Ricorso Inammissibile: Quando Blocca la Prescrizione del Reato
L’ordinanza n. 25497 del 2025 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sul rigore della procedura penale, in particolare riguardo alle conseguenze di un ricorso inammissibile. Con una decisione netta, la Suprema Corte ha ribadito che la presenza di vizi formali nell’impugnazione non solo ne impedisce l’esame nel merito, ma cristallizza la situazione giuridica, precludendo anche la possibilità di dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione. Analizziamo insieme questo caso per capire la logica dietro questa regola.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Ancona. L’imputato, tramite il suo difensore, ha impugnato la decisione di secondo grado, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione, l’ultimo grado di giudizio del nostro ordinamento. Tuttavia, l’atto di impugnazione non ha superato il vaglio preliminare di ammissibilità.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La conseguenza diretta di questa declaratoria non è stata solo la conferma della sentenza impugnata, ma anche l’applicazione di due sanzioni a carico del ricorrente:
1. La condanna al pagamento delle spese processuali.
2. Il versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Questa decisione, sebbene sintetica, si fonda su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità.
Le Conseguenze di un Ricorso Inammissibile
Presentare un ricorso inammissibile ha effetti molto gravi. Significa che il giudice non entra nemmeno nel vivo delle questioni sollevate (il cosiddetto “merito”), perché l’atto introduttivo manca dei requisiti minimi previsti dalla legge. L’inammissibilità trasforma l’impugnazione in un atto giuridicamente inefficace, incapace di produrre l’effetto di una revisione della decisione precedente. La conseguenza più rilevante, come sottolineato in questa ordinanza, è che l’inammissibilità preclude il rilievo di cause di estinzione del reato, come la prescrizione, che siano maturate dopo la pronuncia della sentenza impugnata.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su un orientamento consolidato, richiamando espressamente una storica sentenza delle Sezioni Unite (la n. 32 del 2000). Secondo questo principio, l’inammissibilità del ricorso impedisce la formazione di un valido rapporto processuale di impugnazione. In assenza di tale rapporto, il giudice non ha il potere di esaminare la causa nel merito e, di conseguenza, non può neppure rilevare e dichiarare eventuali cause di estinzione del reato, come la prescrizione, che si siano verificate nel tempo intercorso tra la sentenza di appello e la decisione della Cassazione.
Il Principio delle Sezioni Unite
Il ragionamento giuridico è il seguente: un ricorso affetto da vizi di inammissibilità è come se non fosse mai stato presentato. Non può, quindi, “tenere in vita” il processo per consentire al tempo di far maturare la prescrizione. La declaratoria di inammissibilità, quindi, opera retroattivamente, rendendo definitiva la sentenza impugnata fin dal momento in cui è stata emessa e impedendo al giudice di compiere qualsiasi valutazione successiva, inclusa quella sulla prescrizione.
Le Conclusioni
L’ordinanza in commento è un monito sull’importanza della diligenza tecnica nella redazione degli atti di impugnazione. Un errore formale può costare caro, non solo in termini economici (spese processuali e sanzione alla Cassa delle ammende), ma anche precludendo la possibilità di beneficiare di cause estintive del reato come la prescrizione. La decisione conferma che il rispetto delle regole processuali non è un mero formalismo, ma una condizione essenziale per poter accedere alla giustizia e far valere le proprie ragioni nel merito. Per i cittadini, ciò si traduce nella necessità di affidarsi a professionisti competenti che possano garantire la corretta presentazione delle impugnazioni, evitando conseguenze procedurali irreversibili.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte di Cassazione non esamina il merito della questione. La sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Se la prescrizione del reato matura dopo la sentenza d’appello, può essere dichiarata dalla Cassazione in caso di ricorso inammissibile?
No. Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza, richiamato nell’ordinanza, l’inammissibilità del ricorso preclude al giudice la possibilità di rilevare e dichiarare la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata.
Qual è la logica giuridica dietro questa regola?
La logica è che un ricorso inammissibile non instaura un valido rapporto processuale di impugnazione. Di conseguenza, il giudice dell’impugnazione non ha il potere di decidere su questioni successive alla sentenza impugnata, come la maturazione della prescrizione, poiché la sua competenza a giudicare non è stata validamente attivata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25497 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25497 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 06/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 19/08/1969
avverso la sentenza del 20/09/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che l’unico motivo di ricorso, che contesta il vizio motivazionale e
la violazione di legge in relazione agli artt. 157, 161 e 648 cod. pen. quanto alla richiesta difensiva di retrodatazione della data di consumazione del reato, è
manifestamente infondato poiché prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con consolidata giurisprudenza di legittimità sul
punto, come pure non ha mancato di rilevare la Corte territoriale a pag. 7 della sentenza impugnata, ove ha correttamente motivato sulla data di commissione
del reato e sulle cause di sospensione ostative alla maturazione del periodo prescrizionale al momento della sentenza di appello;
che l’asserito difetto della motivazione non emerge dalla lettura della
motivazione del provvedimento impugnato che, per contro, appare essere esistente, connotata da lineare e coerente logicità conforme all’esauriente disamina dei dati probatori;
che l’inammissibilità del ricorso preclude il rilievo dell’eventuale prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, COGNOME, Rv. 217266);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 06/05/2025
Il C nsigli re Estensore
La Presidente