il Consigliere estensore
Il Presidente