Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1515 Anno 2024
A
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1515 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a NOVARA il 18/01/1972 COGNOME NOME nato a NOVARA il 26/03/1971
avverso la sentenza del 25/01/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
udito il Sostituto Procuratore generale, dott. ssa NOME COGNOME la quale visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi
uditi l’avvocato NOME COGNOME che si riporta alle conclusioni e alla nota spese già depositate, e l’avvocato COGNOME che si riporta ai motivi e alle conclusioni già depositate e insiste nell’accoglimento dei ricorsi
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 25 gennaio 2023 la Corte d’appello di Milano, preso atto della proposta di concordato presentata ex art. 599-bis cod. proc. pen., dai difensori di NOME COGNOME e NOME COGNOME muniti di procura speciale, con il consenso del Procuratore generale, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti degli stessi, in relazione alle imputazioni di cui ai capi E), G) e H), rideterminando la pena inflitta nei termini di cui all’accordo.
Nell’interesse degli imputati è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. at cod. proc. pen.
3. Ricorso COGNOME
3.1. Con il primo motivo (erroneamente identificato come unico) si lamenta che, sebbene fosse noto sin dal principio del processo l’indirizzo di stabile dimora dell’imputato, presso il quale era anche stato dichiarato domicilio ad ogni fine, il decreto di citazione era stato notificato ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., senza neppure svolgere, per il caso di sopravvenuta inidoneità dello stesso, alcuna ricerca in un altro dei luoghi previsti dalla legge.
3.2. Con il secondo motivo si lamenta che erroneamente la Corte territoriale aveva disposto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese in favore della parte civile, tenuto conto che il reato di cui al capo G si era estinto per prescrizione prima dell’instaurazione della fase di secondo grado.
4. Ricorso Prelli
Con l’unico motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione al diniego della richiesta di sostituzione della pena detentiva con quella sostitutiva del lavoro di pubblica utilità.
Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176: a) le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, dott. ssa NOME COGNOME la quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi; b) conclusioni scritte della Banca popolare di Milano s.c. a r.l. (oggi Banco BPM s.p.a.), con le quali si chiede la conferma della sentenza impugnata; c) conclusioni scritte nell’interesse della Prelli.
All’udienza del 20 dicembre 2023 si è svolta la discussione orale.
Considerato in diritto
Il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse del COGNOME è inammissibile per manifesta infondatezza.
Innanzi tutto, il decreto di citazione a giudizio dinanzi alla Corte territoriale risulta notificato a mani del ricorrente. In ogni caso – e la considerazione è assorbente – la sequenza procedimentale che ha condotto all’adozione della sentenza impugnata scaturisce dall’iniziativa assunta dal medesimo imputato con il rilascio della procura speciale al difensore per la formulazione della proposta di concordato. Tale atto interrompe la serie delle conseguenze derivanti in astratto dalla nullità originaria, alla luce della disciplina dettata dall’art. 185 cod. proc. pen., in forza della quale restano travolti solo gli atti che dipendono da quello dichiarato nullo.
Il secondo motivo dello stesso ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza perché assume che il reato si è estinto per prescrizione prima dell’instaurazione del giudizio di secondo grado, in data 16 ottobre 2017.
La premessa fattuale è esatta, in quanto il capo G riguarda una truffa aggravata, caratterizzata, per quanto emerge dalla sentenza di primo grado, dal versamento di una seconda tranche di denaro in data 25 marzo 2010. Pertanto, l’ordinario termine di prescrizione di sette anni e mezzo, discendente dall’applicazione degli artt. 157, primo comma, e 161, secondo comma, cod. pen., sarebbe scaduto il 25 settembre 2017. Già questo rilievo è sufficiente, ai fini che qui interessano (senza necessità di tener conto di ventuno giorni di sospensione registrati in primo grado), poiché la lettura del dispositivo della sentenza di primo grado è avvenuta in data 26 luglio 2017).
Ciò posto, ad essere manifestamente infondata è la pretesa di ritenere estraneo all’ambito del giudizio di appello il tema delle pretese civilistiche: infatti avrebbe assunto rilievo, ai sensi degli art. 538, comma 1, e 578, comma 1, cod. proc. pen., solo il maturare della prescrizione in data anteriore alla lettura del dispositivo della sentenza di primo grado (v., ad es., Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, COGNOME, Rv. 277593 – 0).
L’unico motivo del ricorso proposto nell’interesse della Prelli è inammissibile per assenza di specificità, dal momento che la Corte territoriale, con motivazione che non esibisce alcuna illogicità (e che viene contrastata in termini generici dal ricorso), ha razionalmente escluso di poter accedere alla richiesta di sostituzione della pena detentiva alla luce della gravità delle condotte e della consapevole partecipazione della prima alla gestione della società.
Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 3.000,00. Del pari, i ricorrenti, in solido tra loro, vanno condannati alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel giudizio di legittimità, che, in relazione all’attività svolt vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, altresì, i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della Banca popolare di Milano s.c. a r.l. (oggi Banco BPM s.p.a.), che liquida in complessivi euro 3.600,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 20/12/2023