Ricorso Inammissibile Misura di Prevenzione: i Limiti Imposti dalla Cassazione
L’applicazione delle misure di prevenzione personali, come la sorveglianza speciale, rappresenta uno strumento cruciale per l’ordinamento giuridico nella lotta alla pericolosità sociale. Tuttavia, le vie per impugnare tali provvedimenti sono ben definite e non consentono un riesame completo dei fatti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce questo principio, dichiarando un ricorso inammissibile misura di prevenzione perché mirava a una rivalutazione del merito, non permessa in sede di legittimità.
I fatti del caso: la misura di prevenzione e il ricorso
Nel caso in esame, a un soggetto era stata applicata la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello. La decisione si basava sulla valutazione della sua pericolosità sociale, desunta anche da una significativa sproporzione tra i redditi leciti dichiarati e le sue manifestazioni di capacità economica.
Contro questa decisione, l’interessato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando, con un unico motivo, l’eccessiva risalenza nel tempo dei fatti posti a fondamento della valutazione di pericolosità. In sostanza, il ricorrente contestava il modo in cui i giudici di merito avevano interpretato gli elementi a sua disposizione.
Limiti del giudizio e ricorso inammissibile per la misura di prevenzione
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Il punto centrale della decisione risiede nella natura del giudizio di cassazione in materia di misure di prevenzione. L’art. 10 del D.Lgs. n. 159 del 2011 (Codice Antimafia) stabilisce che il ricorso contro i decreti della Corte d’Appello è ammesso solo per violazione di legge.
La critica alla motivazione non è vizio di legge
Secondo gli Ermellini, il motivo presentato dal ricorrente, sebbene formalmente inquadrato come violazione di legge, celava in realtà una critica alla motivazione della Corte d’Appello. Il ricorrente non contestava un’errata applicazione della norma, ma il percorso logico-argomentativo seguito dai giudici per affermare la sua pericolosità. Questo tipo di censura, che attiene al merito della decisione, non è consentito in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia talmente viziata da risultare mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, cosa che non è stata ravvisata nel caso di specie.
Le motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha sottolineato come la Corte d’Appello avesse ampiamente e coerentemente vagliato tutte le circostanze, in particolare quelle relative al profilo economico. Il percorso argomentativo del provvedimento impugnato è stato ritenuto completo, coerente e ragionevole, rendendo perfettamente comprensibile l’iter logico seguito per giungere alla conferma della misura.
Richiamando un principio consolidato delle Sezioni Unite, la Cassazione ha ribadito che solo una motivazione radicalmente viziata, tale da essere considerata inesistente, può giustificare un annullamento. Al di fuori di questa ipotesi estrema, il sindacato di legittimità non può spingersi a una nuova e diversa valutazione delle prove.
Le conclusioni: implicazioni pratiche della decisione
La conseguenza diretta della dichiarazione di inammissibilità è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti, ma un organo che garantisce l’uniforme interpretazione e la corretta applicazione della legge. Chi intende impugnare una misura di prevenzione deve quindi concentrarsi su eventuali e reali errori di diritto, e non sulla speranza di ottenere una diversa valutazione delle circostanze fattuali.
È possibile contestare davanti alla Corte di Cassazione la valutazione dei fatti che hanno portato all’applicazione di una misura di prevenzione?
No, secondo questa ordinanza non è possibile. La Cassazione ha chiarito che il ricorso avverso i decreti in materia di misure di prevenzione è limitato alla sola violazione di legge. Criticare la valutazione dei fatti o la logicità della motivazione del giudice di merito non rientra in tale vizio, a meno che la motivazione non sia totalmente mancante o palesemente illogica.
Cosa succede quando un ricorso in materia di misure di prevenzione viene dichiarato inammissibile?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, la persona che lo ha proposto (il ricorrente) viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dalla Corte nella sua decisione.
Qual era il motivo principale per cui il ricorso è stato considerato inammissibile in questo caso specifico?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché, pur essendo formalmente presentato come una ‘violazione di legge’, in realtà criticava la motivazione della Corte d’Appello riguardo alla sproporzione tra i redditi leciti e la capacità economica del soggetto. Questa è una valutazione di merito, non un errore di diritto, e come tale non può essere esaminata dalla Corte di Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37580 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37580 Anno 2025
Presidente: SCORDAMAGLIA IRENE
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOMECODICE_FISCALE) nato a ERICE( ITALIA) il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 28/04/2025 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATI -0 E CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il decreto indicato in epigrafe, la Corte di appello di Palermo ha sostanzialmente confermato il decreto emesso in primo grado dal Tribunale, che aveva applicato a NOME COGNOME la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno;
che avverso tale decreto ha proposto ricorso il proposto, articolando un unico motivo di censura, a mezzo del quale si deduce la risalenza di fatti valutati come manifestazione di pericolosità;
che l’unico motivo di censura è indeducibile in quanto censura, sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge, la motivazione offerta dalla Corte d’appello ordine alle circostanze evocate (tutte afferenti al profilo della ritenuta sproporzione redditi leciti goduti rispetto alle parallele manifestazioni di capacità economica) quindi, non consentite in questa sede, posti i limiti di ricorribilità indicati nell’ar Igs. n. 159 del 2011; circostanze, peraltro, ampiamente vagliate dalla Corte territorial (cfr. pag. 4 del decreto impugnato) e, comunque, non espressive di vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento impugnato del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Rv. 239692);
-che, COGNOME pertanto, COGNOME il ricorso deve essere COGNOME dichiarato inammissibile e all’inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Il
COGNOME dente
Così deciso il 22 ottobre 2025
Il Consigliere estensore