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Ricorso inammissibile: errore nel deposito telematico

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile a causa di un errore procedurale nel deposito telematico. L’atto di impugnazione era stato inviato all’ufficio giudiziario sbagliato, violando le nuove e stringenti norme sul processo penale telematico. La sentenza sottolinea come l’invio all’indirizzo PEC non corretto costituisca una causa di inammissibilità non sanabile, confermando il rigore formale richiesto dalla legge.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Deposito telematico errato: quando il ricorso è inammissibile

Con la digitalizzazione del processo, la precisione nelle procedure telematiche è diventata cruciale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, dichiarando un ricorso inammissibile a causa di un banale ma fatale errore: il deposito dell’atto presso l’ufficio giudiziario sbagliato. Questo caso serve da monito per tutti gli operatori del diritto sull’importanza di seguire scrupolosamente le norme che regolano il processo penale telematico.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte di Appello di Milano, che aveva parzialmente riformato una sentenza del Tribunale di Pavia. L’imputato era stato ritenuto colpevole di gravi reati, tra cui estorsione aggravata, induzione indebita e peculato, con una pena complessiva determinata in quattordici anni di reclusione.
Avverso questa decisione, il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando vizi di motivazione e violazioni di legge nella sentenza di secondo grado.

I Motivi del Ricorso e l’errore fatale

Il difensore aveva articolato diverse censure, contestando la valutazione delle prove in relazione al delitto di estorsione, il travisamento dei fatti per il reato di induzione indebita e la violazione di norme procedurali. Tuttavia, tutti questi motivi di merito non sono mai stati esaminati dalla Suprema Corte. L’attenzione dei giudici si è infatti concentrata su un aspetto puramente procedurale: le modalità di deposito del ricorso.
L’atto di impugnazione era stato depositato telematicamente tramite il portale del Tribunale di Pavia e da lì trasmesso alla Corte d’Appello di Milano. La procedura corretta, invece, avrebbe richiesto il deposito diretto presso la cancelleria del giudice che aveva emesso il provvedimento impugnato, ovvero la Corte d’Appello di Milano, secondo quanto previsto dall’art. 582, comma 1, del codice di procedura penale.

La Decisione della Cassazione: il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda sull’interpretazione rigida delle nuove disposizioni sul processo telematico, in particolare l’art. 87-bis del d.lgs. n. 150 del 2022. Questa norma stabilisce che gli atti di impugnazione devono essere trasmessi esclusivamente all’indirizzo PEC dell’ufficio giudiziario che ha emesso il provvedimento, secondo quanto indicato in un apposito provvedimento ministeriale.
La trasmissione a un indirizzo PEC diverso o, come nel caso di specie, tramite il portale di un ufficio non competente, integra una specifica causa di inammissibilità.

Le Motivazioni

I giudici hanno spiegato che le nuove norme sul deposito telematico sono state introdotte per semplificare e accelerare le procedure, ma questa finalità non può giustificare interpretazioni che attenuino il rigore delle cause di inammissibilità previste dalla legge. La Corte ha chiarito che il principio del favor impugnationis (che favorisce la validità dell’impugnazione in caso di dubbio) non può essere invocato per sanare un errore così palese. Tale principio, infatti, non può spingersi fino a creare forme di presentazione del ricorso diverse da quelle volute dal legislatore.
Inoltre, è stato precisato che le sentenze delle Sezioni Unite (come la sentenza ‘Bottari’), che in passato avevano mostrato una certa apertura in casi di deposito cartaceo presso un ufficio incompetente, non sono applicabili al nuovo contesto telematico. La legge ora tipizza espressamente l’errore di indirizzo come causa di inammissibilità, senza lasciare spazio a interpretazioni estensive.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante punto di riferimento per la prassi forense nell’era del processo telematico. Emerge con chiarezza che la correttezza formale del deposito è un requisito non negoziabile. L’invio dell’atto di impugnazione a un indirizzo PEC o a un ufficio giudiziario non competente determina l’inammissibilità del ricorso, con la conseguenza che le ragioni di merito non verranno neppure esaminate. Per gli avvocati, ciò significa che la verifica dell’indirizzo PEC corretto, indicato nei provvedimenti ministeriali, è un adempimento fondamentale da cui dipende la stessa possibilità di far valere le ragioni del proprio assistito.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’atto di impugnazione è stato depositato telematicamente presso un ufficio giudiziario (Tribunale di Pavia) diverso da quello che aveva emesso la sentenza impugnata (Corte d’Appello di Milano), contravvenendo alle specifiche norme procedurali.

Un errore nel deposito telematico dell’impugnazione può essere sanato?
No. Secondo la sentenza, le norme introdotte con il d.lgs. n. 150 del 2022 prevedono una specifica ipotesi di inammissibilità per il deposito effettuato a un indirizzo PEC non pertinente. Questa causa di inammissibilità è tassativa e non può essere superata invocando principi come il ‘raggiungimento dello scopo’ o il ‘favor impugnationis’.

Qual è la procedura corretta per il deposito telematico di un’impugnazione penale?
L’atto deve essere trasmesso all’indirizzo di Posta Elettronica Certificata (PEC) specifico della cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento che si intende impugnare, come indicato nei provvedimenti del Direttore generale per i sistemi informativi del Ministero della Giustizia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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